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Ecografia uterina nel follow-up della coppia sterile

Da dottvolpicelli

Ultimo aggiornamento  2021-12-28  22:04:09

L’ultrasonografia (USG) ginecologica ha conquistato un ruolo assolutamente indispensabile nello studio delle patologie organiche e funzionali interessanti la sterilità di coppia. Le sue principali applicazioni riguardano la valutazione degli organi pelvici, la valutazione del ciclo ovarico, maturazione endometriale, il monitoraggio dello sviluppo follicolare sia in cicli spontanei che indotti, il pick-up ovocitario e il transfer ecoguidato intrauterino degli embrioni per via transcervicale. La valutazione ecografica iniziale di una paziente sterile viene effettuata soprattutto durante la fase follicolare del ciclo  ma anche in fase ovulatoria e luteale al fine di identificare eventuali fattori uterini (malformazioni uterine e difetto di maturazione endometriale soprattutto ma anche iperplasia e polipi endometrialiadenomiosi, Ascherman, fibromatosi), ovarici (ovulazione/disovulazione/anovulazione, PCOS, LUF-syndrome, cisti), tubarici (occlusione, stenosi, atrofia, distrofia, malposizione, pio-sactosalpingi, endometriosi) e cervicali (stenosi, accorciamento del canale cervicale) di sterilità.

L’esame ecografico degli organi pelvici femminili è comunemente eseguito utilizzando due diversi approcci. Il primo è transaddominale, il secondo, più recente, è transvaginale (1-3).  Un terzo metodo, transperineale, è impiegato in genere nelle bambine e nelle giovani vergini (4-6). Le tecniche sono complementari, non si escludono a vicenda.

RIEMPIMENTO VESCICALE – L’esame ecografico della pelvi femminile per via trans-addominale richiede una vescica distesa in modo ottimale. La vescica eccessivamente piena induce eccessivo disagio ed inoltre, la vescica overdistended può spingere le strutture bersaglio così lontano dal trasduttore da peggiorarne la scansione. La vescica scarsamente piena è causa di artefatti (near-field artifacting) perchè insufficiente ad allontanare i gas intestinali dal perimetro degli organi esaminati. Ci sono casi di USG addominale in cui la vescica vuota produce risultati migliori rispetto alla vescica piena:  grossi fibromi fundici. 

L’ecografia transvaginale (o endovaginale) viene generalmente eseguita con la vescica vuota. Ci sono occasioni in cui l’esame ecografico transvaginale (ETV) può produrre risultati migliori con la vescica piena; tale è il caso della misurazione della lunghezza del canale cervicale, del fenomeno del “funneling”, incompetenza cervicale e nell’osservazione della placenta previa o marginale.  

MANIPOLAZIONE – le manipolazioni sono eseguite per spostare o ruotare le strutture bersaglio in modo da poterle valutare con angoli di incidenza diversi allo scopo di ottenere informazioni che la classica scansione non è in grado di fornire. 

POSIZIONAMENTO DELLA SONDA – Il corretto posizionamento della paziente migliora la qualità dell’esame. Quando si esegue ETV è opportuno collocare la paziente in posizione ginecologica e con il piano vulvare quanto più possibile vicino alla fine del lettino per facilitare l’escursione verso il basso del manico della sonda. Occasionalmente, ponendo una gamba della paziente sulla spalla dell’esaminatore è possibile una scansione controlaterale più profonda.  Inoltre, alcune  scansioni ETV danno migliori risultati in posizione genu-pettorale (6-8). 

Il fattore uterino è responsabile nel 9,5% dei casi di sterilità. Attraverso l’esame ecografico è possibile identificare la presenza di malformazioni uterine, patologie miometriali e/o endometriali. L’esame ultrasonografico del canale cervicale permette di valutare la presenza di formazioni che possono impedirne la pervietà. La valutazione ecografica della lunghezza cervicale riveste un ruolo di primo piano nella diagnosi di incompetenza cervico-istmica

L’utero si trova nella piccola pelvi tra la vescica urinaria e il retto. Sebbene sia generalmente una struttura mediana, deviazioni laterali dell’utero non sono rare. I legamenti larghi si estendono dalle pareti laterali dell’utero alle pareti pelviche. Essi contengono le tube di Falloppio e vasi. I legamenti uterosacrali servono a mantenere l’utero in posizione anteriore. Nascono posteriormente dalla cervice e si estendono alla fascia della seconda e terza vertebra sacrale. I legamenti rotondi originano dalla parete anteriore dell’utero, al di sotto delle tube di Falloppio e attraversano il canale inguinale per terminare nella parte superiore delle grandi labbra (82). L’isterometria normale in età feconda è 7-8 cm di lunghezza, 4,5-6,0 cm di larghezza e 2,5-3.5 cm di profondità (dimensione antero-posteriore) (82). Il rapporto corpo/collo è 2:1 (82, 83).  L’irrorazione ematica uterina è fornita dall’arteria uterina, un ramo dell’arteria iliaca interna. L’a. uterina raggiunge l’utero a livello della giunzione cervico-corporale e, mentre fornisce rami collaterali perforanti che si anastomizzano con quelli controlaterali, sale lungo la parete laterale del corpo uterino fino all’angolo cornuale dove si suddivide in arteria tubarica e rami ovarici che si anastomizzano con i corrispondenti rami arteriosi derivati dall’a. ovarica  (84-85).

L’afflusso di sangue all’endometrio deriva da rami delle arterie uterine: aa. arcuate, radiali, basali e spirali,  in successione dalla sierosa all’endometrio. I rami basali o rettilinei irrorano lo strato basale dell’endometrio mentre i rami a spirale, detti anche arterie spirali, attraversano l’endometrio e irrorano lo strato functionalis. Le arterie spirali a differenza delle arterie basali, sono notevolmente sensibili alle variazioni ormonali del ciclo mestruale e il loro studio flussimetrico consente una valutazione predittiva dell’outcome gravidico (86,87).

L’endometrio, all’osservazione USG, presenta caratteristiche variazioni di forma (pattern) e spessore (thickness) in relazione ai cambiamenti ormonali.   Con approccio transvaginale è possibile una valutazione qualitativa dell’endometrio associato alla misurazione del suo spessore. La scansione va effettuata su un piano sagittale. In fase mestruale l’endometrio appare lineare ed iperecogeno, durante la fase proliferativa diventa iposonico e si ispessisce misurando al 7-8° giorno circa 5-7 mm; raggiunge uno spessore di circa 8-12 mm in fase periovulatoria con aspetto ecografico a “tre linee”. Dopo l’ovulazione diventa omogeneamente iperecogeno, a “occhio di bue” (“bull’s eye”) e aumenta di spessore per poi ridursi nella fase luteale tardiva fino alla mestruazione.

 Schematicamente si può affermare che il flusso arterioso aumenta in correlazione con le concentrazioni sieriche di estrogeni e progesterone e diminuisce con la caduta post-ovulatorio di estrogeni (92-94). I più bassi valori di PI si osservano in periodo pre-ovulatorio e in periodo luteale middle-luteale (92-94). In generale, i valori di PI dell’arteria uterina omolaterale all’ovaio contenente il follicolo ovulatorio sono inferiori a quelli dell’arteria uterina controlaterale (87-91).

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IPERPLASIA E POLIPI ENDOMETRIALI

Le iperplasie e i polipi uterini, sono legati ad un’anomala proliferazione endometriale. Uno stimolo estrogenico prolungato sull’endometrio, anche se di modesta entità, non adeguatamente bilanciato dal progesterone, può determinare lo sviluppo di iperplasia endometriale o di poliposi endometriale. Condizioni di questo tipo si verificano spesso nelle pazienti infertili affette da policistosi ovarica. 

Le iperplasie endometriali possono essere classificate in: iperplasia ghiandolare cistica, iperplasia semplice, con o senza atipie, iperplasia complessa, con o senza atipie. Le iperplasia semplice e complessa sono il risultato di una stimolazione estrogenica presente non bilanciata dal progesterone. All’USG transvaginale l’endometrio appare ispessito in maniera uniforme e marcatamente iperecogeno rispetto al miometrio circostante. L’iperplasia ghiandolare cistica, tipo “swess cheese”, è il frutto di una pregressa stimolazione estrogenica, poi cessata, che ha indotto una dilatazione ghiandolare su endometrio in via di atrofia. All’ecografia transvaginale sono visibili, all’interno dello spessore endometriale, piccole formazioni rotondeggianti anecogene riferibili ad accumuli di muco nelle ghiandole iperplastiche. La diagnosi differenziale tra i tipi istologici di iperplasia non è comunque possibile ecograficamente. Alcazar  ha riportato un pattern vascolare identificativo di iperplasia caratterizzato da vasi sparsi (scattering) all’interno dell’endometrio.

I polipi endometriali sono neoformazioni, uniche o multiple, spesso causa di sanguinamenti anomali. Possono interessare ogni fascia d’età; nella maggior parte dei casi si sviluppano tra i 30 e 60 anni e sono patologie comuni durante la menopausa. Nelle donne in età riproduttiva anche piccoli polipi possono ridurre la fertilità ed aumentare il rischio di abortoSebbene rappresentino un’entità prevalentemente benigna, nel 2-3% dei polipi endometriali è stata riscontrata la presenza di carcinomaShushan riporta una incidenza di malignità su polipo endometriale di 1.5%, sottolineando l’importanza di rimuovere anche i polipi asintomatici.

Sotto l’influenza ormonale, l’endometrio si ipertrofizza e le ghiandole endometriali si allungano, il tessuto stromale e le arterie spirali seguono lo sviluppo endometriale e contribuiscono a dare al polipo il suo caratteristico aspetto. La congestione stromale conduce ad una stasi venosa causando necrosi apicale e sanguinamento. Tuttavia, per la lentezza con cui questo processo avviene, molti polipi restano asintomatici e per lungo tempo non diagnosticati e spesso la loro individuazione è del tutto occasionale. Ecograficamente i polipi endometriali si presentano come masse iperecoiche omogenee, a margini netti, di grandezza variabile, con o senza spazi cistici, che alterano la linea mediana endocavitaria, senza interruzione dell’interfaccia miometrio-endometrio. I polipi endometriali possono essere sessili o peduncolati. Per l’identificazione dei polipi l’ecografia dovrebbe essere eseguita in fase proliferativa iniziale (4-6° giorno). In fase luteale, infatti, l’endometrio, di tipo secretivo, presenta la stessa ecogenicità dei polipi.

“Feeding vessel sign”

I polipi possiedono un peduncolo vascolare che origina dall’arteria uterinache si sfiocca e circonda completamente la ghiandola endometriale: feeding vessel sign. L’ecografia, con l’utilizzo della tecnica color o power Doppler, permette l’individuazione di questo peduncolo vascolare, rappresentato o da un singolo vaso o da più rami arteriosi, centrali, originanti da una singola arteria spirale subendometriale. Il power Doppler è la tecnica meglio indicata per lo studio di questo tipo di vascolarizzazioni in quanto è in grado di rivelare flussi a velocità molto bassa e con direzione perpendicolare all’angolo di insonazione. Il suo utilizzo ha notevolmente migliorato la sensibilità diagnostica dell’ecografia nell’identificazione dei polipi. Timmermann ha sottolineato come l’utilizzo del power Doppler incrementi il valore predittivo positivo dell’USG TV portandolo a 81.3% per i polipi endometriali e al 94,2% per le altre patologie intracavitarie. Jakab ha riportato una detection rate per il feeding vessels di 0.97 nelle pazienti asintomatiche e di 0.91 nelle pazienti sintomatiche.

Il rilievo dei caratteristici pattern di vascolarizzazione delle lesioni intracavitarie, senza o con sonoisterografia, risulta in un alto detection rate delle lesioni endometriali focali, con l’effettiva possibilità di distinzione tra polipi e fibromi. Alcuni autori hanno sottolineato come dallo spettro Doppler del feeding vessels fosse possibile sospettare un’atipia indicando nel flusso a bassa resistenza un’alta predittività per polipo atipico. Un’irregolare diffusione della vascolarizzazione è indice altamente predittivo di carcinoma endometriale.

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FIBROMI UTERINI – I leiomiomi possono essere associati con l’infertilità a causa della difficoltà di attecchimento endometriale nei casi di miomi sottomucosi e dell’alta percentuale di aborti spontanei che colpisce le gravidanze di donne con leiomiomi 

Agli ultrasuoni il mioma appare come una formazione rotondeggiante, nettamente delimitata dai tessuti circostanti con ecogenicità variabile ipo-iperecogena. Per lo studio ecografico del mioma è utile un alto guadagno. Nei fibromiomi con marcata degenerazione la transonicità è simile a quella delle neoformazioni cistiche mentre la presenza di calcificazioni determina echi iperecogeni con cono d’ombra acustico posteriore. 

Il mioma sottomucoso si presenta come una formazione solida, rotondeggiante, con una ecogenicità simile al miometrio, più o meno omogeneo, in continuità con il miometrio stesso ma protrudente nella cavità endometriale, interrompendo l’interfaccia miometrio-endometrio. 

I miomi sottomucosi sono classificati secondo l’”European Society of Gynecologic Endoscopy” in: tipo 0 (mioma sottomucoso peduncolato senza estensione intramurale); tipo I (mioma sessile con una componente intramurale inferiore al 50%), tipo II (mioma con una componente intramurale superiore al 50%. 

Nella diagnosi differenziale dei fibromiomi, soprattutto quando di piccole dimensioni, rientrano i polipi endometriali, le raccolte di muco o i coaguli intracavitari. La vascolarizzazione studiata con power Doppler mostra, meglio se con l’ausilio della sonoisterografia, il pattern tipico del mioma sottomucoso con più vasi originanti dal miometrio stesso. Anche se i fibromi sono generalmente ben evidenziabili alla scansione USG con scala di grigi, i loro margini non sono sempre ben delimitati e possono quindi comportare dubbi diagnostici. In tal caso il ricorso al color doppler permette di evidenziare il letto vascolare che circonda il mioma, rendendo localizzazione e misurazione del mioma più accurate.

Nelle pazienti sottoposte a trattamento medico con Analoghi del GN-RH (Gn-RH-a) per ridurre le dimensioni del fibroma e il flusso di sangue prima della rimozione chirurgica o tentativo di fecondazione in vitro, si osserva un aumento dell’impedenza di circolo Ciò suggerisce che qualsiasi riduzione delle dimensioni del fibroma può essere correlato alla riduzione, ipoestrogenica mediata, del flusso sanguigno. 

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SINDROME DI ASCHERMAN

La sindrome di Asherman è definita come la presenza di sinechie permanenti intrauterine obliteranti parzialmente o completamente la cavità uterina. La più comune causa è la dilatazione e curettage in caso di aborto, con una incidenza riportata del 14 e 32% rispettivamente dopo 2 e 3 D&C con più del 50% di adesioni severe. Le donne infertili vengono spesso sottoposte a revisioni cavitarie multiple per abortività ripetuta. Da qui la necessità di prendere in considerazione questo tipo di ostacolo meccanico all’impianto, seppur di bassa incidenza. La sintomatologia clinica include alterazioni mestruali come ipo-amenorrea, infertilità, abortività ripetuta. Anche se alcuni autori hanno attribuito all’ecografia transvaginale una sensitività del 91% e una specificità del 100% nella identificazione di sinechie intrauterine, tale patologia è di difficile diagnosi ecografica. L’approccio isteroscopico ha apportato, invece, un rapido miglioramento nella diagnosi e nel trattamento delle obliterazioni parziali e totali. Ecograficamente nella sindrome di Asherman è possibile il rilevo di piccole aree fortemente iperecogene all’interno dell’endometrio, con possibili formazioni transoniche intracavitarie dovute all’accumulo di fluido. La mucosa endometriale può essere completamente assente o presente in aree irregolari di tessuto. La normale rima endometriale, pertanto, può presentarsi come una linea iperecogena più o meno regolare.

ECOGRAFIA 3D

L’ecografia tridimensionale ha apportato un significativo contributo allo studio della patologia endometriale benigna. Il piano coronale permette una visualizzazione più accurata e immediata delle lesioni intracavitarie, consentendo di valutarne il numero, la localizzazione e la base di impianto. Tra le applicazioni dell’ecografia tridimensionale sono di notevole ausilio alla diagnosi della patologia cavitaria sia l’applicazione “oblique” che la tecnica multislice. L’oblique consente, partendo da un piano, attraverso la determinazione di una finestra arbitraria, di ottenere un diverso piano di scansione contemporaneamente a quello di base; la tecnica “multislice” permette di rappresentare il volume acquisito con fette di scansione sequenziali ogni 4 mm. 

Nell’iperplasia endometriale lo studio del volume dell’endometrio con tecnica 3D rispetto alla convenzionale ecografia bidimensionale, si è mostrato maggiormente accurato. Il volume endometriale calcolato con tecnica VOCAL (Virtual Organ Computer Aided Analysis) è altamente riproducibile, soprattutto utilizzando piccoli angoli di rotazione. Alcuni autori raccomandano un angolo di 9°. La tecnica VOCAL permette la misurazione del volume endometriale mediante rotazione sui piani longitudinale, traverso e coronale. Il piano coronale è usualmente proposto per la misurazione del volume endometriale, sebbene su modelli in vitro non siano state apprezzate differenze tra il piano coronale e il traverso.

La 3D Power Doppler angiografia (3D-PDA) permette la quantificazione del flusso ematico totale dell’organo mediante l’analisi del segnale power Doppler, integrando automaticamente tre tipi di indici. L’indice di vascolarizzazione (VI) misura il numero di voxel colore in un volume. È espresso in percentuale e quantifica la densità vascolare. L’indice di flusso (FI) corrisponde al valore medio del colore in un voxel colore; indica l’intensità media del flusso di sangue ed è espressa da un numero intero da 1 a 100. L’indice di vascolarizzazione-flusso (VFI) è il valore medio del colore in tutti i voxel nel volume; esso rappresenta pertanto sia la vascolarizzazione che il flusso, indicando la perfusione del tessuto. Anche questo parametro è espresso da un numero interno tra 0 e 100. Questi indici si sono mostrati abbastanza riproducibili nella valutazione del flusso endometriale e subendometriale. L’indice di flusso si è mostrato più sensibile nella diagnosi di iperplasia endometriale che di carcinoma.

Nell’ambito della patologia uterina le malformazioni mulleriane rappresentano una causa importante, ma quasi sempre trattabile di infertilità. Dopo la sesta settimana di sviluppo embrionario, i due condotti paramesonefrici si fondono per formare il canale uterino, che include l’utero ed i quattro quinti prossimali della vagina. Inizialmente separati da un setto, alla nona settimana i dotti paramesonefrici si fondono a partire dal margine caudale, formando un unico canale utero-vaginale. La regressione del setto è il risultato dell’apoptosi mediata dal gene BC12. L’assenza di tale gene, o la sua mancata espressione, causerebbero un’alterazione di tale processo con persistenza del setto e doppia vagina. Alla dodicesima settimana l’utero normoconformato assume la sua caratteristica configurazione. La duplicazione dell’utero risulta, invece dalla mancata fusione dei dotti paramesonefrici che può essere localizzata o riguardare tutta l’estensione degli stessi, configuarando quadri variabili dall’utero arcuato all’utero didelfo. L’utero setto e l’utero bicorne rappresentano comunque le forme più frequenti di anomalie mulleriane. Le malformazioni uterine possono essere diversamente classificate. In base all’eziopatogenesi, come riportato dall’American Fertility Society nel 1998, distinguiamo:

  • agenesia, utero unicorne senza corno rudimentario, per mancato sviluppo di uno o più dotti di Muller.
  • utero unicorne con corno rudimentario senza propria cavità, per fallimento nella canalizzazione dei dotti.
  • utero didelfo, utero bicorne, per mancata o anomala fusione dei dotti mulleriani.
  • utero setto, utero arcuato, per mancato riassorbimento del setto uterino mediano.

Tutte queste malformazioni giocano un ruolo di primo piano nell’ambito dell’infertilità, ostacolando o addirittura impedendo la fecondazione e l’eventuale impianto dell’embrione, con un’incidenza nella donna infertile che oscilla dal 5 al 10%. L’utero setto nelle sue varie forme rappresenta la patologia con maggiore frequenza, (42,1%) con un’incidenza nella popolazione generale di circa il 2% e del 9-30% nelle pazienti affette da abortività ripetuta. L’utero setto influenza negativamente il decorso della gravidanza attraverso tre meccanismi: la riduzione del volume della cavità uterina, l’insufficienza cervico-istmica e l’insufficiente apporto vascolare nella sede dell’impianto. Fedele ha dimostrato, attraverso studi di microscopia elettronica, che la presenza del setto ostacola l’annidamento e lo sviluppo di una gestazione a causa della sua notevole componente fibroelastica che impedisce all’endometrio che riveste il setto di raggiungere una maturità adeguata a favorire lo sviluppo della blastocisti. Le pazienti infertili con anomalie mulleriane annoverano, oltre all’abortività ripetuta del primo trimestre, una serie di patologie che vanno dal ritardo di crescita intrauterino, al parto pretermine, alle presentazioni anomale, e, non ultima, alla ritenzione placentare. La valutazione della cavità uterina assume, quindi, un ruolo di fondamentale importanza nello studio della coppia infertile.

Di pari passo con i progressi della chirurgia endoscopica, le recenti acquisizioni in termini di imaging ecografico transvaginale  tridimensionale sembrano aprire nuovi sviluppi nello studio di tali patologie.

Le tecniche diagnostiche con cui è possibile indagare la morfologia uterina sono molteplici, dall’ecografia alla risonanza magnetica. L’isterosalpingografia è stata considerata per anni l’esame diagnostico di prima scelta, tuttavia numerosi studi presenti in letteratura hanno dimostrato i limiti di tale tecnica che non permette una diagnosi differenziale tra utero setto e bicorne. Le tecniche ecografiche a disposizione per lo studio della patologia malformativa uterina sono: l’ecografia 2D transaddominale (TA) e transvaginale (TV), l’ecografia 3D, TA e TV, il Color e Power Doppler, 2D e 3D per via transvaginale, la sonoisterografia (SIS). 

Kupesic nel 2001 ha paragonato l’ecografia TV, TV CD, SIS e 3D TV, attribuendo alla SIS e alla 3D TV specificità e valore predittivo positivo del 100% nella diagnostica della patologia malformativa uterina. Sylvestre nel 2003 ha assegnato alla SIS 2D e 3D sensibilità del 98% e specificità del 100%. Tuttavia rimane il problema della diagnosi differenziale tra l’utero setto e l’utero bicorne. Nell’utero bicorne ogni corno ha la propria cavità, col proprio endometrio, miometrio e sierosa; nell’utero setto, invece, c’è una fusione delle due componenti miometriali e un regolare, o quasi, profilo del fondo. L’importanza della diagnosi differenziale delle malformazioni uterine è legata alla possibilità di trattare le pazienti con utero setto affette da infertilità con intervento di metroplastica per via isteroscopica, incidendo in maniera significativa sulla diminuzione della percentuale di aborti spontanei e parti pre-termine e aumentando il pregnancy rate. L’identificazione di questi difetti dipende dalla capacità delle tecniche di imaging di visualizzare in maniera adeguata la superficie del fondo dell’utero. Secondo Pellerito, la diagnosi differenziale tra utero setto e utero bicorne è formulabile in base alla profondità della depressione uterina presente sul fondo uterino che, se superiore ad 1 cm, deporrebbe per l’utero bicorne, se inferiore ad un 1 cm, deporrebbe per l’utero setto. In tal caso una scansione a vescica piena potrebbe essere d’aiuto. Parimenti la diagnosi differenziale tra utero arcuato e utero subsetto potrebbe essere formulabile in base all’ampiezza dell’angolo della struttura intracavitaria che, se acuto, deporrebbe per l’utero subsetto, oppure, se ottuso, deporrebbe per l’utero arcuato.

Diversi studi hanno dimostrato che l’ecografia transvaginale tridimensionale è in grado di migliorare la sensibilità dell’ecografia. Già nel 1997 Wu et al. attraverso uno studio prospettico condotto su 40 pazienti con anamnesi di aborti ripetuti e infertilità, ha affermato che con l’USG 3D l’utero setto e il bicorne potevano essere diagnosticati correttamente nel 92% e nel 100% dei casi rispettivamente, utilizzando l’isteroscopia e/o la laparoscopia come conferma diagnostica. Alborzi, nel 2002, ha proposto una diagnosi differenziale tra utero setto e utero bicorne mediante infusione di liquido libero in peritoneo tramite SIS per definire il contorno uterino. La possibilità di rappresentazione del piano coronale è la vera grande rivoluzione ecografica dell’ecografia tridimensionale. Poter osservare un utero malformato sul piano coronale aiuta nella comprensione della condizione, nel paragone delle due emicavità, nel rapporto tra queste e la regione cervicale. Tuttavia resta ancora controversa, nella pratica clinica, la diagnosi ecografica differenziale tra utero setto e utero bicorne nei casi in cui resta non valutabile il fondo uterino. Un ambito finora inesplorato è stato la differenza in termini di vascolarizzazione tra utero setto e utero bicorne. In questo campo dal 2004 si è mossa la nostra esperienza. In uno studio preliminare condotto su 10 pazienti con utero bipartito, l’ecografia transvaginale 2D mostrava al Power Doppler in sei pazienti un particolare tipo di vascolarizzazione intercavitaria con singolo vaso mediano, mimante la lettera greca gamma. In queste sei pazienti la laporoscopia ha diagnosticato un utero bicorne. Nelle altre quattro pazienti la vascolarizzazione mediana intercavitaria appariva “arrangiata”; la laparoscopia e l’isteroscopia hanno confermato un utero setto. Il segno denominato gamma sign”, derivante dalla fusione di due rami delle arterie uterine, è stato pertanto ritenuto probante di utero bicorne. Dal 2004 ad oggi è continuata questa ricerca al fine di convalidare il segno ecografico capace di diagnosi differenziale tra utero setto e bicorne.

CONCLUSIONI: l’ecografia ginecologica ha contribuito notevolmente alla comprensione, identificazione, la diagnosi, il trattamento e la gestione di numerose patologie della sterilità. L’introduzione della scansione endovaginale, l’uso del doppler colore o duplex ha  rappresentato un salto di qualità nella nostra capacità di indagine. 

OVAIO

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