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Ca. duttale in situ (DCIS)

Da dottvolpicelli

Il DCIS è una forma iniziale di tumore al seno (detto anche precanceroso, pre-invasivo) intraduttale: le cellule tumorali si sviluppano all’interno dei dotti, “in situ”,  senza oltrepassare la membrana basale che resta intatta;  non si estendono al di fuori del dotto o del lobulo nel tessuto circostante o in altre parti del corpo (1-5).

FREQUENZA: rappresentano il 20% di tutte le neoplasie mammarie.

DIAGNOSI –

Sintomatologia: Nella maggior parte dei casi non ci sono sintomi. In alcuni casi la paziente può notare un nodulo, una secrezione dal capezzolo, o, più raramente, un arrossamento dell’areola e/o del capezzolo caratteristici della m. di Paget.

Mammografia: non essendoci di solito sintomi, nella maggior parte dei casi il DCIS viene scoperto solo in occasione di una mammografia. Questa è la ragione per cui il DCIS è diagnosticato più spesso da quando sono iniziati i programmi di screening mammario: rappresenta infatti circa il 20% di tutte le diagnosi nei programmi di screening ed  è passato da meno del 5% fino ad una quota del 15-30% di tutti i carcinomi.
Può esserci un DCIS quando nella mammografia sono presenti microcalcificazioni che appaiono come piccole ed irregolari aree iperriflettenti.possono osservarsi (5-18).

USG: l’esame è eseguito con sonda lineare da 12 MHz con la paziente in decubito laterale se le lesioni sono laterali o molto posteriori. Tutte le lesioni sono state riprese in piani ortogonali (tipicamente radiali e antiradiali). L’imaging nel piano radiale consente la valutazione delle anomalie duttali, mentre l’imaging nel piano antiradiale aiuta l’analisi dei margini. Nel 90% dei casi si evidenzia una singola area nodulare del diametro di 2 cm circa ( range 1-11 cm) ipoecogenica rispetto al tessuto adiposo circostante, a bordi netti e ipercogenici (fibrosi periduttale). La valutazione Color-Doppler è utile per rilevare la vascolarizzazione anomala perifocale (20-26).

Nel 45% dei casi di DCIS possono osservarsi piccole aree iperecogene lamellari, del diametro di medio di 0.5 cm, che corrispondono a microcalcificazioni a carico dei prolungamenti citoplasmatici delle cellule duttali che sporgono nel lume. Le microcalcificazioni possono anche rappresentare l’unico reperto ecografico (o mammografico) del DCIS. La risoluzione USG per le calcificazioni, dell’ordine di 200-500 μm, è inferiore alla risoluzione 50-100-μm della mammografia (27-31).

microcalcificazioni

La posizione delle lesioni è specificata dalla posizione sul quadrante di un orologio e dalla distanza dal capezzolo. 

L’elastografia, che indica la rigidità del tessuto misurando tensione del tessuto o spostamento con eccitazione meccanica, può essere utilizzata nella valutazione USG del DCIS non calcificato. Tuttavia, data la sovrapposizione dei valori di elasticità per le lesioni benigne e maligne, l’elastografia deve essere utilizzata solo in combinazione con USG B-mode. L’aggiunta dell’elastografia all’analisi delle caratteristiche in modalità B può aumentare la specificità degli US (31-34).

La biopsia ecoguidata con ago centrale è eseguita con un ago da 12 o 14 gauge con un dispositivo per biopsia a molla, o, più raramente, con un dispositivo per biopsia con vuoto da 12 gauge (24-34).

RMN: In alcuni casi è utile eseguire una risonanza magnetica che riesce a identificare noduli anche molto piccoli: identifica il tumore primario nel 70-86% dei casi di cancro mammario occulto. La RMN inoltre permette di meglio definire  noduli e dilatazioni duttali e relative estensioni permettendo così di programmare in modo ottimale il trattamento successivo.

Non sostituisce la mammografia come indagine di screening per la diagnosi di ca. mammario perchè gravato da un elevato tasso di falsi positivi identificando come lesioni neoplastiche formazioni che non lo sono; inoltre non riconosce le microcalcificazioni con l’esattezza della mammografia (35-43).    La RMN mammaria come metodica di screening in aggiunta alla mammografia e alla visita senologica è dunque indicata soltanto per donne con aumentato rischio di tumore al seno o con caratteristiche anatomiche che rendono poco efficaci i tradizionali strumenti diagnostici. In particolare viene consigliata alle donne con:

  • mutazione dei geni Brca 1 e Brca 2;
  • rischio aumentato di ca. mammario, calcolato con appositi modelli predittivi che tengono conto di numerosi fattori (età, esposizione alle radiazioni prima dei 15 anni, storia ormonale, stili di vita, etc.);
  • storia personale di carcinoma duttale in situ, lobulare in situ, iperplasia duttale atipica, iperplasia lobulare atipica;
  • carcinoma lobulare invasivo, che è difficile da valutare sulla mammografia.
  • mammelle particolarmente dense.

 

BIOPSIA: per arrivare a una diagnosi definitiva è comunque necessaria una biopsia. In base alla situazione sono possibili diversi tipi di biopsia (ampiamente descritti altrove):

  1. In caso di un nodulo si esegue un esame citologico e istologico con tecniche bioptiche varie
  2. In caso di secrezione dal capezzolo si esegue un esame citologico
  3. In caso di micro-calcificazioni o sospetta lesione o lesioni piccole, non pal pabili   o alterazioni dell’architettura mammaria (distorsioni parenchimali), si si ricorre ad un  sistema elaborato nel 1995 e chiamato Mammotome capace di eseguire una biopsia VABB (Vacuum Assisted Breast Biopsy). L’esame si effettua ambulatorialmente, previa anestesia locale e piccola incisione della cute, mediante introduzione di un ago di calibro 11G o 14G.  Il sistema è costituito da un tavolo radiologico dedicato (tavolo di Fischer) e da un sistema di puntamento radiologico dell’ago, assistito da un computer per la localizzazione della lesione da esaminare. Questo permette di avere una maggiore precisione nell’operazione di inserimento dell’ago, perché è il sistema computerizzato con misurazioni precise (biopsia stereotassica) a valutare profondità e posizione dell’ago.  Grazie all’effetto aspirativo il tessuto viene attratto verso la finestra contenuta nella parte distale dell’ago e grazie alla rotazione a 360° il tessuto viene  tagliato e trascinato nella camera di prelievo posta all’estremità dell’ago.I rischi associati alla procedura includono sanguinamenti eccessivi, dolore, comparsa di ecchimosi o tumefazione che si possono ridurre con impacchi freddi dopo l’intervento (44-61).                 
 

CLASSIFICAZIONE DCIS

Le cellule tumorali vengono classificate, al microscopio, in base al loro grado di differenza dalle normali cellule mammarie e alla loro velocità di crescita (62-66).

In questo modo il DCIS viene diviso in grado basso (Grado 1 o DCIS1), intermedio (Grado 2 o DCIS2) o alto (Grado 3 o DCIS3).

DCIS1 – Questa è la neoplasia intraduttale ben differenziato.

  1. le cellule mantengono una certa direzione di crescita, sono perpendicolari all’asse maggiore del tubulo (o della membrana basale).
  2. Le cellule hanno un aspetto colonnare, sporgono nel lume, ma non perdono la polarità.
  3. le cellule tubulari proliferano fino a formare dei ponti e delle micropapille che si fondono fra loro e il lume del tubulo sembra bucherellato (cribriforme).
  4. Gli spazi all’interno di questi fori possono contenere delle proteine e dei cristalli di idrossiapatite. Sono relativamente circolari, hanno dei contorni regolari e le cellule che delimitano i fori si dispongono perpendicolarmente, quindi la forma diventa simile a un ponte romano. Questa disposizione delle cellule rispetto al foro permette di diagnosticare il carcinoma intraduttale in situ ben differenziato anche nelle situazioni più difficili.

DCIS1

Neoplasia intraepiteliale duttale di grado 2 (DCIS1)

È il carcinoma duttale in situ moderatamente differenziato con le seguenti caratteristiche:

  1. Le atipie cellulari e nucleari sono maggiori rispetto a DCIS1,
  2. L’ordine di crescita delle cellule è alterato,
  3. La polarizzazione (disposizione) cellulare è parziale,
  4. Aumentano le mitosi (divisione cellulare),
  5. Può comparire al centro un’area di necrosi.
  6. Sono frequenti le microcalcificazioni senza una forma definita o laminari nell’area centrale.
  7. Il dotto si riempie completamente di cellule.

DCIS2

Neoplasia intraduttale in situ di grado 3

È il carcinoma duttale in situ scarsamente differenziato con le seguenti caratteristiche:

  1. Le atipie cellulari molto più marcate,
  2. Le cellule hanno quasi del tutto perduto la loro polarità (disposizione),
  3. I nuclei appaiono più grandi, in grado di modificare la forma, molto irregolari e all’interno si possono vedere dei nucleoli grandi.
  4. Nella parte centrale del dotto compare un’area di necrosi comedonica  a causa dell’apporto insufficiente di ossigeno alle cellule epiteliali del dotto che proliferano velocemente.
    Su queste cellule si formano delle calcificazioni distrofiche grossolane e amorfe.

            DCIS3

Il DCIS viene anche diviso in due tipi in base alla modalità di crescita all’interno del dotto:

  1. “comedonico” quando è composto da grandi cellule di forma irregolare, con elevata proliferazione e necrosi  della parte centrale del dotto.
  2. “non-comedonico”, detto anche cribriforme/micropapillare, composto da cellule più piccole, di forma regolare, privo di necrosi.

Evoluzione: se il DCIS non viene curato le cellule cancerose nell’1% dei casi, possono diffondersi  al di fuori del dotto nel tessuto circostante o in altre parti del corpo e diventare un carcinoma duttale invasivo.

L’esame istologico di un DCIS deve comprendere, come per i tumori invasivi:

  • l’esame dei recettori ormonali a cui si legano estrogeni  e progesterone  che stimolano le cellule tumorali a crescere
  • il recettore per HER2
  • l’indice di proliferazione Ki67 o MIB1

Queste informazioni possono aiutare a scegliere la terapia più appropriata.

TERAPIA

Lo scopo del trattamento è asportare chirurgicamente in modo completo il DCIS per evitare che si riformi o possa diventare un tumore duttale invasivo se non viene curato. In ogni caso, a volte da un DCIS non si sviluppa in carcinoma invasivo o la crescita è così lenta da non rappresentare un problema per tutto il resto della vita.  Questo è particolarmente importante nelle persone anziane. È impossibile attualmente prevedere nella singola paziente quale sarà il comportamento futuro: il tipo di DCIS (comedonico), il grado (Grado 3) e le dimensioni possono essere d’aiuto ma non c’è modo di stabilire con certezza in quali casi il DCIS potrebbe diventare un carcinoma duttale invasivo se non curato. Per questa ragione viene di solito raccomandato un trattamento, che a volte potrebbe non essere necessario.

Chirurgia

La chirurgia è il primo trattamento del DCIS; quasi sempre è sufficiente un intervento conservativo come tumorectomia o quadrantectomia seguito da radioterapia.
Si  attorno asporta il tessuto mammario neoplastico compreso un margine di tessuto sano di almeno 2 cm attorno alla parte interessata dal DCIS. In alcuni casi può essere consigliata una mastectomia.

La scelta tra i diversi tipi di intervento dipende da molti fattori  come le dimensioni e la sede del DCIS e le dimensioni della mammella.  Una mastectomia  è di solito raccomandata se non è stato possibile ottenere un margine di tessuto sao adeguato dopo un intervento conservativo (67-70).

Bisogna localizzare la sede occupata dal DCIS prima di un intervento chirurgico conservativo per identificare esattamente la zona da rimuovere. Sotto guida ecografica o Rx viene inserito un filo radiopaco nell’area da asportare. La procedura viene effettuata, in anestesia locale, il giorno prima o il giorno stesso dell’intervento, e dura circa 30 minuti.

Se viene  proposta una mastectomia, di solito l’intervento di ricostruzione può essere eseguito nella stessa seduta della mastectomia oppure in un secondo tempo (60-71).

Linfadenectomia ascellare: nel DCIS le cellule tumorali non si estendono al di fuori del dotto nel tessuto circostante o in altre parti del corpo. Per questa ragione abitualmente non è necessario rimuovere ed esaminare i linfonodi ascellari, come invece è richiesto in caso di carcinoma invasivo. Invece in caso di mastectomia è utile esaminare il  linfonodo sentinella.

In alcuni casi di DCIS, il patologo identifica all’esame istologico anche delle aree di tumore duttale invasivo. In questo caso il trattamento successivo sarà diverso e potrà essere necessario esaminare il linfonodo sentinella. Questa è la ragione per cui in caso di mastectomia è utile procedere direttamente all’analisi del linfonodo sentinella; dopo una mastectomia  infatti tecnicamente non è più possibile eseguire una biopsia del linfonodo sentinella (71-87).

Dolore post-chirurgico

 il 33% delle pazienti riporta dolore in generale, e il 12% riporta dolore da moderato a severo nell’area interessata dall’intervento;
– circa un terzo delle pazienti riporta disturbi sensoriali come formicolio (32%), intorpidimento (37%) e prurito doloroso (30%);
– il 20% riporta ansia, il 6% depressione e l’11% distress.
Il dolore non deve mai essere accettato come una sequela inevitabile della chirurgia, e anche i sintomi sensoriali richiedono un approccio terapeutico adeguato.

Ulteriori trattamenti

Dopo l’intervento possono essere indicati ulteriori terapie di prevenzione (dette terapie adiuvanti o precauzionali) come la radioterapia, la terapia endocrina e la chemioterapia.

Radioterapia

La radioterapia è di solito raccomandata dopo un intervento conservativo per ridurre il rischio che il DCIS si riformi nella stessa mammella. Sono in corso studi clinici  per valutare la dose adeguata di radioterapia in questo tipo di tumore. La radioterapia non è utile dopo una mastectomia (88-94).

Terapia endocrina

I benefici della terapia endocrina nel DCIS sono molto meno consistenti che nel carcinoma duttale invasivo.

  • Tamoxifene (Nolvadex® cpr 10, 20 mg):  è al momento attuale l’unica terapia endocrina precauzionale approvata dalla FDA nel 2000 e che ha dimostrato di essere efficace nel DCIS. Il tamoxifene  blocca i recettori ormonali a cui si legano gli estrogeni che esercitano un’azione mitogena e proliferativa. Viene prescritto sia alle pazienti in premenopausa che a quelle in menopausa. Il trattamento prevede la somministrazione di 20-40 mg/die di TMX per almeno 5 anni. Recenti evidenze hanno dimostrato come il tamoxifene possa ridurre i livelli ematici di colesterolo totale, ed in particolare delle LDL,  preservando al contempo il mantenimento della densità minerale ossea, risultando così protettivo nei confronti di patologie cardiovascolari e osteoporotiche.  (95-98).
  • Anastrazolo (Anastrazolo Sandoz® cpr 1 mg): rappresenta una valida opzione per le donne in post-menopausa con DCIS ER-positive. La scelta tra questo farmaco e il tamoxifene probabilmente dipenderà soprattutto dalla presenza di precedenti patologie (come osteoporosi e trombosi venosa) dalla tollerabilità del TMX piuttosto che dalla differenza in termini di efficacia (99).
    Se nel DCIS non sono stati trovati i recettori ormonali, la terapia endocrina non viene consigliata perché non porterebbe alcun beneficio, anzi esporrebbe la paziente ad un’aumentata incidenza di neoplasie mammarie.
  • Inibitori dell’aromatasi (letrozolo, Femara® cpr): sono in corso studi clinici per meglio valutare l’efficacia degli inibitori dell’aromatasi nel DCIS. Al momento attuale gli inibitori dell’aromatasi si sono dimostrati efficaci e sono prescritti solo in caso di carcinoma invasivo della mammella. Il rationale del trattamento con AI consiste nel fatto che, contrariamente a quanto avviene nelle donne in età fertile, nelle quali la maggior parte degli estrogeni è prodotta dalle ovaie, nelle donne in menopausa, in seguito alla cessazione dell’attività ovarica, la sintesi degli estrogeni è legata all’attività dell’aromatasi che converte l’androstenedione di origine surrenalica in estrone. Pertanto bloccando l’azione di questo enzima è possibile ridurre drasticamente i livelli di estrone con conseguente beneficio nel trattamento dei tumori correlati alla concentrazione plasmatica estrogenica (100-126).
    • terapia biologica mirata: nel DCIS può essere presente sulla superficie delle cellule tumorali il recettore HER2 (o Cerb-B2) che stimola la mitosi delle cellule tumorali. In caso di HER-2 negativo, la prognosi è favorevole. La positività di solito è registrata come “3+” o “+++” mentre la negatività è registrato come “0”, “negativo” oppure “+” o “++”. Nelle forme non invasive di tumore mammario come il DCIS al momento non vi è alcun dato che suggerisca un beneficio con una terapia biologica mirata (terapia a bersaglio) con Trastzumab. Il trastuzumab, comunemente noto con il nome commerciale di Herceptin® fl ev 600 mg/5 ml, è una sostanza che appartiene alla classe di farmaci antitumorali che prendono il nome di anticorpi monoclonali. Il trastuzumab è indicato per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma mammario metastatico (MBC) HER2 positivo; è indicato nel trattamento di pazienti adulti con carcinoma mammario in fase iniziale (EBC) HER2 positivo. Gli anticorpi monoclonali sono sostanze sintetiche, prodotte in laboratorio, in grado di distruggere alcuni tipi di cellule tumorali limitando al minimo il danno per le cellule sane. La loro funzione è quella di riconoscere determinate proteine (recettori) presenti sulla superficie di alcune cellule tumorali. Quando l’anticorpo monoclonale riconosce la presenza del recettore sulla superficie della cellula tumorale, vi si aggancia.  In questo modo stimola il sistema immunitario dell’organismo ad aggredire le cellule neoplastiche e può anche indurre queste ultime ad autodistruggersi, oppure blocca il recettore impedendogli di legarsi a una proteina diversa che stimola la crescita delle cellule neoplastiche.  In particolare, il trastuzumab agisce interferendo con una delle modalità di crescita e divisione delle cellule del carcinoma mammario. Allo stato attuale sembra che solo uno su cinque (20%) casi di tumore della mammella sia sensibile a questo farmaco.Il fattore di crescita umano dell’epidermide è una proteina prodotta naturalmente dal corpo umano, che in alcuni casi si attacca al recettore HER2 (o CerbB2) sulla superficie delle cellule neoplastiche. Questo legame stimola la moltiplicazione delle cellule neoplastiche. Il trastuzumab blocca tale azione per competizione recettoriale, si attacca alla proteina HER2, impedendo in tal modo al VEGF legarsi al recettore.  Il Trastuzumab si somministra per infusioni endovenose settimanali.   Se il trattamento è in combinazione con paclitaxel, questo viene somministrato secondo il protocollo standard, di solito settimanale (127-181).

Dieta, life style e prevenzione:  il World Cancer Research Fund consiglia di evitare il fumo, alcool, sovrappeso e obesità, svolgere attività fisica aerobica per almeno 30 minuti al giorno ma possibilmente  tutti i giorni senza interruzioni,  limitare il consumo di carni rosse ed insaccati, limitare bevande gasate e zuccherate, dieta ricca di legumi e verdure.

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