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Epatite virale B e gravidanza

Da dottvolpicelli

L’epatite B è la più comune delle infezioni epatiche in tutto il mondo.  È causata dal virus dell’epatite B (HBV) che attacca le cellule epatiche e può portare a insufficienza epatica, cirrosi (cicatrizzazione) o cancro al fegato nel corso della vita. Il virus è trasmesso attraverso il contatto con sangue infetto (piercing, tatuaggi, iniezioni, interventi chirurgici, emotrasfusioni,  estrazioni dentarie, spazzolini da denti, rasoi da barba), i rapporti sessuali non protetti e la trasmissione materno fetale in gravidanza e puerperio (1).

L’epatite B si manifesta nella donna in gravidanza con sintomatologia in genere non severa,  con caratteristiche cliniche uguali a quelle delle donne normali (Ittero, febbre, anoressia, febbre, dolori addominali, vomito, nausea, rash cutanei, prurito, artralgia, gastroenterite e diarrea) (1-5). Il peiodo medio di incubazione della malattia è di 6-8 settimane.

Circa il 10% delle pazienti che si infettano con il virus diventano portatrici sane o affette da epatite cronica attiva; dunque sono potenziali fonti di contagio per altri individui così come per il feto, spesso senza saperlo. L’epatite fulminante si verifica raramente (0.1 – 0.5%) ed è dovuta alla massiva immuno-mediata lisi degli epatociti infettati. Si verifica soprattutto nei pazienti defedati, con deficit immunitario, coinfettati da altri tipi di virus dell’epatite  e nei tossico-dipendenti (6).

Trasmissione materno-fetale dell’epatie B: 

 a) Epatite acuta contratta in gravidanza: In caso di infezione contratta dalla gravida, il  rischio di trasmissione materno-fetale è molto basso (10%) se l’infezione è stata contratta nel I – II° trimestre di gravidanza, ma aumenta al 50-70% se l’epatite insorge nel III° trimestre di gravidanza o peggio al momento del travaglio di parto (1-4); il virus attraversa facilmente la barriera placentare o può infettare il feto durante il passaggio nel canale del parto. L’infezione neonatale può essere anche legata a trasmissione orizzontale in caso di familiari portatori di HBsAg.  In gravidanza l’infezione del feto non comporta aumento significativo di mortalità o malformazioni (2,3). Invece si osserva un significativo aumento dei parti pre-termine e del basso peso fetale alla nascita (SGA, Small for Gestational Age) (3,4).

b) Madre portatrice asintomatica di HBsAg:  Il rischio di trasmissione materno-fetale è del 10%; aumenta fino al 70-90% in caso di positività materna per l’antigene e. In questo caso, il bambino, non protetto, svilupperà un’epatite cronica o lo stato di portatore sano entro il primo anno di vita in una elevata percentuale di casi (70-90%). La trasmissione del virus è più frequente nel III° trimestre ed in travaglio. Rari sono i casi di epatite fulminante neonatale; poco più frequenti sono le forme di epatite acuta (65-67).

c) HBcAb isolato:  le gravide  con profilo sierologico di “anti-HBc isolato” presentano un rischio di trasmissione materno-fetale dell’1% (65-67).

d) Allattamento: Il rischio di trasmissione attraverso l’allattamento al seno è molto controverso: l’HBs Ag è presente nel latte in circa il 70% dei casi, ma la trasmissione dell’infezione per via orale richiede una carica virale molto elevata, per cui l’allattamento al seno è consentito se la madre è HBeAg negativa, secondo le direttive del WHO (World Health Organitation).

DIAGNOSTICA DI LABORATORIO:

HBsAg: antigene di superficie del virus, detto anche antigene Australia, è il primo marker a comparire  precedendo sia la comparsa delle transaminasi che la sintomatologia. E’ sempre un segnale di allarme. Scompare 1-2 mesi dopo la comparsa dell’ittero, ma a volte dura anche 6 mesi. Appena scompare si fa presente l’anticorpo HBsAb come segnale positivo.

HBsAb: anticorpi che si formano in risposta all’infezione da HBV e segnano la guarigione sierologica. Sono  presenti anche nelle persone vaccinate e nei portatori sani. L’HBsAb Fornisce protezione per lungo tempo se raggiunge un titolo proteggente (>10 UI/L).  La contagiosità di una persona, già colpita da HBV e con titolo proteggente di HBsAb, è nulla ed il virus pur se non eliminato definitivamente non è più in grado di provocare Cirrosi o tumore del fegato . Prova ne è che la ricerca diretta del virus (HBVDNA) in questi pazienti da sempre esito negativo ( < 20 UI/L). Questo esame va effettuato all’inizio della gravidanza e ripetuto tra la 33a e la 35a settimana di gestazione

HBcAb (anticorpo anti-core): non fornire alcuna protezione o immunità contro il virus dell’epatite B. Indica che una persona è stata esposta al virus dell’epatite B. Nell’anticorpo HBcAb è importante distinguere le IgM che compaiono per prime e che se persistono sono segno infausto, dalle IgG che invece denotano una più bassa contagiosità nel portatore e persistono per tutta la vita. L’HBeAb unito alle transaminasi elevate (segno di intensa citolisi) a volte si unisce alla presenza dell’HB DNA nel siero, segno di replicazione virale all’interno degli epatociti.

HBeAg:  è la proteina solubile componente interna del nucleocapside. Compare precocemente ed è segno di intensa replicazione virale. Quest’antigene scompare generalmente alcuni giorni dopo il picco delle transaminasi (ma comunque prima che scompaia HBsAg) lasciando il posto ai relativi anticorpi HBeAb. La persistenza dell’antigene HBeAg è segno prognostico negativo e di alta infettività.  Nelle donne in gravidanza la presenza dell’antigene HbeAg rapppresenta un segno di quasi certa trasmissione al neonato.

HBeAb: si forma in reazione alla presenza di HBeAg e persiste per 1-2 anni.

Transaminasi, Bilirubinemia totale e parziale, γ-GT, LDH, PT, PTT e ATT completano la routine degli esami di laboratorio nelle epatiti B.

Terapia:

  • In genere la terapia è sintomatica. Si consiglia riposo a letto per 10 giorni sotto controllo medico monitorando i parametri di coagulazione e di funzionalità epatica.

  • Tenofovir disoproxil (TDF), è un farmaco appartiene alla classe dei cosiddetti antiretrovirali,  inibitori nucleotidici della transcriptasi inversa. In Italia il farmaco è venduto con il nome commerciale di Viread™, nella forma farmaceutica di compresse da 123 mg. E’ consigliato, alla dose di 300 mg/die anche in gravidanza (unico antiretrovirale ammesso in gravidanza!) se sono presenti alti valori delle transaminasi ed in particolare della ALT nonostante il rischio di nefrotossicità, acidosi lattica e osteomalacia per trattamenti di lunga durata. Effetti collaterali possibili: astenia, lipotimia, cefalea, nausea e vomito (67-69). Un moderato numero di dati in donne in gravidanza (tra 300 e 1.000 gravidanze esposte) indica che non vi sono malformazioni o tossicità fetale/neonatale associate a Tenofovir disoproxil fumarato. Il tenofovir è classificato in classe B dalla FDA  (Food and Drug Administration) per tossicità riproduttiva in vivo, ma non evidenziata nella donna. Il tenofovir è escreto con il latte e quindi la somministrazione in allattamento è sconsigliata a causa della mancanza di dati sugli effetti indesiderati sul poppante. 
  • Interferone alfa (INF alfa, peg-interferone alfa-2a): molecola proteica naturale con attività immunomodulante, antivirale e antiproliferativa. Sconsigliata la somministrazione in gravidanza e allattamento (Linee Guida EASL, 2012) ed inserito in classe C dalla FDA.

Prevenzione

  1. Taglio cesareo di elezione: praticato per prevenire l’infezione fetale da HBV durante il passaggio nel canale del parto. E’ oggetto di controversia: molti AA. lo ritengono inutile se la carica virale non è molto alta (66-68).
  2. Immunizzazione attiva e passiva: i neonati di madre HBsAg positiva o di persone a rischio di infezione devono essere trattati con la somministrazione immediata   di immunoglobuline specifiche (HBIG) (immunizzazione passiva) e, dopo 12 ore, la somministrazione di  vaccino specifico (immunizzazione attiva). La somministrazione di immunoglobuline specifiche (HBIG) alla dose di 0,5 ml è effettuata subito dopo la nascita e una prima dose di vaccino dopo 12 ore ed altre due dosi a distanza di 6 e 12 mesi. L’immunizzazione attiva e passiva hanno buona efficacia nel prevenire la trasmissione perinatale della malattia (90-95%), mentre la sola immunizzazione attiva previene l’infezione neonatale nel 70-90% dei casi. La prevenzione dell’infezione da HVB in Italia rientra nei programmi di vaccinazione obbligatoria. E’ importante anche  i bambini nati da madre sana vengano vaccinati contro l’epatite B!

Epatite D: Accanto all’epatite B si deve necessariamente inserire l’epatite D, una sovrainfezione epatica causata dall’HDV,  un virus a RNA che non può svilupparsi in assenza del virus HBV. La sovrainfezione dell’HDV determina la comparsa dell’antigene delta   (HDV Ag). All’insoegere della infezione si potrà individuare l’HDV-RNA nel sangue, successivamente si avrà la comparsa degli anticorpi anti HDV prima IgM e poi IgG.

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