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Metabolismo del calcio, ipocalcemie e ipercalcemia

Da dottvolpicelli

Ultimo aggiornamento 11/06/2019   9:00:11 AM

Il calcio è un minerale essenziale per molteplici organi e funzioni tra cui metabolismo delle ossa e dei denti,  contrazione e rilassamento muscolare, contrazioni uterine, endocrinologia e fisiologia neurologica, regolazione della pressione arteriosa e frequenza cardiaca materna e fetale.

 

 Indice    
 distribuzione del calcio  metabolismo del calcio  assorbimento intestinale del calcio
 calcio e menopausa  ipercalcemia  Sindrome dell’ipercalcemia ipocalciurica familiare (FHH)
Milk-alkali syndrome ipocalcemia fumo e densità ossea
  ipocalcemia neonatale   alcolismo e ipocalcemia Terapia dell’ipocalcemia

Distribuzione del calcio – Il calcio contenuto nell’organismo umano è quasi tutto (97%) concentrato nelle ossa in forma stabile (95%) e in un pool labile del 5%. Il calcio plasmatico costituisce appena l’1% di tutto il calcio del corpo umano e circola in forma labile, ionizzato (Ca++), attivo, prontamente utilizzabile (5.5 mg/dl) ed al 50% legato all’albumina o complessato in forma di sali (fosfato, citrato, etc). La quota legata all’albumina aumenta e la concentrazione di Ca++ diminuisce in caso di pH basico del sangue e viceversa in caso di abbassamento del pH ematico. Quindi, in caso di alcalosi si ha ipocalcemia ed ipercalcemia in caso di acidosi.  L’1% è costituito dal calcio intracellulare ed extracellulare.

Il calcio è particolarmente importante nei bambini, nelle donne gravide e  in quelle in menopausa. 

  • Nell’infanzia: il calcio promuove la crescita e la formazione ossea nei neonati, nei bambini e negli adolescenti; in queste persone è necessario un elevato apporto di calcio proveniente da fonti alimentari.
  • In gravidanza: se l’assunzione di calcio con l’alimentazione non è sufficiente, il calcio necessario al feto viene  prelevato dalle riserve della gravida esponendola ad un potenziale rischio di osteoporosi e aumentata suscettibilità alla carie dentaria.
  • In menopausa:  le donne in fase menopausale dovrebbero attuare uno scrupoloso monitoraggio della calcemia  ed assumere un adeguato apporto di calcio tramite i prodotti vegetali  al fine di ridurre il rischio di osteoporosi.

Metabolismo del calcio:  il calcio è assorbito a livello dell’intestino tenue tramite l’azione della vitamina D e degli estrogeni.  Il suo metabolismo è modulato dall’azione di PTH, calcitonina, vitamina D, estrogeni, funzionalità renale e intestinale.

L’assorbimento intestinale del calcio apportato con la dieta e la regolazione della calcemia avvengono attraverso molteplici meccanismi:

  1. trasporto passivo regolato dal  gradiente osmotico tra il lume intestinale e il torrente circolatorio tale gradiente dipende dalla quantità di calcio ionizzato (Ca++) presente nel lume intestinale e nel sangue.
  2. trasporto attivo ad opera della Ca-binding protein (Ca-BP) stimolata dalla vitamina D che si lega al recettore specifico (VDR) presente sulla superficie della Ca-BP. La vitamina D favorisce inoltre il riassorbimento tubulare del calcio.
  3. Assorbimento rapido del calcio (transcalchia) ad opera della vitamina D che si avvale dell’azione di una proteina distinta dalla Ca-BP.
  4. trasporto diretto operato dagli estrogeni. Gli estrogeni inoltre stimolano la sintesi dei recettori specifici VDR.
  5. azione del PTH nel favorire l’assorbimento intestinale di calcio e nel suo riassorbimento tubulare renale.
  6. l’assorbimento intestinale è depresso dalla calcitonina che deprime anche il riassorbimento tubulare.

 

 IPERCALCEMIA (<10.4 mg/dl)

Sintomatologia dell’ipercalcemia: Miopatia, pseudogotta, stanchezza, depressione, letargia, aumento della diuresi, disidratazione, calciuria, nausea, vomito, diarrea, ipertensione, aumento attività reninica, aumento del tono arteriolare, diminuzione intervallo QT, ipertrofia ventricolare. Un’ipercalcemia >18 mg/dl può determinare shock, insufficienza renale e morte.

Etiologia dell’ipercalcemia: solitamente l’ipercalcemia è conseguente ad aumentato riassorbimento osseo da .iperparatiroidismo primitivo. Ma può verificarsi anche in caso di intossicazione da vitamina D, S. di Burnett (ipercalcemia e pH ematico alcalino per eccessiva ingestione di latte e/o utilizzo di antiacidi), farmaci tiazidici, M.  di Paget ossea (aumento del riassorbimento osteoclastico a cui fa seguito una reazione riparativa ossea o fibrosa, disordinata e riccamente vascolarizzata), ipertiroidismo, pH acido del lume intestinale. metastasi ossee. Frequente è anche l’ipercalcemia idiopatica.

Ipercalcemia da neoplasie maligne: Sebbene i tumori maligni possano causare ipercalcemia attraverso vari meccanismi differenti, in ognuno di essi l’innalzamento del Ca++ plasmatico è in definitiva il risultato del riassorbimento osseo. I tumori maligni ematologici, più spesso il mieloma, ma anche alcuni linfomi e linfosarcomi, determinano ipercalcemia attraverso l’elaborazione di un gruppo di citochine che stimolano l’attività di riassorbimento osseo degli osteoclasti, con conseguenti lesioni osteolitiche e/o osteopenia diffusa. Più frequentemente, l’ipercalcemia dei tumori maligni è causata da tumori solidi con metastasi ossee. Il carcinoma della mammella con metastasi ossee è responsabile di >50% dei casi di ipercalcemia associata a neoplasie maligne. In questi pazienti, l’ipercalcemia è il risultato dell’elaborazione locale di citochine o prostaglandine attivanti gli osteoclasti e/o del riassorbimento osseo diretto da parte delle cellule tumorali metastatiche.

Milk-alkali syndrome:  durante un trattamento per l’ulcera peptica vengono ingerite quantità eccessive di Ca e basi assorbibili con conseguenti ipercalcemia, insufficienza renale e alcalosi metabolica. La disponibilità della terapia con anti-H2 per la malattia ulcerosa peptica ha fortemente ridotto l’incidenza di questa sindrome.

Sindrome dell’ipercalcemia ipocalciurica familiare (FHH): viene trasmessa come carattere autosomico dominante. Essa è caratterizzata da ipercalcemia persistente, spesso presente fin dai primi anni di vita, elevati livelli di PTH e ipocalciuria. Questa sindrome, associata con l’iperplasia delle paratiroidi, è talvolta considerata un disordine della sensibilità delle paratiroidi ai livelli sierici del Ca++.

Diagnostica di laboratorio:

  • nell’iperparatiroidismo, il Ca++ plasmatico è di rado >12 mg/dl (3,00 mmol/l), ma il Ca++ è quasi sempre elevato. Un basso livello plasmatico di PO4 suggerisce la presenza di alcune delle forme di iperparatiroidismo, in particolare quando è associato a un’elevata clearance del PO4 (cioè a un ridotto riassorbimento tubulare del PO4) e a lieve ipercloremia (con o senza acidosi).
  • In presenza di insufficienza renale, può essere difficile distinguere l’iperparatiroidismo primitivo da quello secondario. Un Ca plasmatico elevato e un PO4 plasmatico normale suggeriscono un iperparatiroidismo primitivo, specie nei pazienti non dializzati. La presenza di un elevato PO4 suggerisce un iperparatiroidismo secondario.
  • Quando l’iperparatiroidismo determina un incremento del turnover osseo, la fosfatasi alcalina plasmatica è frequentemente aumentata. Il valore del PTH intero di solito è elevato, ma esso viene valutato meglio congiuntamente alla concentrazione plasmatica del Ca ionizzato. Nei pazienti affetti da iperparatiroidismo, il PTH è elevato in maniera inappropriata (cioè in assenza di ipocalcemia). Il PTH è soppresso nei pazienti affetti dalla maggior parte delle altre cause di ipercalcemia
  • Osteocalcina – è una proteina di PM = 58 kD, sintetizzata dagli osteoblasti. Presenta 3 residui di γ-carbossiglutammato, che hanno una forte capacità di legare ioni Ca++, e permettono alla proteina di legarsi all’idrossiapatite.
    I livellidi osteocalcina hanno un andamento simile alla ALP, raggiungendo valori massimi intorno ai 12 anni nelle femmine e 14 anni nei maschi, in coincidenza con i periodi di massima velocità di crescita, poi decrescono verso i valori dell’adulto. Nelle donne la concentrazione plasmatica dell’osteocalcina aumenta di circa due volte dopo la menopausa.

TERAPIA DELL’IPERCALCEMIA –

Quando i sintomi sono lievi e il Ca plasmatico è < 11,5 mg/dl (< 2,88 mmol/l), spesso è sufficiente la correzione del disturbo di base. Quando la calcemia supera i 15 mg/dl (3,75 mmol/l) o in presenza di gravi segni clinici di ipercalcemia, è necessario un trattamento diretto allo scopo di ridurre i livelli plasmatici di Ca.

  • Soluzione fisiologica e furosemide: il cardine della terapia nei pazienti con funzione renale relativamente normale consiste nell’aumentare l’escrezione renale di Ca mediante l’espansione del volume extracellulare con soluzione fisiologica EV e somministrazione di furosemide. Lo scopo è di ottenere un volume urinario di almeno 3 l/die. Deficit di volume preesistenti sono spesso presenti nei pazienti ipercalcemici e devono essere corretti prima di avviare la diuresi con l’infusione di soluzione fisiologica. Durante la diuresi per l’ipercalcemia, ai pazienti deve essere consentito di assumere acqua liberamente. La quantità di urina prodotta deve essere reintegrata con soluzione fisiologica EV contenente KCl in quantità sufficiente a prevenire l’insorgenza di ipokaliemia. Durante il trattamento devono essere strettamente controllati l’apporto di liquidi, la diuresi e gli elettroliti plasmatici.

  • per correggere l’ipercalcemia grave nei pazienti affetti da insufficienza renale, l’emodialisi temporanea con liquido di dialisi a contenuto di calcio basso o nullo è probabilmente il metodo più sicuro e più affidabile.

  • Fosfati EV: un approccio più rischioso al trattamento è la somministrazione EV di fosfato disodico e monopotassico. Non se ne devono somministrare più di 0,5-1,0 g EV nelle 24 h; di solito 1 o 2 dosi in 2 giorni sono sufficienti ad abbassare il Ca plasmatico per 10-15 giorni. La riduzione della calcemia con tale trattamento è associata a calcificazioni dei tessuti molli e può comparire insufficienza renale acuta. La somministrazione EV di PO4 deve essere utilizzata esclusivamente quando l’ipercalcemia rappresenta un pericolo per la vita e non risponde ad altri metodi, e quando non è possibile eseguire un’emodialisi temporanea. L’infusione EV di solfato di sodio è ancora più pericolosa e meno efficace dell’infusione di fosfato e non deve essere utilizzata.

  • Calcitonina (tirocalcitonina): la calcitonina è un ormone peptidico ad azione rapida secreto in risposta all’ipercalcemia da parte delle cellule parafollicolari (cellule C) della tiroide. La calcitonina sembra ridurre il Ca plasmatico inibendo l’attività osteoclastica e dunque la velocità di liberazione del Ca dall’osso e il riassorbimento tubulare di Ca e P. Una preparazione commerciale di calcitonina di salmone è attualmente disponibile ed è particolarmente utile nel trattamento della malattia di Paget. È stato suggerito che la somministrazione di calcitonina di salmone (da 4 a 8 UI/kg SC q 12 h) e di prednisone (da 30 a 60 mg/die PO in tre dosi frazionate) può controllare l’ipercalcemia grave associata alle neoplasie maligne, anche nei pazienti nefropatici nei quali il trattamento primario con soluzione fisiologica EV non è consigliabile. La sua utilità nel trattamento dell’ipercalcemia associata alle neoplasie maligne è limitata dalla sua breve emivita e dalla mancanza di risposta in una percentuale che arriva al 25% dei pazienti. Tuttavia, la combinazione di calcitonina di salmone e prednisone può tenere sotto controllo il Ca plasmatico anche per diversi mesi in alcuni pazienti affetti da tumori maligni. Se la calcitonina perde di efficacia, essa può essere sospesa per 2 giorni (mentre la somministrazione di prednisone viene proseguita) e poi ripresa.

  • Corticosteroidi: l’aggiunta di 20-40 mg/die di prednisone controlla efficacemente l’ipercalcemia nella maggior parte dei pazienti con intossicazione da vitamina D, ipercalcemia idiopatica dell’infanzia e sarcoidosi. Alcuni pazienti con mieloma, linfoma, leucemia o carcinoma mammario metastatizzato rispondono a dosi di 40-60 mg/die di prednisone. Tuttavia, poiché la risposta ai glucocorticoidi ha una latenza di diversi giorni e poiché più del 50% dei pazienti con ipercalcemia secondaria a neoplasie maligne non risponde ai glucocorticoidi, è di solito necessario un trattamento alternativo.

  • Nitrato di gallio: il nitrato di gallio si è dimostrato in grado di ridurre efficacemente il Ca plasmatico nell’ipercalcemia associata a metastasi ossee, nell’ipercalcemia umorale da neoplasie maligne e nel carcinoma paratiroideo. E’ somministrato per infusione ev continua all dose di 200 mg/m2/dì per un massimo di 5 giorni, Esso sembra inibire il riassorbimento osseo operato dagli osteoclasti. La durata media della normocalcemia durante la terapia con nitrato di gallio è di circa 2 sett. L’infusione di nitrato di gallio è indicata nel caso che la soluzione fisiologica e i diuretici dell’ansa non riescano a controllare l’ipercalcemia associata alle neoplasie maligne,Questo farmaco sembra avere alcuni effetti collaterali diversi dall’ipocalcemia, dall’ipofosfatemia e dalla nefrotossicità. Il nitrato di gallio può causare insufficienza renale acuta e non deve essere usato nei pazienti affetti da grave compromissione della funzionalità renale o contemporaneamente ad altri farmaci nefrotossici. In aggiunta, il nitrato di gallio deve essere somministrato esclusivamente ai pazienti con volume intravascolare normale. Devono essere controllate di frequente le concentrazioni plasmatiche della creatinina, del Ca e del PO4. E’ sconsigliato in gravidanza e allattamento (Classe C della FDA).

  • Bifosfonati: i bisfosfonati, i quali agiscono inibendo il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti, vengono adesso ampiamente utilizzati come terapia di prima linea in associazione con la soluzione fisiologica e la furosemide per il trattamento dell’ipercalcemia associata alle neoplasie maligne. L’etidronato disodico è stato disponibile per diversi anni negli USA come trattamento efficace per il controllo del riassorbimento osseo nella malattia di Paget. Il suo utilizzo nell’ipercalcemia delle neoplasie maligne è stato limitato dalla tossicità renale. Il pamidronato e il clodronato sembrano essere più sicuri. Entrambi vengono somministrati in infusione EV e riducono la concentrazione plasmatica di Ca in 5-7 giorni. Gli effetti collaterali comprendono febbri transitorie e mialgie. Si possono sviluppare leucopenia occasionale, ipocalcemia sintomatica e ipofosfatemia.

  • Trattamento chirurgico: nell’iperparatiroidismo, il trattamento è chirurgico se la malattia è sintomatica o progressiva. L’esito dell’intervento dipende dall’effettiva rimozione di tutto il tessuto ipersecernente. Tutte le ghiandole affette adenomatose devono essere rimosse. Il rimanente tessuto paratiroideo viene anch’esso generalmente rimosso, poiché è notoriamente molto difficile localizzare le paratiroidi durante un’esplorazione chirurgica successiva. Per prevenire il conseguente ipoparatiroidismo, una piccola porzione di una ghiandola paratiroide apparentemente normale viene di solito reimpiantata nel ventre del muscolo sternocleidomastoideo o in sede sottocutanea nell’avambraccio.

IPOCALCEMIA: 

Sintomatologoa dell’ipocalcemia: L’ipocalcemia provoca un aumento dell’eccitabilità muscolare con sintomatologia correlata alla gravità dell’ipocalcemia. Tra i più precosi sintomi di ipocalcemia ricordiamo la sensazione di intorpidimento o formicolio attorno alla bocca, e di pizzicore e torpore delle dita; se l’ipocalcemia è più severa i formicolii si trasformano in crampi tetanici(mano da ostetrico, segno di Trosseau), fino alle convulsioni. Nelle condizioni più gravi insorgono tacicardia ed aritmie cardiache severe che, insieme al laringospasmo, possono mettere in pericolo la vita stessa del paziente. I sintomi di una lieve ipocalcemia cronica possono precipitare in condizioni quali gravidanza, stress emotivo o fisico ed allattamento.

Etiologia dell’ipocalcemia: Ipoparatiroidismo, resistenza all’azione del paratormone, ridotta assunzione di calcio con la dieta per malnutrizione o malassorbimento, carenza di vitamina D, resistenza all’azione della vitamina D, resezione intestinale, eccesso di fosforo, deficit cronici di magnesio, achilia, acloridia, eccesso acuto di magnesio, pancreatiti, insufficienza renale cronica, ustioni, alcoolismo, fumo, assunzione di farmaci anticonvulsivanti (barbiturici, idantoinici), eccessiva attività fisica prolungata nel tempo, neoplasie.

 

Fumo e densità ossea: Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che i fumatori hanno una massa ossea ridotta rispetto ai non fumatori (2,3) I fattori che contribuiscono a ciò comprendono il minor peso corporeo dei fumatori, l’effetto inibitorio diretto del tabacco sulla secrezione estrogenica e di conseguenza sulla degradazione degli  e sulla menopausa anticipata nelle donne fumatrici rispetto alle donne che non fumano. Da una recente meta-analisi è emerso che il fumo aumenta il rischio di frattura del femore nelle donne di circa il 50% (3). Inoltre le sigarette fumate da ragazze non causano solo invecchiamento anticipato e disturbi respiratori, ma anche osteoporosi precoce.

Alcolismo e ipocalcemia: L’alcolismo cronico, in modo particolare nel sesso maschile, aumenta l’incidenza di osteoporosi associata ad una percentuale di frattura compresa fra il 24 ed il 50% (178,179) a livello vertebrale, della cresta iliaca e del femore prossimale. L’osso trabecolare risulta maggiormente coinvolto rispetto a quello corticale. L’etanolo sia in vivo che in vitro esplica effetti diretti sulla funzione osteoblastica con diminuzione dei livelli di osteocalcina e sugli osteoclasti con un incremento dei processi di riassorbimento. L’etanolo può potenziare gli effetti dell’IL-6 ed inibire l’asse GH-RH-GH-IGF-I.  E’ stata segnalata, inoltre, una condizione di ipocalcemia associata ad un alterato assorbimento intestinale di calcio imputabile allo stato flogistico della mucosa gastro-intestinale indotto dall’alcol.

Osteomalacia e Rachitismo: un deficit prolungato e severo di vitamina D determina demineralizzazione nelle ossa altrimenti normali: si defisce rachitismo nei bambini e rachitismo nelle persone in cui la crescita pssea è stata già raggiunta.   Il deficit di vit D determina diminuito assorbimento intestinale e ipocalcemia e di conseguenza aumento dell’osteoclastosi attivata dal TPH e osteoporosi.

Ipocalcemia e rischio fratture:

IPOCALCEMIA DEL NEONATO: Concentrazione di calcio sierico totale (Ca) <8 mg/dl (< 2 mmol/l) nei neonati a termine o <7 mg/dl (< 1,75 mmol/l) nei neonati pretermine; Ca++ ionizzato <3,0-4,4 mg/dl ( <0,75-1,10 mmol/l). L’ipocalcemia neonatale si verifica abbastanza spesso nei prematuri e i neonati di peso basso per l’età gestazionale, i figli di madre diabetica e i neonati che hanno avuto un’asfissia perinatale. La terapia si basa sull’infusione e.v. di soluzioni di calcio. L’eziologia dell’ipocalcemia precoce non è ben conosciuta. Alcuni prematuri o neonati patologici sembra abbiano un periodo transitorio di ipoparatiroidismo relativo dopo la nascita; quando si interrompe il passaggio costante di Ca ionizzato attraverso la placenta il tasso sierico del Ca si riduce. Questo effetto può essere esagerato nei neonati di madre diabetica o iperparatiroidea, poiché queste donne hanno livelli di Ca ionizzato più alti del normale durante la gravidanza e relativa depressione della funzionalità paratiroidea fetale. Alla nascita, le paratiroidi del neonato non funzionano adeguatamente per mantenere una normale calcemia. In altri neonati vi può essere la mancanza della normale risposta fosfaturica renale al paratormone. L’asfissia perinatale può inoltre indurre un’aumentata secrezione di calcitonina, che inibisce il rilascio di Ca dall’osso e provoca ipocalcemia.

L’ipocalcemia tardiva (che si verifica dopo i primi 3 giorni di vita), che è rara, è solitamente causata da alimentazione con latte vaccino o con formule a contenuto di fosfato (PO4) troppo elevato; elevati livelli ematici di PO4 conducono all’ipocalcemia. Bambini con ipoparatiroidismo (S. di DeGeorge): ipocalcemia prolungata, difetti cardiaci conotruncali, anomalie facciali, ridotta immunità cellulare.

TERAPIA DELL’IPOCALCEMIA NEONATALE: L’ipocalcemia precoce di solito regredisce in alcuni giorni e i bambini asintomatici non hanno solitamente bisogno di trattamento. I neonati con calcemia > 7 mg/dl o con Ca ionizzato > 3,5 mg/ dl raramente richiedono un trattamento. Ai neonati con calcemia < 7 mg/dl bisogna somministrare Ca gluconato in soluzione al 10%, 200 mg/ kg (2 ml/kg di una soluzione al 10%) mediante infusione lenta EV in 30 min.
Una soluzione di Ca gluconato al 10% contiene 100 mg di Ca gluconato/ml e 9 mg di Ca elementare/ml. Una rapida infusione può causare bradicardia, pertanto, durante la somministrazione, bisogna monitorare l’attività cardiaca. Il luogo dell’infusione EV va osservato attentamente perché l’infiltrazione tissutale da parte di una soluzione di Ca è irritante e può causare localmente danno tissutale.

Dopo la correzione rapida dell’ipocalcemia, il calcio gluconato può essere addizionato all’infusione EV e somministrato continuamente. Iniziando con 400 mg/kg/die di calcio gluconato, la dose può essere aumentata gradualmente fino a 800 mg/kg/die, se necessario, per prevenire una nuova caduta della calcemia. Quando si inizia l’alimentazione enterale, il latte artificiale può essere supplementato, se necessario, con la stessa dose giornaliera di calcio gluconato mediante l’aggiunta di una soluzione di gluconato di calcio al 10% nel latte. Questo è solitamente richiesto per pochi giorni soltanto.

Il trattamento dell’ipocalcemia tardiva si prefigge di apportare Ca al latte in quantità tale da ripristinare il rapporto Ca:PO4 normale di 4:1. Ciò determinerà la precipitazione del fosfato di calcio nel tratto GI, bloccando l’assorbimento di PO4 e aumentando l’assorbimento del Ca dal tratto GI (4-6).

 TERAPIA DELL’IPOCALCEMIA NEGLI ADULTI: La terapia medica si basa, se possibile,  sulla determinazione e sulla correzione della causa etiologica(1). I presidi terapeutici più comunemente utilizzato sono: 

  1. Calcio (Rock D3®  Tonacal D3® cpr masticabili: una compressa contiene Calcio 500 mg + Vit D3 800 UI (20 μg) + Vitamina K 45 μg): riduce la perdita di massa ossea totale con effetti benefici sia gli arti inferiori che  sulla  colonna vertebrale. Nessun effetto collaterale importante tranne la stipsi. E’ opportuno somministrarlo a sera e durante i pasti per aumentarne l’assorbimento.
  2. Vitamina D3 o Colecalciferolo (Rocaltrol®, Difix® caps 25 mg, 50 mg): Aumenta l’assorbimento intestinale del calcio e favorisce la mineralizzazione dell’osso. L’80%  del fabbisogno di vitamina D è garantita dall’irradiazione solare. Pochi alimenti contengono quantità apprezzabili di vitamina D concentrata soprattutto nei grassi animali. Un alimento particolarmente ricco è l’olio di fegato di merluzzo. Seguono, poi, i pesci grassi (come i salmoni e le aringhe), il latte ed i suoi derivati, le uova, il fegato e le verdure colorate
  3. Estrogeni: Sono i classici farmaci usati – in genere associati o alternati ciclicamente ai progestinici – nella terapia ormonale sostitutiva post-menopausale, e ovviamente sono utilizzabili solo nell’osteoporosi femminile. Agiscono sull’osso riducendone il riassorbimento e determinando una stabilizzazione dei livelli di massa ossea, o anche un piccolo aumento, specie a livello vertebrale. Questo riduce significativamente il rischio di frattura, in particolare delle vertebre. In genere la terapia viene iniziata subito dopo l’entrata in menopausa e deve essere continuata per almeno qualche anno. I suoi effetti continuano per tutta la sua durata. La terapia sostitutiva ormonale (HRT) aiuta a entrare più dolcemente in menopausa, riducendo alcuni dei disturbi più fastidiosi. Gli estrogeni proteggono non solo l’osso, ma anche riducono anche i tumori intestinali. Invece, determinano un certo aumento del rischio di tumori dell’endometrio
  4. Bifosfonati (Ac. Alendronico, Halendronato Hexal® cpr 10 mg):  per la prevenzione dell’osteoporosi: 10 mg/die con un bicchiere di acqua al mattino ad assoluto digiuno e mantenere la posizione eretta e digiuno per  almeno 30 minuti.  I bifosfonati vengono assorbiti sui cristalli di idrossiapatite rallentando sia la crescita che il dissolvimento delle ossa. Impediscono l’adesione degli osteoclasti alla superficie ossea e inducono apoptosi degli stessi osteoclasti; sono quindi inibitori specifici del riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti. Sono impiegati anche nella m. di Paget e nell’ipercalcemia neoplastica. Effetti indesiderati: esofagiti più o meno gravi e disturbi dell’apparato digestivo in genere (8-11). Da alcuni anni è stata segnalata una rara anche se potenzialmente grave complicanza dell’uso dei bisfosfonati, la cosiddetta osteonecrosi della mandibola (12-14).
  5. Calcitonina: molto usato negli anni ’80; oggi è usato molto raramente. Ormone polipeptIdico prodotto dalle cellule C dela tiroide.  Meccanismo di azione antiriassorbitiva della calcitonina di salmone: inibisce l’attività degli osteoclasti già differenziati; antagonizza la fusione e la differenziazione dei precursori osteoclastici; riduce i livelli sierici di interleukina I che induce il riassorbimento osseo. L’effetto dell’ormone sulla massa ossea può essere  entro  certi limiti dose-dipendente. Dopo 12-18 mesi circa  di   somministrazione   continua  compare una resistenza al trattamento. La resistenza non è dovuta alla comparsa di anticorpi,  ma  alla comparsa di una ridotta sensibilità dei recettori  alla  calcitonina (down regulation). Per evitare la comparsa del fenomeno della resistenza è  opportuno effettuare la terapia a cicli di tre mesi con altrettanti  di intervallo. La via di somministrazione parenterale può provocare  vampate di calore (hot-flushing) e anche nausea e vomito; Con l’impiego dello spray nasale si è osservata una netta riduzione degli effetti collaterali. Posologia: 100 U/die in una sola narice.
  6. Magnesio (Magnesio marino® bustine, Mag 2® flac os):
  7. Dieta ricca di calcio (latte e yoghurt) ma soprattutto ricca di vegetali, rucola e verdure a foglie larga.

Vuoi citare questo contributo?  V. Volpicelli: “Metabolismo del calcio, ipocalcemia e ipercalcemia” pagine elettroniche, 2014;  https://www.fertilitycenter.it

 

Bibliografia:

  1. Harrison, Principi di Medicina Interna (il manuale – 16ª edizione), New York – Milano, McGraw-Hill, 2006
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  3. Agency for Health Care Policy and Research, U.S. Department of Health and Human Services. Health Technology Assessment. Number 6: Bone Densitometry: Patients with Asymptomatic Hyperparathyroidism. 1995;AHRQ Pub.:96-0004.
  4. Dickerson RN. Treatment of hypocalcemia in critical illness (part 1). Nutrition 2007;23:358-61.
  5. Dickerson RN. Treatment of hypocalcemia in critical illnes (part 2). Nutrition 2007;23:436-37.
  6. Castilla-Guerra L, del Carmen Fernández-Moreno M, López-Chozas JM, Fernández-Bolaños R. Electrolytes disturbances and seizures. Epilepsia 2006;47:1990-98.
  7. G. Igli Baroncelli, F. Vierucci, A. Bartoli, G. Saggese. IPOCALCEMIA: UN SINTOMO DALLE TANTE “FACIES”. Medico e Bambino pagine elettroniche 2008; 11(1) http://www.medicoebambino.com/?id=CL0801_10.html
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  13. Chellaiah MA, Schaller MD. Activation of Src kinase by protein-tyrosine phosphatase-PEST in osteoclasts: comparative analysis of the effects of bisphosphonate and protein-tyrosine phosphatase inhibitor on Src activation in vitro. J Cell Physiol. 2009 Aug; 220(2):382-93.
  14. Tatsuda Y et al. Protein kinase C is inhibited by bisphosphonates in prostate cancer PC-3 cells. Eur J Pharmacol. 2010 Feb 10; 627(1-3):348-53.

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