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Le cisti sono raccolte liquide completamente racchiuse in proprie capsule parietali. Sono ubiquitarie ed ad etiologia varia. In genere sono di natura benigna e non richiedono terapia chirurgica.
La comparsa di una cisti può essere dovuta alla mancata espulsione di un secreto endocrino o a stenosi di un dotto escretore ghiandolare, a raccolta flogistica, ad alterazioni genetiche o ad etiologia neoplastica. Esempi classici rispettivamente sono le cisti ovariche disfunzionali (PCOS, Follicoli persistenti, Follicoli LUF), le cisti mammarie (foto) o le cisti sebacee, le cisti di Naboth o le cisti idatiformi del Morgagni o le più frequenti cisti connettivali o sinoviali, l’uraco ed infine tutte le neoplasie benigne e maligne a consistenza cistica o mixed.
Il carattere di benignità delle cisti è affermato con certezza assoluta solo dall’esame istologico della cisti in toto. Ma in genere un accurato esame ecografico riesce a rassicurare sulla natura benigna della cisti se essa si presenta con un diametro <3 cm, pareti nette e regolari, contenuto anecogeno con rinforzo della parete posteriore e coni d’ombra laterali, assenza di formazioni aggettanti in cavità e assenza di setti intracistici (1-3).
Le cisti di Naboth, dal nome dal medico tedesco Martin Naboth che per primo le descrisse. Sono delle piccole formazioni benigne, poste sulla mucosa dell’esocervice uterina, di colore bianco-giallo, rilevate, del diametro di 2-10 mm. La diagnosi è effettuata tramite esame speculare vaginale e USG. L’etiologia va quasi sempre ricercata nei processi di riparazione della mucosa da pregresse infiammazioni con ostruzione dei dotti escretori ghiandolari della mucosa cervicale e conseguente dilatazione ghiandolare per cui vengono anche definite cisti da ritenzione. Più raramente sono conseguenti a trauma cervicale o parto.
Sono del tutto innocue, non danno alcun sintomo e problema e non necessitano di alcuna terapia se non in caso di flogosi, infezione o dimensioni >4 cm.
Se è necessario rimuovere una o più cisti di Naboth, la procedura è eseguita tramite escissione o elettrocauterizzazione.
Cisti idatiformi del Morgagni: Le cisti paraovariche possono originare dalle strutture mesonefriche (Wolffiane), da strutture paramesonefriche (Mulleriane), o da inclusioni mesoteliali. L’idatide di Morgagni è la più comune cisti paramesonefrica e, come è noto, origina dalle fimbrie delle salpingi. Ecograficamente, le cisti del Morgagni presentano pareti sottili, deformabili, non circondate da stroma ovarico e presentano l’aspetto di cisti semplici adiacenti all’ovaio. Possono esser facilmente confuse per cisti ovariche ma l’esame ecografico transvaginale può confermare la separazione di tale cisti dal parenchima ovarico. Nel caso in cui siano voluminose, il loro punto di origine può non esser chiaro. La loro grandezza, comunque, non cambia con il ciclo mestruale (19,20).
Un discorso a parte meritano le cisti endometriosiche (“cisti color cioccolato”) che nella fase iniziale presentano un caratteristico imaging USG intracavitario con modesta iperecogenicità granulosa dovuta all’accumulo di sangue. Nelle cisti più datate il contenuto cistico è a maggior ecogenicità, mixed per l’organizzazione fibrotica dei coaguli. Le pareti sono spesse ed irregolari. La diagnosi differenziale delle cisti endometriosiche va fatta con le cisti emorragiche non endometriosiche che presentano pareti sottili e la comparsa successivamente di setti interni fibrosi.
Le raccolte liquide non racchiuse da una propria membrana vengono definite pseudocisti; esempio classico sono le raccolte saccate che possono formarsi in caso di aderenze post-chirurgiche o le sactosalpingi.
L’ascesso è una raccolta liquida purulenta con o senza una sua propria parete come l’ascesso mammario e l’ascesso delle ghiandole del Bartolini nel primo caso e come le pio-sactosalpingi nel secondo caso.
Cisti mesenterica o linfagioma cistico del mesentere: cisti quasi sempre di natura benigna, che si sviluppano fra le due pagine mesenteriali o sulle pareti omentali.
Etiologia: dovute per lo più a malformazioni congenite di tessuto linfatico ectopico che per stenosi congenita o acquisita non drena nel normale circolo linfatico così come avviene per l’igroma cistico del collo. Ma possono essere anche secondarie a trauma addominale, ascessi o ostruzione linfatica da masse addominali. Quest’ultima ipotesi etiologica è molto rara data la ricca rete linfatica collaterale.
Localizzazione: le cisti mesenteriche possono essere ovunque nel mesentere dal duodeno al retto, ma più frequentemente nel mesentere del piccolo intestino, e possono estendersi dalla base del mesentere nel retroperitoneo (4-6).
Frequenza: Si presentano con una frequenza di 1/140.000 persone molto frequentemente (>35%) di età <15 anni (7-9). Le cisti mesenteriche sono 5 volte più frequenti delle cisti omentali (10).
La diagnosi si basa sull’esame clinico che evidenzia distensione addominale, presenza di massa cistica e pochi altri sintomi. Solo il 10% delle pazienti può presentare un vago dolore addomino-pelvico o, molto raramente, addome acuto per ileo meccanico (11,12).
Gli esami strumentali prevedono l’utilizzo dell’USG (massa cistica generalmente transonica, ma anche di aspetto corpuscolato per versamento emorragico, del diametro di 1-40 cm, uni-poliloculari, con coni d’ombra laterali e rinforzo della parete posteriore), della TAC e della RMN. Esami specifici quali l’urografia od il clisma opaco vengono utilizzati solamente in casi selezionati. L’accertamento della natura benigna o non raramente è posta pre-operatoriamente ma quasi sempre solo al momento del riscontro anatomo-chirurgico (18).
La diagnosi differenziale va posta soprattutto nei confronti delle rare lesioni maligne, quali sarcomi ed adenocarcinomi, o delle forme benigne quali le duplicazioni intestinali (13), con le cisti mesoteliali e le duplicazioni enteriche cistiche.
Complicazioni: infarto della mesenterica, volvolo intestinale, ostruzione intestinale
Cisti mesenteriche sono stati riportate in associazione con la sindrome di Costello che si presenta con bassa statura, cute ridondante del collo, palme, piante dei piedi e dita, capelli ricci, papillomi intorno alla bocca e narici, e ritardo mentale (14).
Terapia chirurgica: L’indicazione al trattamento chirurgico è corretta non solo nei casi dei pazienti sintomatici, ma anche nei casi scoperti casualmente. L’approccio laparoscopico dovrebbe essere preferito a quello laparotomico, riservando quest’ultimo a casi di sospetta malignità o quando sussistano dubbi circa la possibile radicalità dell’asportazione. Le cisti mesenteriche possono spesso essere “sgusciate” dalle pagine del mesentere in modo da evitare danni ai vasi mesenterici o possono richiedere resezione intestinale concomitante al fine di garantire la corretta irrorazione intestinale.
Cisti omentali: Le cisti omentali possono essere congenite (15) o conseguenti a cisti dermoidi o teratomi (16,17). Di solito sono peduncolate e possono provocare occlusione intestinale.
Le cisti omentail possono sempre essere rimosse senza resezione del colon trasverso adiacente o dello stomaco (7).
Igroma cistico: l’igroma cistico è una alterazione della connessione anatomica del sistema linfatico non correttamente collegato con il circolo linfatico. La linfa non drenata si accumula dietro la nuca del feto e può raggiungere dimensioni notevoli (3-40 cm di diametro). Non esiste però una correlazione tra le dimensioni e la gravità della patologia. Può presentarsi mono- o poliloculata. L’etiologia è teratogena. Nel 70% circa dei feti che presentano un igroma cistico si riscontra un’alterazione genetica. La più frequente è la sindrome di Turner, ma possono riscontrarsi anche patologie cardiache e malformazioni a carico di altri organi, polidramnios, idrope fetale.
Diagnosi: L’igroma cistico viene solitamente individuato nel corso delle prime ecografie tramite la misurazione della plica nucale (translucenza nucale).
nel 40% dei casi si verificano complicanze fetali, aborto e parto prematuro. Il riassorbimento dell’igroma è molto raro e quasi tutti i neonati nascono ancora con l’igroma, che viene poi trattato chirurgicamente o farmacologicamente subito dopo il parto. Il 55% dei neonati, senza alterazioni genetiche, controllati a distanza di 15-21 anni sopravvive.
Terapia: per i casi in cui l’igroma non è legato ad alterazioni genetiche o a patologie specifiche esiste una cura sperimentale da eseguire il prima possibile che consiste nella somministrazione di un farmaco collante attraverso un iniezione effettuata direttamente nella zona tra l’igroma e la nuca, per bloccare l’afflusso del liquido. Si tratta di una terapia ancora in fase sperimentale da praticarsi solo in centri altamente specializzati.
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