Ultimo aggiornamento 17/07/2023
L’ecografia mammaria è un esame diagnostico per immagini, che consente lo studio anatomico e strutturale della mammella. L’esame ecografico della mammella deve essere effettuato con sonda a elevata frequenza e multifrequenza (7-17MHz).
L’esame ecografico della mammella si è dimostrato particolarmente utile ed affidabile nello studio delle alterazioni benigne della mammella (malattia fibrocistica, fibroadenomi, patologia flogistica, dilatazioni dei dotti galattofori) in particolare qualora dette alterazioni si manifestino in mammelle mastosiche ad alta componente ghiandolare o in quadri di seno denso giovanile.
Nella maggior parte dei casi, l’ecografia mammaria non è un’indagine alternativa alla mammografia e i due esami sono ritenuti complementari. Nella diagnostica senologica, l’esame ecografico è più adatto a valutare le lesioni neoplastiche benigne, a differenziare formazioni cistiche da quelle solide e a studiare i tessuti mammari densi (in cui la componente ghiandolare è prevalente) delle donne giovani. L’ecografia mammaria tende a “coprire” il 10-20% di falsi negativi che si presentano nello screening effettuato con la sola mammografia.
Nel settembre 2012, la US Food and Drug Administration ha approvato il primo sistema a ultrasuoni, il somo-v automatizzato Breast Ultrasound System (ABUS), per lo screening del cancro della mammella in combinazione con la mammografia specificamente per le donne con tessuto mammario denso. ABUS è indicato per le donne con una mammografia negativa, nessun sintomo del cancro al seno e nessun intervento precedente (chirurgia o biopsia).
ESAME STANDARD: si osserva anzitutto la forma delle lesioni scansionate (rotonda, ovalare, irregolare); i margini (netti, regolari, maldefiniti, irregolari); struttura interna (transonica, anecogena, iperecogena, omogenea, disomogenea); echi posteriori (rinforzati in caso di cisti, attenuati o assenti in caso di formazioni solide); comprimibilità (presente, assente); vascolarizzazione (assente, periferica, centrale, periferica e centrale); ecostruttura tessuti circostanti (conservata, accentuata, alone iperecogeno); diametri (<1 cm, >2 cm); calcificazioni (assenti, presenti); estensione duttale (assenti, presenti); modello Branch (assente, presente)
Sonoelastografia
L’elastosonografia è una tecnica di imaging ecografica che fornisce informazioni relative alla elasticità dei tessuti e che può essere utilizzata nella pratica clinica basandosi sul presupposto che i processi patologici, come il cancro, inducono modificazioni della caratteristiche fisiche dei tessuti patologici.
Il presupposto di base è la rigidità e la consistenza delle formazioni tumorali e la maggiore elasticità delle lesioni benigne. L’elastografia, potrebbe ridurre i falsi positivi e la richiesta di procedure interventistiche incrementando la specificità (valore predittivo negativo per tumore). L’acquisizione elastografica utilizza una scala cromatica che varia dal blu intenso per le lesioni più rigide al rosso-verde per le lesioni elastiche e quindi benigne.
Eco-color doppler. È un’applicazione che permette di studiare accuratamente i vasi sanguigni che alimentano il nodulo mammario. La visualizzazione di vascolarizzazione irregolare, centrale o penetrante all’interno di una massa solida solleva il sospetto di neovascolarizzazione maligna. Arteria e vena con andamento parallelo sono descritte come una caratteristica affidabile nel prevedere la benignità delle masse esaminate.
Guida ecografica: è utilizzata nelle procedure di ago-aspirazione e biopsia mirata, rispettivamente per l’esame citologico e istologico della lesione ritenuta sospetta.
FNA (Fine Needle Aspiration): Agoaspirazione ecoguidata con ago sottile (21-23 G) mandrinato. Consente lo svuotamento delle cisti mammarie con risultati alcune volte definitivi e consente inoltre l’esame citologico delle cellule presenti nel liquido cistico e il dosaggio degli ormoni intracistici quali l’estradiolo, il progesterone, la prolattina, β-TGF, TSH, GH, Insulina.
“Core biopsy” o “tru-cut”: agobiopsia utilizzando aghi trancianti ” a ghigliottina, hollow needle, del diametro di 11G, multifori. E’ possibile ottenere, oltre al liquido cistico, anche frustoli di tessuto per l’esame istologico. Può essere eseguita in anestesia locale o generale se la paziente mostra scarsa compliance per l’intervento (14-15). Si pratica una minuscola incisione cutanea attraverso la quale avviene l’introduzione dell’ago ecoguidato.
Per eseguire l’ecografia mammaria, la paziente viene invitata a sdraiarsi su un lettino con il torace scoperto e con le braccia alzate, ponendo le mani dietro alla testa. Successivamente, l’ecografista appoggia la sonda a ultrasuoni prima su una mammella e poi sull’altra e, scorrendo lentamente con movimenti perpendicolari e a raggiera su tutta la superficie da esaminare, comincia ad acquisire le immagini relative al tessuto mammario, che vengono visualizzate sul monitor.
Cancro mammario: ultrasonografia
Fibroadenoma mammario: alla scansione ecografica il fibroadenoma appare come un nodulo ovoidale a maggior asse trasversale, solido, ad ecostruttura omogenea, a bassa ecogenicità ma lievemente iperecogeno rispetto al tessuto adiposo circostante, con rinforzo della parete posteriore modesto o assente, a margini netti e regolari. A volte si può osservare un rinforzo periferico che può mimare una pseudocapsula. Tuttavia, questo aspetto non è caratteristico di tutti i fibroadenomi. Al color-doppler assenza di neovascolarizzazione intra e perinodulare. Tessuto adiacente normale. La dimensione della lesione è misurata in 3 dimensioni: latero-laterale e antero-posteriore nelle scansioni longitudinali e diametro antero-posteriore massimo nelle scansioni trasversali. Il volume della lesione è calcolato sulla base di queste misurazioni utilizzando la formula per gli elissoidi (π/6 x diametro longitudinale x diametro anteroposteriore x diametro trasversale).
- Le microcalcificazioni globalmente sono visibili nel 10% dei casi. Ricordo che le microcalcificazioni appaiono nel 23% di tutte le ecografie mammarie e nel 69% dei casi in cui è presente un nodulo.
Adenosi: condizione benigna caratterizzata dall’allargamento dei lobuli del seno. L’adenosi può produrre un nodulo che sembra una cisti o un tumore. Può essere accompagnata dalla comparsa di calcificazioni su una mammografia.
Mastite: infezione del seno, spesso accompagnata da arrossamento, gonfiore e dolore. A volte può essere difficile distinguere tra mastite e cancro al seno infiammatorio, che di solito inizia con arrossamento e un’eruzione cutanea, piuttosto che un nodulo.
Ductectasia: condizione benigna in cui i dotti galattofori si ostruiscono e si gonfiano, causando spesso una secrezione grigiastra. Può causare un piccolo nodulo appena sotto il capezzolo o può causare la retrazione del capezzolo verso l’interno. Si verifica più comunemente intorno all’età della menopausa.
Necrosi lipoidea: Quando il seno viene danneggiato da un intervento chirurgico o da un trauma, può svilupparsi tessuto cicatriziale. Può verificarsi necrosi del tessuto adiposo, che alla palpazione viene apprezzato come un nodulo duro. La necrosi lipoidea può causare secrezione mammaria e deformazione del capezzolo e della cute periareolare. Si crea così una situazione clinica ed ecografica simile al cancro ed è necessaria una biopsia per capire la differenza.
Cisti dell’olio: Le cisti di olio al seno sono sacche piene di liquido molto simili a un lipoma, sieroma, ematoma e soprattutto alle normali cisti mammarie sierose; ma le cisti dell’olio sono generalmente racchiuse parzialmente o totalmente dal calcio, ciò che manca nelle cisti. Causate dalla rottura del tessuto adiposo, possono insorgere spontaneamente o, più spesso, dopo un intervento chirurgico mammario o mastopessi additiva con innesto di tessuto adiposo autologo (10). Sono chiamate cisti dell’olio perché contengono una forma liquida di grasso corporeo. Sebbene le cisti dell’olio al seno non diventino cancerose e non aumentino il rischio di sviluppare il cancro al seno, possono verificarsi in associazione con il cancro sottostante. Possono essere lasciati o aspirati .
Altri noduli benigni: includono amartomi, ematomi mammari, emangiomi, adenomioepiteliomi e neurofibromi.
Noduli benigni e rischio di deviazione neoplastica: Le donne che avevano una storia di malattia mammaria benigna hanno maggiori probabilità di sviluppare il cancro mammario rispetto a quelle che non hanno mai avuto alcuna malattia mammaria.
References:
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