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Gravidanza protratta (pretermessa)

Da dottvolpicelli
Definizione: gravidanza protratta (o pretermessa) viene generalmente definita una gestazione di durata superiore a 42 w  (294 giorni) dalla data dell’ultima mestruazione.
Frequenza: varia dal 3.5 al 17% di tutte le gravidanze.
Diagnosi differenziale: con la gravidanza ritardata che sarebbe la conseguenza di un annidamento differito dell’uovo; con  la gravidanza ad ovulazione procrastinata talora fin verso il 27° giorno; con  la gravidanza rallentata, nella quale i processi di embriogenesi avvengono con un ritmo più lento, per l’intervento di fattori costituzionali o ereditari, dismetabolici e disendocrini.
Patogenesi: i fattori che determinano il protrarsi della gravidanza non sono stati ancora chiaramente identificati e numerose ipotesi  quindi sono state formulate:
1)     Secondo alcuni il prolungamento della gravidanza potrebbe essere dovuto ad un particolare atteggiamento dell’utero, o meglio della sua muscolatura; esisterebbe cioè una deficienza delle proteine indispensabili al meccanismo della contrazione:  miosi di recettività e questa ipotesi è resa ancora più suggestiva dalla osservazione che questa anomalia si riscontra spesso anche nella gravidanze successive.
2)     Un’altra ipotesi sostiene che il segmento inferiore dell’utero mantiene un atteggiamento di ipertono che neutralizza i tentativi contrattili del corpo uterino di dilatarlo. Si spiegherebbe così il falso inizio di travaglio che si ha in certe gravide appena raggiunto il termine.
3)     l’alterazione dell’equilibrio tra l’ossitocina endogena e gli enzimi (ossitocinasi) che la metabolizza.
4)     un alterato equilibrio elettrolitico dei liquidi extracellulari si ripercuote sfavorevolmente sul potere contrattile delle fibrocellule uterine e differisce così l’inizio del travaglio.
Complicanze della gravidanza protratta:
###### Senescenza placentare: che sta ad  indicare il perduto optimum di funzionalità raggiunto con la maturazione; accanto alle alterazioni funzionali, sono riconoscibili quelle morfologiche.
Alterazioni morfologiche nella senescenza placentare:
1)     Degenerazione fibrinoide: questo fenomeno è più accentuato  nelle regioni sottostanti la placca coriale, nelle quali per effetto della rarefazione dei villi, la superficie di scambio placentare è già significativamente inferiore alla superficie media di scambio di tutta la placenta. Questa alterazione, osservabile in misura ridotta nella normale placenta a termine, E’ particolarmente frequente ed accentuato nella placenta di gravidanza serotina.
2)     Ispessimento progressivo della membrana basale, che separa il trofoblasto dall’endotelio dei capillari del villo.
3)     Addensamento progressivo della stroma del villo, per aumento del numero e dello spessore delle fibre collagene.
4)     Comparsa di gruppi di villi terminali ipovascolarizzati o del tutto avascolari.
5)     Abnorme sviluppo dei bottoni sinciziali, cioè di focolai di addensamento di nuclei del sincizio che si osservano alla superficie del villo terminale.  Questo fenomeno che è presente anche nella placenta matura, mentre è raro in quella immatura, è invece tipico della senescenza, e sembra dovuto al ridotto flusso ematico del villo; infatti è significativa l’associazione del reperto con trombosi di rami arteriosi dell’albero feto-placentare o con la sofferenza ischemica di vicinanza, nelle zone adiacenti agli infarti o alle placche di estesa deposizione di fibrina.
6)     Proliferazione accentuata delle cellule di Langhans, anch’essa reattiva nei riguardi di una riduzione del flusso ematico materno diretto alla placenta.
Alterazioni funzionali nella senescenza placentare:
Tutte queste alterazioni sono espressione di modificazioni funzionali della placenta che iniziano già alla fine del IX° mese, ma che si rendono certamente più evidenti nelle gravidanze ipermature.
1)    Diminuzione della saturazione di ossigeno del feto: nella gravidanza protratta la saturazione in ossigeno del feto diminuisce; il metabolismo respiratorio del feto risponde a questa mancanza di ossigeno con una riduzione dei suoi bisogni; da dati sperimentali risulta che il contenuto di ossigeno è di appena 8 volumi, corrispondente al 30%, alla 43a settimana.
2)    Modificazione negativa del quadro ossimetrico tissutale materno: La determinazione del coefficiente di utilizzazione tessutale e la percentuale di ossigeno materno possono rappresentare quindi un mezzo di un certo valore per la valutazione del danno fetale da gravidanza protratta.
3)    diminuzione della steroidogenesi (P, E3) e HPL: Oggi si è dovuto modificare il concetto di placenta come organo endocrino completo almeno per quanto riguarda la produzione degli  steroidi. Infatti studi più recenti hanno dimostrato che la placenta è piuttosto un organo di ricambio e non di produzione. Essa accumula entro certi limiti e soprattutto modifica steroidi preesistenti in circolo, prodotti dagli organi  materni  e fetali, grazie alla presenza di  taluni enzimi (deidrogenasi, idrossilasi, solfatasi) molto attivi in essa presenti. La conoscenza, di questi fattori ha fornito le basi razionali per una diagnostica dello stato di vitalità placentare e di benessere feto-placentare.
E così, accertata la prevalente sede placentare della conversione colesterolo-progesterone, il dosaggio nella gravidanza oltre il termine, del progesterone ematico materno e del pregnandiolo urinario materno dimostrerà una sensibile diminuzione di tale ormone, come pure il dosaggio  dell’estriolo, nella gravidanza ipermatura, fornirà dei valori di molto inferiori alla norma, essendo appunto certo che la  conversione del DHEA  (prodotto nel surrene fetale) in  estriolo, avviene nella placenta.
E infine anche il dosaggio dell’HPL nelle stesse condizioni di postmaturità presenterà un notevole decremento; tale ormone infatti è sintetizzato nella placenta e il suo tasso ematico è parallelo alla funzione placentare.
4)     aumento della circolazione placentare: la circolazione placentare aumenta progressivamente con l’età fetale.l
5)     variabilità  bilancio nutritivo delle sostanze proteiche: Accanto a feti ipo-normotrofici, vengono spesso alla luce feti ipertrofici. La gravidanza protratta però non comporta necessariamente macrosomia fetale, questa condizione è certamente più frequente, ma spesso il feto ha un peso normale.
DIAGNOSI:
La diagnosi di gravidanza protratta non è agevole perché non è possibile fare assegnamento nè su segni clinici chiaramente obiettivabili nè su dati di laboratorio sicuri e precisi.  La diagnosi clinica si baserà su:
  • leggero calo di peso della gravida, coincidente con il termine della gestazione,
  • diminuzione dei diametri dell’utero,
  • presenza del liquido amniotico tinto di meconio all’inizio del travaglio.
  • il dato anamnestico, anche se ha un valore molto relativo in quanto la sua veridicità può essere volutamente o involontariamente alterata.
  • Amnioscopia: esiste spesso una notevole e marcata riduzione di esso del liquido amniotico.  Anche il colore del liquido riveste una notevole importanza diagnostica, che è assoluta quando il liquido amniotico è limpido, abbondante e con evidenti fiocchi di vernice caseosa, mentre è solo relativa nei casi in cui esso è tinto  di meconio.
  • Estriolo sierico:  questo proviene dal DHEA secreto nella zona reticolare del surrene fetale, catabolizzato in estriolo nella placenta. Risulta quindi chiaro come il dosaggio di questo ormone ci fornisce dati abbastanza precisi sulla vitalità del feto e sul comportamento funzionale della placenta. E’ comunque consigliabile al fine di evitare una errata interpretazione, ripetere il dosaggio ogni 48 h così da ricavare una curva che consenta di attribuire al dosaggio dell’ estriolo un attendibile significato diagnostico. Nella gravidanza protratta si avranno valori progressivi sempre più bassi con una caduta dell’escrezione fino al 40-60% che rappresenta un segno di sofferenza fetale.
  • HPL: questo ormone è sintetizzato nella placenta e il suo tasso ematico è parallelo alla funzione placentare, che come sappiamo va degradando nella gravidanza protratta.
  • QPE: aumento delle alfa-globuline.

ECOGRAFIA:

  • Biometria fetale: DBP, CC, DAT, CA, FML
  • Valutazione della quantità del liquido amniotico (V.F.A.) e dell’indice del liquido amniotico (I.F.A.)
  • dosaggio della creatinina nel liquido amniotico: il suo progressivo aumento, a partire dalla 30a settimana di gestazione, rappresenta un apprezzabile dato sulla accresciuta funzionalità renale del feto, e per la valutazione dell’epoca gestazionale, della maturità e del peso fetale. Numerosi AA., infatti hanno osservato che valori di creatinina di 1,8-2 mg% sono in stretta correlazione ad una gravidanza di 36-38 w.
  • dosaggio della bilirubina nel liquido amniotico: dopo la 30a w tende a portarsi a 0,
  • esame citologico del liquido amniotico per la ricerca e l’identificazione delle cellule arancioni o cellule anucleate
  • Il rapporto lecitina/sfingomielina: sostanze tensioattive che vengono secrete  ed escrete dalle cellule degli alveoli polmonari del feto e riscontrabili nel liquido amniotico, in valori variabili ma altamente significativi per stabilire la maturità o meno del polmone fetale.
  • test di Clements o test della schiuma: persegue gli stessi scopi del precedente.
PROGNOSI: La prognosi materna è buona e la durata del travaglio, quanto si svolga naturalmente, è aumentata per la ipocinesia uterina trattandosi in genere di utero sovradisteso. La prognosi fetale invece deve essere sempre riservata: la mortalità perinatale infatti è elevata, ed esattamente come nei neonati prematuri.
MANAGEMENT e TERAPIA della GRAVIDANZA PRETERMESSA:
1° Protocollo di sorveglianza antepartum dalla 40a alla 42a w:
  • visita ostetrica
  • NST
  • flussimetria doppler
  • studio dello stato biofisico del feto secondo Manning
2° Protocollo oltre la 42ª w:
  • Valutazione ecografica della falda amniotica: si somma lo spessore delle falde di liquido amniotico presenti a livello dei quattro quadranti della cavità amniotica. La somma non dovrebbe essere inferiore a 5 cm.
  • OCT (Oxitocin Contraction Test): induzione del travaglio in caso di indice di Bishop >5 oppure ricorrere al taglio cesareo se l’indice di Bishop è<5.
  • Profilo biofisico fetale sec. Manning
  • Flussimetria Doppler: le alterazioni dl flusso ematico precedono di molte settimane i segni di sofferenza fetale presi in considerazione dal profilo biofisico fetale ma sono posteriori alla diminuzione della circolazione intraplacentare.
Indice di Bishop o pelvic score:
Si tratta di un indice che serve per stabilire a priori se un travaglio di parto può evolvere in modo eutocico o distocico. Si basa su 5 parametri:
  1. dilatazione
  2. scomparsa del collo
  3. presentazione della parte fetale
  4. consistenza del collo
  5. posizione del collo.
I valori del pelvic
score variano da 0 a 15; con indice <5 l’evoluzione del parto si presenta
anomala; con indice >6 l’evoluzione si presenta normale.
Profilo biofisico fetale sec. Manning:
Manning e coll. nel 1980 hanno proposto il profilo biofisico fetale che rappresenta la quantizzazione in un punteggio (score) delle caratteristiche di 5 variabili:
  1. reattività cardiaca fetale
  2. MAF
  3. tono fetale
  4. maturità placentare
  5. quantità di liquido amniotico

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