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Varici venose in gravidanza

Da dottvolpicelli

Varici venose in gravidanza

La patologia varicosa  degli arti inferiori è una tra le più frequenti complicazioni della gravidanza insieme alle emorroidi e alle varici vulvari. Spesso  queste patologie hanno come primum movens eziologico la  gravidanza.

La gravità delle varici venose  è sottovalutata dalle donne gravide che le vivono come un semplice disturbo di tipo prevalentemente estetico ignorandone le gravi complicazioni (1-4). D’altra parte tutto il sistema venoso è stato assai meno studiato rispetto a quello arterioso, nonostante il fatto che, in condizioni normali, esso contenga circa l’80% del volume totale di sangue.

Se le vene varicose compaiono per  la prima  volta durante gravidanza, in genere esse scompaiono poche settimane dopo il parto ma si ripresenteranno automaticamente in caso di nuova gravidanza.

Sintomatologia delle vene varicose: inizia con sensazione di pesantezza e tensione nelle gambe, formicolii notturni, impressione di “scosse elettriche” all’inguine o alla caviglia, piedi gonfi,  crampi notturni, un vero e proprio dolore fino alla claudicazione venosa. Successivamente si evidenziano le vene varicose  che ulteriormente s’ingrossano e presentano rigonfiamenti segmentari (5,6).

La diagnostica strumentale può essere utilizzata per:

  • a) la localizzazione anatomica dell’alterazione 
  • b) la quantificazione del danno venoso relativamente al reflusso e/o all’ostruzione
  • flussimetria doppler: presenta, oltre all’elevata sensibilità, la semplicità d’uso e basso costo (7).  Le indagini ultrasonografiche sono in grado di accertare la presenza del reflusso, identificare la sua origine e la sua durata e seguirne il tragitto in senso cranio-caudale, fino ad individuare la perforante di rientro del sangue nel circolo venoso profondo.  L’eco color doppler deve essere considerato come esame di primo livello, utile insieme all’esame clinico per lo screening della malattia varicosa.  Con il paziente in ortostatismo e con la sonda lineare dell’ecodoppler da 5-7 MHz appoggiata all’origine della vena grande o piccola safena, si fa eseguire una prolungata manovra di Valsalva, che permette di valutare la durata del reflusso:
  • safena normale: reflusso <0,5 sec;
  • safena dilatata ma continente: reflusso 0,5-1 sec;
  • safena refluente e svalvolata: reflusso >1 sec.

L’Ecocolordoppler fornisce ulteriori dati connessi alla morfologia della grande safena, come il diametro della stessa, una visualizzazione ottimale della valvola ostiale e pre-ostiale, la continenza delle collaterali e di eventuali safene accessorie. Ed ancora nella valutazione del reflusso nella piccola safena l’ecocolordoppler permette di studiare l’anatomia vascolare del poplite, la sede esatta di sbocco della piccola safena nella vena poplitea, la continenza della vena di Giacomini, l’eventuale origine del reflusso da una perforante del cavo del poplite.

Eziologia delle varici venose in gravidanza: Non si riconosce un fattore causale diretto evidente che spieghi l’eziologia della patologia varicosa; esistono ipotesi patogenetiche e fattori favorenti.

A. Le varici primitive degli arti inferiori sono rarissime nei bambini e negli adolescenti. La loro frequenza aumenta con l’aumentare dell’età, raggiungendo il massimo verso la quinta e sesta decade di vita. Prevalgono nel sesso femminile in rapporto di 3:1 rispetto al sesso maschile, ma dopo i 60 anni non si notano significative differenze tra i due sessi. Nel mondo occidentale sono presenti in forma clinicamente manifesta nel 10% dei maschi adulti e nel 20-33% delle donne (13,14).

B. Familiarità: Il 75% delle gravide con patologia varicosa presenta una familiarità per tale patologia (6,7).

C. Compressione meccanica dell’utero gravido sulla vena cava inferiore e sulle vene iliache

D. Ipertrofia dell’a. iliaca comune dx  e relativa compressione sulla vena satellite

E. Modificazioni fisiologiche della gravidanza: 

La gravidanza apporta delle modificazioni fisiologiche funzionali alla gravidanza ma negative per la circolazione ematica della gravida e quindi  possono rendere manifesta una malattia venosa rimasta, fino allora, latente.

Le principali modificazioni gravidiche interessate sono:

1. aumento del volume del sangue. Comporta ovviamente una pressione extra sulle pareti venose ed un maggiore sforzo da parte del sistema venoso periferico che deve lavorare contro la forza di gravità. Già all’inizio della gravidanza il volume plasmatico aumenta del 20% e, quindi del  50% a 6 mesi di gestazione (da 2500 ml a 4000 ml circa) ed un aumento del 30% a carico della parte corpuscolata del sangue.

2. aumento della coagulabilità del sangue: diminuzione della proteina S ed aumentata resistenza della proteina C. In condizioni di ritorno venoso molto rallentato tale modificazione può indurre una trombosi delle vene superficiali oppure trombosi venosa profonda (7).

3. il progesterone: protegge la gravidanza mantenendo rilassata la muscolatura uterina prima del parto ma, con meccanismo analogo, produce una massiva venodilatazione con ridotta velocità di flusso delle vene.

F. Life Style:  

  • il lavorare troppo spesso sedute o troppo spesso in piedi, senza poter alternare le due posizioni per periodi sufficientemente lunghi (almeno un quarto d’ora)
  • l’uso di calzature non idonee (tacco troppo basso o inesistente, punta troppo stretta): appiattendo la pianta del piede non si favorisce il ritorno del sangue al cuore.
  • l’abitudine di usare acqua troppo calda per il bagno
  • la ceretta depilatoria eseguita a caldo, che è lesiva per lo shock termico che provoca sui capillari e le piccole vene;
  • l’esposizione “sconsiderata” ai raggi del sole, soprattutto per periodi troppo lunghi e nelle ore troppo calde: oltre al danno, ovvio, causato dal calore, i raggi solari provocano anche un impoverimento del tessuto sottocutaneo che viene sostituito, soprattutto nelle vicinanze delle vene superficiali, da tessuto fibroso, molto meno elastico. Questa rigidità tissutale può provocare una maggiore sporgenza della vena verso la superficie oppure un minor effetto ammortizzante dei confronti di traumi accidentali. Tutte queste considerazioni sono valide anche per le tecniche di abbronzatura artificiale.

Prevenzione della patologia varicosa in gravidanza: 

  • 1.Vasoprotettori ed antiflogistici: i cosiddetti vasoprotettori sono farmaci in gran parte di origine vegetale, fitofarmaci, il cui meccanismo d’azione è principalmente caratterizzato dalla proprietà di attivare il ritorno venoso e linfatico. Alla categoria dei bioflavonoidi appartengono molti di questi farmaci, quali gli acidi grassi polinsaturi, la diosmina, l’esperidina, la troxerutina, la rutosidea, l’escina e gli antocianosidi del mirtillo, mentre il ruscus aculeatus, la bromelina, il meliloto, la vitamina E e la centella asiatica sono farmaci antiedema e svolgono ugualmente un’attività flebotropa e vasoprotettrice. L’efficacia di questi fitofarmaci sui sintomi soggettivi della malattia varicosa allo stadio iniziale e soprattutto sull’edema è comprovata da evidenze cliniche, che riportano un netto miglioramento della qualità di vita dei pazienti che li utilizzano. Alcuni nomi commerciali: Pentaven D cpr (diosmina + bromelina + meliloto + betulla);  Deflanil® gel (Quercetina + Bromelina); Flavonil® gel (bromelina); Mirtilene forte®  capsule  (estratto secco di mirtillo); Veniloto Gyn® caps (acidi grassi polinsaturi (EPA + DHA estratti da olio di pesce), Vit E (1.000 U estratta da olio di girasole), Meliloto, Centella,  Ruscus. 
  • 2. Eparine a basso peso molecolare (LMHW): sono la terapia di prima scelta secondo le linee guida dell’ACCP (American College of Chest Physicians). Hanno un peso molecolare di 4.000-6.000 Daltons e derivano dalla eparina standard depolimerizzata. Esse agiscono inibendo la trasformazione del fibrinogeno in fibrina. Sono da preferire rispetto ai farmaci anticoagulanti come il Warfarin perchè non attraversano la barriera placentare ed  alla classica eparina non frazionata (UFH)  perchè hanno un’emivita 2-3 volte più lunga (6 ore), determinano con minor frequenza la trombocitopenia e osteopenia e inbiscono il fattore X attivato (Xa) meno la trombina Xa dipendente (2:1 o 4:1) mentre la UFH  inibisce entrambi in ugual modo (e ciò determina il suo potenziale emorragico molto maggiore rispetto alle LMHW) ed ha un’emivita più breve. Il dosaggio varia in rapporto al peso corporeo della gravida. Si raccomanda di monitorare il fattore Xa nelle gravide in terapia con LMHW. In caso di patologia renale è opportuno utilizzare la classica eparina non frazionata. Le LMHW sono controindicate in caso di patologia emorragica e in caso di piastrinopenia ed ipersensibilità al prodotto. Sconsigliato l’associazione con farmaci anticoagulanti. Frequente è l’orticaria, l’ematoma e il dolore nella zona dell’iniezione.  Clexane® fiale s.c. 2.000 UI, 4.000 UI (enoxaparina sodica); Fraxiparina®, Seleparina®  (Nadropina calcica) fiale preriempite  da 0.3, 0,4, 0.6, 0.8, 1 ml; ogni ml equivale a 9500 UI anti Xa. La somministrazione è effettuata per via sottocutanea 1 volta al dì per la profilassi e 2 volte al dì per la terapia  mentre la UFH richiede 3-4 somministrazioni al dì.
  • 3. L’alimentazione: 

a)    ricca di fibre (verdure, legumi e frutta) in modo da evitare la stipsi che può favorire la comparsa od il peggioramento di emorroidi o di varici degli arti inferiori.
b)   dieta normocalorica in modo da evitare l’obesità.
c)    Evitare cibi piccanti ed alcolici: possono aumentare il prurito.
d)    Moderare il consumo di pane, pasta, riso e dolci.
e)    Abolire o ridurre il caffè.
f)  Mangiare molta frutta in particolare gli agrumi (arance, limoni, mandarini, mandarini cinesi, mandaranci, chinotto).

4. Life Style: 

  • evitare il sovrappeso: l’aumento di peso a termine di gravidanza non dovrebbe superare i 15 Kg
  • abolire o ridurre il fumo ed il caffè
  • evitare il più possibile di stare in piedi a lungo
  • non sedersi su sedie o poltrone troppo basse; l’eccessiva angolatura dell’articolazione del ginocchio provoca lo “strozzamento” delle vene superficiali.
  • sempre con lo scopo di evitare un eccessivo rallentamento del ritorno venoso  è bene evitare le sedie con bordi duri che possano comprimere  le vene superficiali.
  • sforzarsi di camminare molto e, se possibile, praticare il nuoto: mantengono il tono muscolare in efficienza
  • quando si sta sedute a lungo sul posto di lavoro, alzarsi in piedi per alcuni minuti, fare streching o  eseguire piccoli passi sulla punta dei piedi o sollevare ritmicamente i talloni;
  • Evitare di calzare scarpe con tacchi troppo alti o troppo bassi. Oltre ai disturbi che ciò provoca all’andatura, anche la circolazione venosa viene resa più difficile. La misura ottimale è compresa fra i 3 e i 5 cm.
  • Tre volte al giorno per circa 15 minuti stare stesi con gli arti sollevati.
  •  Se si è costretti a letto per qualsiasi malattia od intervento chirurgico, muovere spesso le gambe od eseguire esercizi di flesso-estensione dei piedi.
  • utilizzare calze elastiche.
  • Evitare i massaggi energici delle zone con varici: danneggiando la parete venosa essi possono scatenare una flebite.
  • bisogna evitare i bagni troppo caldi e le situazioni ambientali dove la temperatura sia troppo elevata.
  • evitare di stare troppo a lungo con le gambe al sole; frequentare la spiaggia nelle prime ore del mattino e nelle ore del tardo pomeriggio; camminare sul bagnasciuga,
  • usare creme solari con fattore elevato e stare seduta sotto l’ombrellone con le gambe protette da un asciugamano umido
  • nei giorni caldi, afosi o dopo una giornata faticosa, raffreddare le gambe con docce d’acqua fredda o tiepida dai piedi all’inguine.
  • se le gambe sono molto pesanti, specie alla fine della giornata, dormire con i piedi leggermente sollevati applicando un rialzo di 10-15 cm ai piede del letto
  • Idroterapia:  iniziare con un getto debole di acqua fredda dai piedi e risalire lungo la gamba e la coscia finchè tutto l’arto non sia ricoperto da un velo di acqua; la durata massima deve essere di 10 minuti circa. Ripetere per tre volte. Quindi asciugare dolcemente e battere leggermente i piedi su un grosso asciugamani per qualche minuto.
  • Elasto-compressione: La compressione è di fondamentale importanza nella prevenzione e nel trattamento della malattia varicosa. La compressione può essere attuata tramite bende, generalmente utilizzate per la confezione di gambaletti, oppure mediante tutori elastici. I bendaggi rigidi o poco estensibili (bendaggio “a otto”) vengono applicati alle gambe soprattutto nel trattamento di pazienti con ulcere venose, perché sono tollerati e quindi mantenuti in sede costantemente durante le 24 ore, mentre i bendaggi elastici ed i tutori devono essere rimossi la notte, perché non tollerati a letto. I tutori elastici, distinti a seconda della loro lunghezza in gambaletto, calza, monocollant e collant, sono denominati preventivi o terapeutici a seconda che la compressione da essi esercitata alla caviglia sia minore o superiore ai 18 mm di Hg. A loro volta i tutori elastici terapeutici sono classificati in 4 classi, di compressione crescente a seconda della classe, ciascuna con le proprie indicazioni: classe 1 insufficienza venosa lieve; classe 2 insufficienza venosa moderata: classe 3 insufficienza venosa severa; classe 4 insufficienza venosa grave.  Oltre alle calze preventive e terapeutiche vanno ricordate le calze cosiddette “antiembolia”, utilizzate nella prevenzione degli episodi tromboembolici. Queste si differenziano dagli altri modelli, perché danno una compressione standard di 18 mm di Hg alla caviglia e di 8 mm di Hg alla coscia e quindi possono essere indossate e tollerate durante tutto il giorno, anche di notte. Dopo interventi chirurgici di safenectomia la compressione trova la sua indicazione nella prevenzione degli ematomi e nella riduzione dell’edema e quindi del dolore. Nell’immediato postoperatorio si utilizzano dei bendaggi fissi, adesivi o coesivi, seguiti dopo 2-3 giorni dall’utilizzo di calze o di monocollant elastici della 2° classe di compressione, che vengono indossati per circa 4-6 settimane. Anche dopo scleroterapia delle varici la compressione è considerata parte importante della stessa terapia. Altamente raccomandato è poi l’utilizzo di tutori elastici della 2° classe di compressione nella prevenzione della recidiva dopo la guarigione di un’ulcera venosa da stasi. Le controindicazioni e gli effetti collaterali della terapia compressiva sono molto rari. In genere la maggiore limitazione all’uso di calze elastiche è rappresentata nell’anziano dalla difficoltà ad indossarle in presenza di patologie concomitanti, soprattutto di tipo artrosico. Particolare attenzione deve essere comunque posta nei confronti della concomitante presenza di arteriopatie, soprattutto nei pazienti di età maggiormente avanzata e con indice caviglia-braccio inferiore a 0,6.

Terapia delle varici venose in gravidanza:

La terapia medica è solo adiuvante alla terapia chirurgica e viene praticata nell’impossibilità di ricorrere alla terapia chirurgica.

  1. Eparine a basso peso molecolare (LMHW): sono preferite alla classica eparina non frazionata (UFH)  perchè non attraversano la barriera placentare.  Clexane® fiale s.c. 2.000 UI, 4.000 UI (enoxaparina sodica); Fraxiparina®, Seleparina®  (Nadropina calcica) fiale preriempite  s.c. 0.3, 0,4, 0.6, 0.8, 1 ml
  2. I farmaci “venotonici”  sono quasi privi di efficacia se la paziente non rimuove contestualmente la causa della malattia (ipertensione venosa, varici, stasi venosa periferica). 

Complicanze delle varici venose:

  1. le varici disturbano, di fatto, il benessere fisico durante la gravidanza con effetti negativi sulla salute della gravida e sulla normale crescita fetale
  2. Tromboflebite superficiale: In genere colpisce vene già dilatate prima della gravidanza o dilatatesi nel corso di questa. Si presenta come una zona gonfia, calda e dolente, dove è possibile palpare un nodulo od un cordone duro corrispondente alla varice trombizzata.
    La gamba non tende a gonfiarsi  a meno che non sia presente anche un interessamento delle vene profonde, da escludere con un monitoraggio con il Color Doppler.

    La terapia della trombosi superficiale ha due indirizzi terapeutici in relazione alla presenza o meno della componente infiammatoria. In presenza di flogosi si utilizzano antinfiammatori per uso topico e sistemico (Ketoprofene, Fenilbutazone, Benzidamina, Bromelina) e terapia antibiotica in presenza di complicanze batteriche. In assenza di flogosi: Eparina calcica (Eparina calcica EG®  5.000 UI, Arixtra® 2,5 mg,  fiale preriempite da 0.5 ml per iniezione sottocutanea in area glutea infiggendo interamente l’ago nella plica sottocutanea), eparinoidi (Hirudoid® gel, Hemeran® crema) per uso topico. Compressione  con bendaggio elasto-compressivo. Va accuratamente evitato l’allettamento, ma favorita la deambulazione.

  3. Trombosi venosa profonda (TVP)Può passare inosservata a causa della scarsa sintomatologia se interessa vene poco importanti. Può manifestarsi con l’edema di tutta la gamba, dolenzia profonda, comparsa di varici superficiali. E’ più frequente alla fine del III° trimestre di gravidanza e nel post-partumIl parto cesareo è un fattore predisponente alla TVP che compare nello 0,4-10% degli interventi ginecologici e la sua frequenza raddoppia negli interventi ginecologici per neoplasie.
    La sua gravità sta soprattutto nel rischio di lesione valvolare venosa e conseguente insufficienza venosa cronica e nel rischio di embolia polmonare.

  4. L’embolia polmonare è una patologia in cui la prima manifestazione può essere fatale quoad vitam  (11) oppure con morbidità grave e di lunga durata (ipertensione polmonare post-embolica, sindrome post-trombotica, predisposizione a recidive di TVP).
    Il parto cesareo comporta un rischio di embolia polmonare 10 volte maggiore del parto vaginale (8).
    La prevenzione e la terapia della TVP e dell’embolia polmonare si basano sull’uso di eparine a basso peso molecolare per 7 giorni prima dell’intervento e per 10 gg dopo (30 gg in caso di interventi per neoplasie) (9).  A scopo profilattico è sufficiente la monosomministrazione di 4.000 UI/die di Enoxaparina (indipendentemente dal peso)  mentre il dosaggio di Nadroparina va personalizzato in base al peso della paziente (0.3 ml per paziente <50 Kg; 0.4 per 50-70 Kg; 0.6 per 70-80 Kg: 0.8 per 80-100 Kg) sempre in monosomministrazione/die. La terapia invece prevede la doppia somministrazione giornaliera.    Utile associare il bendaggio elasto-compressivo. L’allettamento va limitato al minimo indispensabile.

References:

  1. Callam M.J.: Epidemiology of varicose veins. British Journal of surgery, 1994; 81:167
  2.  Novo J., Avallone G., Pinto A., Strano A.: Prevalence of primitive varicose veins of the lower limbs in a randomized population, sample of western Sicily. Int. Surg., 1998; 7:176
  3.  Wienert V., Willer H.: Epidemiologia delle malattie venose. Ed. C.E.L.I. Schattauer, Faenza 1993
  4. Corsi C. Marrapodi E.: Epidemiologia delle varici. Venum. Flebologia pratica, 1996; 45-48
  5. Barile C., et all.: Physiopatology of varices during pregnancy. Minerva Ginecol., 1990 Apr.; 42(4): 117-21
  6. Struckman J.R., Meiland H., Bagi P., Jorgensen B.J.: Venous muscle pump function during pregnancy. Acta Obstet. Gynecol. Scand., 1990; 69: 209-15
  7. Woodhams B.J., Candotti G., Shaw R. et al.: Changes in coagulation and fibrinolysis during pregnancy: evidence of activation of coagulation preceding spontaneous abortion. Thromb. Res.; 55:99-107, 1989.
  8. Scognamiglio G., Liguori G., Volpicelli T., Sole E., Faticato A., D’Ambrosio M., Tolino A.: “La malattia varicosa e gravidanza: valutazione clinico-strumentale”. 
  9. Samama C.M. et al : Venous Thromboembolism prevention in Surgery and Obstetrics: Clinical Practice Guidelines . European Journal of Anesthesiology 2006;23:95-116
  10. Bergquist D. et al: Duration of prophylaxis against venous thromboembolism with enoxaparin after surgery for cancer. The New England Journal of Medicine 2002: 346: 975-980. 
  11. Agus G.B.: Chirurgia delle varici: tendenze recenti. Minerva Medica,Torino 1991
  12. Letsky E.A.: Peripartum prophilaxy of thromboembolism. Baillieres Clin. Obstet. Gynecol. Sep; 11(3): 523 43, 1997. 

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