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Carcinoma mammario duttale in situ (DCIS)

Da dottvolpicelli

Ultimo aggiornamento 2020-02-02  4:20:19 PM

CARCINOMA DUTTALE IN SITU (DCIS) – Il DCIS è una forma iniziale di  cancro mammario, stadio 0, detto anche precancerosi, carcinoma pre-invasivo intraduttale. Le cellule neoplastiche si sviluppano all’interno dell’unità dotto-lobulare rimanendo “in situ” cioè non si estendono al di fuori della membrana basale del sistema duttulo-lobulare. Interessa i dotti nel 96% dei casi, i lobuli nel  3% e sono misti nell’1% dei casi. Se non trattato, può regredire spontaneamente ma spesso può assumere un atteggiamento invasivo e trasformarsi in cancro mammario. 

EPIDEMIOLOGIA – Il DCIS un tempo era una patologia poco conosciuta, una diagnosi molto rara. Durante la prima metà del 20° secolo rappresentava solo l’1-2% delle neoplasie mammarie e di solito veniva rilevato quando formava una grande massa palpabile: La mastectomia divenne la terapia standard con discreti risultati. Nell’ultimo ventennio la diagnosi precoce è cresciuta notevolmente grazie alle migliorate tecniche diagnostiche, apparecchiature più sofisticate e aumentati protocolli di screening ecografici e mammografici  di massa. Paradossalmente il riscontro di aumentata in assoluto e in percentuale (20%) fra tutte le neoplasie mammarie è da considerare in senso positivo. Significa che un maggior numero di cancro mammario è stato scoperto in fase iniziale prima di poter produrre danni irreparabili.  

DIAGNOSI 

Nella maggior parte dei casi la patologia è asintomatica, indolore e la paziente scopre casualmente la presenza di un nodulo mammario per autopalpazione occasionale oppure ne viene a conoscenza durante una visita di routine anche per altre indicazioni o durante una normale visita senologica e mammografia di screening oncologico come quelle che recentemente si stanno diffondendo in Italia a cura del SSN. I noduli, a differenza delle cisti sierose, sono indolori tranne una lieve tensione dolorosa durante la fase luteale tardiva nelle pazienti in età fertile. I noduli sono localizzati nel quadrante supero-esterno nel 50% dei DCIS.  In alcuni casi la paziente può notare una secrezione dal capezzolo, più raramente un arrossamento dell’areola e/o capezzolo (malattia di Paget).

 

Esame citologico: si pratica come completamento dell’esame clinico, mammografico ed ecografico; è semplice, poco costoso e minimamente invasivo. La sensibilità dell’esame citologico per carcinoma è del 90%.  Si pratica, con varie modalità, su noduli, cisti e secrezioni (vedi agoaspirazione). Una tecnica che si applica peculiarmente per la citologia del DCIS è la cosiddetta biopsia liquida o lavaggio duttale. Consiste nell’introduzione di liquido nei dotti galattofori attraverso i pori lattiferi presenti sul capezzolo. Il liquido raccolto contiene alcune cellule della parete dei dotti stessi che possono essere studiate al microscopio alla ricerca di eventuali atipie. In caso di m. di Paget si ricorre alla shave-biopsy (biopsia da barba).  

Ecografia mammaria: presenza di aree ipoecogene, rotodeggianti, ad ecostruttura disomogenea, a margini sfumati (noduli). Spesso si osservano microscopiche formazioni iperecogene riunite in cluster o diffuse nel parenchima mammario, da attribuire a microcalcificazioni.

Mammografia: spesso sono presenti micro-calcificazioni come segno caratteristico di DCIS ma, soprattutto nelle donne >65 anni, la presenza di microcalcificazioni rientra nel fisiologico fenomeno  di senescenza tissutale. In caso di micro-calcificazioni si esegueun mammotome (biopsia stereotattica). Recentemente è stato immesso in commercio un mammografo 3D a tomosintesi capace di acquisire immagini tridimensionali e scoprire noduli della dimensione di 1 mm.

RMN: è utile per definire meglio l’estensione delle alterazioni e programmare in modo adeguato il trattamento successivo soprattutto nelle mammelle dense giovanili.

Biopsia: necessaria per una diagnosi definitiva; si adottano, a secondo dei casi, varie metodiche: biopsia escissionale, Core needle-biopsy su guida ecografica, Mammotome® (Vacuum assisted biopsy, VABB) stereotassica guidata da un sistema computerizzato    (vedi Agoaspirazione).

ISTOLOGIA: l’esame istologico mostra usualmente una diffusa iperplasia duttale, fenomeni necrotici e di papillomatosi. 

CDIS – grado 3

Grading: le atipie cellulari possono essere di vario grado per cui si classificano in

  1. Grado 1: ben differenziato (30%)
  2. Grado 2: moderatamente differenziato (45%)
  3. Grado 3: scarsamente differenziato (25%)

Quindi il DCIS viene classificato come CDIS-G1/DIN1 o CDIS-G2/DIN2 o CDIS-G3/DIN3.

 

In base alla modalità di crescita all’interno del dotto, il DCIS viene suddiviso in:

  1. “comedonico” quando è composto da grandi cellule di forma irregolare, con elevata proliferazione e cellule necrotiche presenti nella parte centrale del dotto.
  2. “non-comedonico”:
  3.  a sua volta suddiviso in cribriforme, papillare, micropapillare e solido composto da cellule più piccole, di forma regolare; aree di necrosi assenti.
  4. Mixed

 

L’esame istologico di un DCIS si completa con 

  • la ricerca dei recettori ormonali a cui si legano gli ormoni femminili (estrogeni/progesterone) che stimolano le cellule tumorali a crescere. L’assetto recettoriale presenta il seguente diagramma: ER+/PR+ nel 65% dei casi; ER-/PR- nel 25%; ER+/PR- nel 10%.
  • i recettori HER2
  • l’indice di proliferazione Ki67 o MIB1
TERAPIA

Lo scopo del trattamento è asportare chirurgicamente in modo completo il DCIS per evitare che si riformi o possa diventare un tumore duttale invasivo se non viene curato. In ogni caso, a volte da un DCIS non si sviluppa un tumore invasivo o la crescita è così lenta da non rappresentare un problema per tutto il resto della vita.  Questo è particolarmente importante nelle persone anziane. È impossibile attualmente prevedere nella singola paziente quale sarà il comportamento futuro: il tipo di DCIS (comedonico), il grado (Grado 3) e le dimensioni (>5 cm) hanno una prognosi sfavorevole.  

TERAPIA CHIRURGICA:

  • mastectomia nel 25% dei casi,
  • quadrantectomia o tumorectomia nel 40%,
  • trattamento conservativo nel 35% dei casi,
  • biopsia del linfonodo satellite (20-80%). 

Quadrantectomia o tumorectomia: è l’intervento di routine per la rimozione della neoplasia. Si rimuove la porzione di tessuto mammario sede della lesione compresa una porzione limitrofa di 2 cm di tessuto indenne.

Prima dell’intervento, sotto rx-scopia, viene inserito un filo radiopaco molto sottile nell’area da asportare. La procedura viene effettuata in anestesia locale, il giorno prima o il giorno stesso dell’intervento, e dura circa 30 minuti. Il filo viene fissato e coperto con una medicazione e viene tolto durante l’intervento chirurgico.

Dopo quadrantectomia occorre praticare radioterapia allo scopo di evitare recidive.

Nelle forme iniziali di cancro (stadio I e II), la quadrantectomia seguita da radioterapia è altrettanto efficace della mastectomia totale. 

Mastectomia: Se viene proposta una mastectomia di solito si discute sulla possibilità di una ricostruzione del seno. L’intervento di ricostruzione può essere eseguito contemporaneamente alla mastectomia oppure in un secondo tempo.

Biopsia del  linfonodo sentinella indicazioni nel DCIS: Non è una procedura standard, non vi è indicazione assoluta alla biopsia del l.s. Nei casi in cui il sospetto di microinvasione sia elevato, ossia grading alto, pattern mammografico ad alto rischio ed estensione >5 cm, necessità di un’esatta definizione del  ” T ”  per la sottostadiazione, la metodica è consigliata, mentre può essere considerata discrezionale negli altri casi. In caso di mastectomia è utile procedere direttamente all’analisi del linfonodo sentinella: dopo una mastectomia infatti tecnicamente non è più possibile eseguire una biopsia del linfonodo sentinella. In caso di positività netta occore procedere alla linfadenectomia ascellare

 

Radioterapia

La radioterapia è di solito raccomandata dopo un intervento conservativo per ridurre il rischio di recidive. La radioterapia è inutile dopo una mastectomia in caso di DCIS. La radioterapia dura pochi minuti e va ripetuta per cinque giorni la settimana per 5-6 settimane di seguito.

Terapia endocrina

I benefici della terapia endocrina nel DCIS sono molto meno consistenti che nel tumore duttale invasivo. 

Tamoxifene (Nolvadex® cpr 10 mg, 20 mg) è l’unica terapia endocrina precauzionale che ha dimostrato di essere efficace nel DCIS. Il Tamoxifene blocca i recettori estrogenici delle cellule bersaglio suscettibili di degenerazione neoplastica.  Viene prescritto sia alle pazienti in premenopausa che a quelle in menopausa. La durata del trattamento è di almeno 5 anni. Nelle donne in età fertile il TMX  viene spesso associato a LH-RH-a in preparazione retard (Decapeptyl®, Gonapeptyl®  3.65 mg fiale s.c.) che viene somministrato mensilmente e induce una menopausa iatrogena.
Se nel DCIS non sono stati trovati i recettori ormonali, la terapia endocrina non viene consigliata perché non porterebbe alcun beneficio.

Inibitori dell’aromatasi si sono dimostrati efficaci e sono prescritti solo in caso di cancro mammario invasivo.  

HER2 (o Cerb-B2): Nel DCIS possono essere presenti sulla superficie delle cellule tumorali i recettori HER2 (o Cerb-B2). Nelle forme non invasive di tumore mammario come il DCIS al momento non vi è alcun dato che suggerisca un beneficio con una terapia biologica mirata (terapia a bersaglio) precauzionale. Mentre in caso di cancro  si propone, alle donne positive per questo esame, una terapia con trastuzumab, una sostanza che blocca i recettori e impedisce la crescita del tumore e le recidive.  

DIAGNOSI ISTOLOGICA:

1) DCIS PURI

2) DCIS “mic”

3) DCI 

PROGNOSI: la sopravvivenza a cinque anni nelle donne trattate è del 98%  anche se le ricadute variano tra il 9 e il 30% dei casi, a seconda della terapia effettuata. La mortalità per tumore al seno a 20 anni dalla diagnosi di un DCIS è bassa: si stima che sia in media del 3,3%. Però i DCIS presentano una grande variabilità, anche in termini di prognosi e di rischio di recidiva o ischio di insorgenza di un tumore invasivo. Alcuni fattori che aumenterebbero il rischio di mortalità sono la comparsa del tumore in giovane età, l’etnia (le donne di colore), le nullipare, le pazienti PCOS e le donne che non hanno allattato al seno sembrano essere a maggior rischio.

 

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