I “polsi arteriosi” sono pulsazioni arteriose generate dall’urto dell’onda sistolica nelle arterie. Coincidono con la sistole cardiaca (ovvero il primo tono dopo la chiusura della bicuspide). Se rapportata all’ECG l’onda sfigmica del polso arterioso inizia a comparire a distanza di 160-180 millisecondi dall’onda R.
Le caratteristiche del polso arterioso sono plasmate dalla forza della gittata cardiaca, dalla compliance delle arterie e dalla quantità e viscosità del sangue in circolo. La riIevazione tattile dei polsi permette di valutare qualitativamente la gittata e la frequenza cardiaca.
TECNICA – I polsi devono essere palpati su paziente in posizione supina e a riposo da almeno 10 minuti. L’indice, medio e anulare possono comprimere leggermente l’arteria durante l’auscultazione del cuore. I toni cardiaci possono quindi essere utilizzati come punti di riferimento per la sistole e la diastole. Una palpazione profonda può essere necessaria per i polsi succlavio, popliteo o femorale, in particolare nei pazienti obesi.
I polsi più frequentemente e comunemente valutati includono il polso radiale (è il polso classico), polso ulnare, brachiale, carotideo, femorale, popliteo, tibiale posteriore e pedidio. La loro valutazione costituisce un primo, diretto e semplice approccio all’esame cardiologico del paziente.
Per la rilevazione del polso si effettua una moderata pressione con i polpastrelli di indice, medio e anulare e tenendo il pollice sulla regione dorsale del polso stesso. Per l’arteria radiale il punto più adatto è quello in cui l’arteria si adagia sul piano osseo alla base del pollice. Il polso della carotide comune è apprezzato posizionando le dita anteriormente al muscolo sternocleidomastoideo, in corrispondenza o al di sotto dell’angolo della mandibola.
Il polso brachiale (o omerale) si ritrova in corrispondenza della faccia anteriore della piega del gomito fra il muscolo bicipite e il m. tricipite; il braccio è abdotto e ruotato verso l’esterno; in questa sede è appoggiato il fonendoscopio nella misurazione della pressione arteriosa ed è il punto di riferimento per valutare il polso nei lattanti. Il polso ulnare viene percepito alla base del palmo della mano, ma dalla parte opposta al pollice. Il polso femorale si palpa in corrispondenza della piega inguinale, nel triangolo femorale, sotto la linea del legamento ileo-pubico e medialmente ad esso. il polso popliteo si palpa nella fossa poplitea, lateralmente alla linea mediana, con il ginocchio flesso lievemente; l’esaminatore è posizionato anteriormente e con entrambe le mani cerca di palpare l’arteria; spesso può essere molto difficile per la presenza di importanti strutture tendinee. Il polso pedidio viene ricercato nella parte dorsale del piede, lateralmente al tendine estensore lungo dell’alluce. Il polso tibiale posteriore si apprezza posteriormente al malleolo mediale.
CARATTERISTICHE DEL POLSO – Il polso fisiologico, normale è definito come normosfigmico, ritmico, simmetrico (lato dx e sx) e in sincronia con l’itto cardiaco.
SFIGMICITA’ – E’ determinata dal rapporto fra gittata cardiaca, viscosità ematica e resistenza arteriosa periferica.
RITMICITA’ – fisiologicamente il polso batte a cadenze regolari. Si definisce intermittente nel caso in cui ci sia una pausa inaspettata tra un battito e l’altro; lo si ritrova nel blocco atrio-ventricolare tipo Luciani Wenckeback, blocco seno-atriale, extra-sistoli (sporadiche, bigemine, trigemine o quadrigemine), fibrillazione atriale.
FREQUENZA – In base alla frequenza il polso può essere definito normosfigmico (60-80 bpm), tachisfigmico (>80 bpm), bradisfigmico (<60 bpm) e polso raro (<40 bpm). Se il polso è irregolare, la frequenza va valutata per un minuto intero e non su frazioni di minuto.
VOLUME – con il termine “volume” si valuta l’entità della pressione differenziale, intesa come escursione del polso. Può essere ampio, piccolo o filiforme; si definisce alternante se l’ampiezza o volume presenta alternanze. Il polso ampio è presente in caso di ipertensione arteriosa o insufficienza aortica con Ipertrofia ventricolare sinistra.

palpazione del polso brachiale
CELERITA’ – si riferisce alla velocità della salita e della discesa del polso; permette di classificare un polso scoccante (sintomatologico per insufficienza aortica), celere (tipico di ipertiroidismo, gravidanza, cirrosi), normale, tardo (stenosi aortica e arteriosclerosi), lento.
POLSI PATOLOGICI
- Il polso bifido (detto anche a due punte) è quel polso in cui si possono palpare due onde sfigmiche per ogni ciclo cardiaco; la pulsazione aggiunta può essere palpabile in sistole oppure in diastole; per la palpazione in sistole si ha il polso bisferiens in caso di steno-insufficienza valvolare aortica (con importante insufficienza), in caso di insufficienza valvolare aortica pura, in caso di attività fisica (per eiezione sistolica rapida) ed in caso di cardiomiopatia ipertrofia ostruttiva
- polso di Corrigan definito come polso scoccante/ampio, con una brusca ascesa ed una brusca caduta; si pensa sia legato ad una forte pressione differenziale con aumento del volume sistolico ed una riduzione delle resistenze vascolari periferiche e/o alterazione nella compliance vascolare. E’ dovuto a stati ipercinetici fisiologici (come in caso di ansia, di attività fisica, di febbre, calore, gravidanza) a stati ipercinetici patologici (come in caso di tirotossicosi, anemia, beri-beri, morbo di Paget, insufficienza epatica, fistole atero-venosa), insufficienza valvolare aortica (polso di Corrigan classico).
- Il polso paradosso di Kussmaul – si osserva una caduta della pressione sistolica e del volume del polso durante l’inspirazione (>20-40 mmHg) decisamente maggiore della norma (5-10 mmHg), legato ad una riduzione della pressione intratoracica durante l’inspirazione non compensata da un aumento della gittata del ventricolo destro (meccanismo fisiologico da maggior ritorno venoso). Si evidenzia in caso di tamponamento cardiaco, asma bronchiale, enfisema polmonare ed iperinspirazione.
- I soffi vascolari possono essere trasmessi oppure autoctoni; i soffi trasmessi derivano da valvulopatie cardiache (come la stenosi valvolare aortica con il proprio soffio che si irradia partendo dai vasi del collo, ascoltandolo fino alle carotidi); i soffi autoctoni sono spesso dovuti ad aneurismi o stenosi vascolari (per la presenza di placche ateromasiche, arteriti, ecc..), fistole atero-venose (generalmente si percepisce un soffio continuo con accentuazione sistolica), circoli collaterali arteriosi (come nella coartazione aortica, ecc…). La sede dei soffi si ha alla biforcazione carotidea, all’arteria vertebrale, all’origine della carotide comune, all’arteria succlavia, paraombelicale (arteria renale), alla biforcazione aortica e all’arteria femorale.
- I soffi cervicali sono soffi che coinvolgono tutte e 4 le arterie cervicali; a livello delle carotidi si effettua un’auscultazione con la campana del fonendoscopio collocata sulla biforcazione carotidea (al margine superiore della cartilagine tiroidea); con la testa che si pone in diverse posizioni (neutra, flesso-estensione, ruotata a destra e sinistra) dato che i soffi possono modificarsi con le diverse posizioni. A livello delle vertebrali si usa la campana del fonendoscopio sul muscolo sterno-cleido-mastoideo, sopra alla sua origine clavicolare, poi in sede mesocervicale, lungo il decorso dello stesso vaso; anche in questo caso la posizione della testa può essere posizionata in maniera variabile. I soffi cervicali vengono distinti da insufficienza carotidea (come per una placca ateromatosa), insufficienza basilare (con il fenomeno furto della succlavia), da una sindrome dell’arco aortico/tronchi principali dove si ha anisosfigmia, differenze pressorie e non si alterano ruotando il capo, il ronzio venoso (fenomeno che scompare con una lieve pressione sul collo), l’ipertiroidismo (dove si percepisce un soffio tireo-cervicale per un maggiore flusso locale) e/o la sindrome di uscita dal torace dove si ha un soffio legato alla compressione neuro-vascolare delle strutture osteo-muscolari; se è la sindrome dello scaleno anteriore si effettua il test di Adson: ruotando la testa verso la parte lesa, con estensione del collo, abduzione dell’arto superiore e apnea inspiratoria si ha una scomparsa del polso radiale (con aumento della sintomatologia compressiva sul fascio neuro-vascolare); se è la sindrome clavicolosternale la sintomatologia aumenta con il tentativo bilaterale di abbassare le spalle; se è la sindrome del pettorale minore la sintomatologia aumenta con l’abduzione di entrambe le braccia a 120°.
TEST DI FUNZIONALITA’
- Test di Hallen: per questo test il paziente apre e chiude il pungo più volte, fino a provocare un rapido deflusso di sangue dalle mani; il medico comprime l’arteria radiale e ulnare rispettivamente con l’indice/medio delle due mani. A questo punto il paziente apre il pugno e sulla faccia palmare compare un pallore intenso; rilasciando una delle due arterie (si ripete due volte per entrambe le arterie) entro 3 sec ricompare il colorito normale;
- Segno di Oliver: il paziente è posto in clinostasi, con la testa in iperestesia (la laringe diventa più prominente); con il pollice e l’indice sull’estremo inferiore della cartilagine tiroidea il medico sposta verso l’alto il tubo laringo-tracheale. Se il test è positivo si avverte una scossa diretta verso il basso, sincrona con ogni sistole cardiaca: è indice di un aneurisma dell’arco aortico.
- toni di Korotkoff: utilmizzando sfigmanometro meccanico e fonendoscopio quando la pressione del bracciale (generalmente posto all’arto superiore, all’altezza del cuore) supera la pressione arteriosa si ha un collabimento completo del vaso; nel diminuire la contropressione della manchette, cominciano ad auscultarsi i suoni di Korotkoff che si possono distinguere in varie fasi. Nella Fase I con l’arteria pervia, si percepisce un primo tono (Psis) che poi diviene più intenso, legato alle vibrazioni sonore prodotte dal sangue sulla parete vascolare e nei tessuti circostanti; nella fase II si ha una caduta di circa 10-15 mmHg, con un tono che diviene più debole e con timbro soffiante; a seguire si ha la fase III con un’ulteriore caduta di 10-15 mmHg, con un tono che a volte torna più intenso oppure assumere una qualità tipo rumore sordo ed infine la fase IV dove si ha una caduta di 5 mmHg, con un suono che si riduce improvvisamente di intensità, assumendo un timbro ovattato, parafonico; secondo alcuni Autori è l’attutimento del tono (non la scomparsa) ad indicare la pressione diastolica, dato che in alcune condizioni emodinamiche i toni non scompaiono anche a valori molto bassi di pressione.
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