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Parto in acqua

Da dottvolpicelli

Il parto, spontaneo e fisiologico, in acqua è ormai una pratica ubiquitaria negli Ospedali dei Paesi Occidentali sull’onda di un entusiasmo non sempre motivato ma fortemente sostenuto dalle partorienti, dai partner  e dai congiunti  della paziente attratti soprattutto dall’ambiente più “umano”, meno asettico, più partecipativo e coinvolgente che questa metodica crea. La metodica del waterbirth riduce i tempi del primo stadio del travaglio, riduce la necessità di analgesia e raccoglie la compliance di quasi tutte le pazienti. Questa esperienza può essere di stimolo per “umanizzare” l’assistenza al parto, un nuovo “midwifery model of care”  anche utilizzando le classiche sala travaglio e sala parto, dotandole di un minimo di comodità (divani e angolo cottura) e permettendo la presenza attiva del partner a tutte le fasi di travaglio e parto (magari con l’adozione di un letto matrimoniale)  (1-4).

Il parto in acqua è assolutamente controindicato in caso di parto prematuro (-2 w), gestosi, presentazione podalica, gravidanza gemellare.  Non è possibile praticare anestesia epidurale.

La donna può scegliere di utilizzare la vasca per il solo periodo del travaglio o solo per il parto o per entrambi i periodi. In genere si consiglia di entrare in acqua in pieno travaglio e cioè con dilatazione cervicale di 4-5 cm. Il monitoraggio e la sorveglianza della paziente si avvalgono dei normali presidi sanitari della sala parto e dell’assistenza di personale qualificato (5-8).

La donna gravida immersa nell’acqua ha intorno a sé uno spazio personale ed intimo, nel quale può sentirsi libera di muoversi e di cambiare posizione con molta facilità e in modo più confortevole rispetto a quanto accadrebbe se fosse fuori dall’acqua. L’acqua, infatti, per la nota  legge di Archimede, sostiene il peso della donna, riducendo la forza di gravità e le permette di risparmiare energie, che potranno poi essere utilizzate durante le contrazioni e nel periodo espulsivo (8-11).

L’utilizzo dell’acqua calda durante il travaglio ed il parto ha sull’apparato muscolare un effetto  rilassante rendendo le contrazioni uterine  più fisiologiche, meno dolorose grazie al rilascio di endorfine e depressione dell’attività adrenerigca   (38),  ritmiche e regolari. La dilatazione cervicale sarà meno traumatica, regolare, facilitata e, paradossalmente, più veloce. Quasi tutti gli AA. sostengono che il periodo dilatante ed espulsivo avvenga più velocemente in acqua rispetto alla posizione “accovacciata” e “all’inpiedi” e addirittura  -30-40 minuti rispetto alla classica posizione litotomica (3-5). Alcuni AA., però, sostengono che partorire in acqua possa allungare il tempo totale del travaglio, proprio perché l’acqua ha il potere di abbassare notevolmente la pressione sanguigna (12-16).

Le posizioni supina e litotomica sono le più scomode per le donne e le meno gradite. Non a caso sono state introdotte solo nel tardo medioevo dal chirurgo francese Jacques Guillemeau per facilitare gli interventi dei medici, non per la comodità delle donne, nè per favorire l’espletamento del parto. Infatti se la paziente in travaglio è sdraiata in posizione supina, il bacino è bloccato verso il basso ed ostacola i micromovimenti  di nutazione del sacro e retropulsione coccigea. Anche la rotazione interna  della parte presentata è ostacolata. La posizione eretta invece favorisce la dilatazione dei diametri pelvici. . E’ questo il punto fondamentale messo in discussione dalla nuova metodica del parto in acqua. Tutto il resto è soggetto di ampie discussioni e risultati contraddittori.

Anche i vantaggi della tanto pubblicizzata presenza attiva del partner in travaglio e durante il periodo espulsivo sono messi in discussione da numerosi studi effettuati su larga scale e a livello internazionale. Secondo studi condotti da ricercatori britannici dell’University College di Londra, del King’s College e dell’University dell’Hertfordshire, insieme a ricercatori francesi e canadesi, pubblicati sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience, sembra che la presenza del partner in sala parto sia vissuta con fastidio dalla partoriente che riferisce una maggiore sensibilità al dolore,   specie se tra i due c’è una scarsa intimità emotiva.  Poi ci sono papà facilmente impressionabili e donne che, per pudore, preferiscono rimanere da sole con i medici. Insomma, la decisione va presa insieme e la presenza del papà è opportuna non sempre, ma solo quando questa scelta è pienamente condivisa da entrambe le parti ed assolutamente non imposta nè consigliata (17,18). 

In sintesi,  i vantaggi dell’immersione in acqua per la donna durante il travaglio ed il  parto sono i seguenti:

  • favorisce il rilassamento dei muscoli del pavimento pelvico e del perineo, accelerando il travaglio
  • attenua la percezione del dolore
  • riduce il ricorso a manovre ostetriche
  • riduce le lacerazioni da parto

In ogni caso vengono eseguiti tutti i controlli, compreso quello cardiotocografico.

Il parto in acqua prevede l’utilizzo di vasche apposite con delle specifiche  caratteristiche:

  • La vasca deve essere in vetroresina, molto liscia, o in polietilene gonfiabile, abbastanza grande per consentire alla donna di muoversi e di assumere le posizioni che preferisce. Le dimensioni standard sono di 2×2 metri circa con una profondità di 80-90 cm. Il ricambio deve essere continuo per permettere la rimozione di perdite vaginali, feci, urine e liquido amniotico. In caso di emissione di feci o meconio, la paziente deve sollevarsi all’inpiedi o uscire dalla vasca fino a che siano state ristabilite adeguate condizioni igieniche.
  • Nell’acqua la donna ha la possibilità di adottare durante il travaglio la posizione che preferisce grazie alla diminuita forza di gravità.
  • L’acqua deve avere una profondità tale (80 cm) da permettere un immersione più o meno completa della donna.
  • L’acqua deve essere abbastanza calda (37°C) e la temperatura deve rimanere costante per tutta la durata del travaglio e del parto. Il calore induce rilasciamento muscolare e produzione di endorfine.
  • La donna può decidere di immergersi nella vasca già prima del travaglio (fase prodromica) oppure a travaglio iniziato.
  • Massaggi addominali, possibilmente praticati dal partner della paziente, possono alleviare l’intensità del dolore da contrazioni. La posizione accovacciata aumenta l’efficacia dei massaggi.
  • Appena la testa del neonato fuoriesce dalla rima vulvare, l’ostetrico  l’afferra e ne favorisce il movimento di rotazione esterna e la completa espulsione del feto.
  • depone quindi il neonato tra le braccia della mamma.
  • Il codone ombelicale verrà reciso quando cessano le pulsazioni dello stesso.

Vantaggi per la mamma:

  1. minore durata del travaglio
  2. minore dolorabilità

Vantaggi per il bambino:

  • Il bimbo riceve gli effetti positivi della madre. La vasodilatazione arteriosa e la migliore ossigenazione dei tessuti pelvici, aumenta l’apporto di ossigeno all’ambiente feto-placentare.
  • L’ambiente acquatico consente al bimbo di entrare nel mondo esterno più agevolmente, riducendo il trauma della nascita;

Rischi per la mamma e per il bambino: nulla questio sull’utilizzazione della vasca per la fase del travaglio. Sul parto in acqua invece, anche se i rischi e le complicazioni sono rari (4.5‰), i ginecologi hanno la responsabilità di fornire informazioni valide per l’empowerment delle donne a prendere decisioni informate sul waterbirth. Nel Regno Unito, il Royal College of  Obstetricians and Gynaecologists  ha pubblicato linee guida su come ridurre al minimo le complicazioni. Mentre l’American College of Obstetricians and Gynecologists non ha ancora approvata la metodica del parto in acqua ritenendo scarsi gli elementi di sicurezza finora forniti (39). Secondo l’American Academy of Paediatrics e l’American College of Obstetricians and Gynaecologists, non ci sarebbero prove dei benefici reali del parto in acqua sulla mamma, mentre ci sono casi, rari ma gravi, di danni al bambino, tra cui emorragie, infezioni letali, edema polmonare e annegamenti (37-43).

  1. infezioni fetali (polmoniti, otiti. infezioni ombelicali) da acqua contaminata, nonostante accurata pulizia,  da residui fecali  e/o meconio: i germi maggiormente interessati sono la legionella pneumoniae e lo pseudomonas pneumoniae (18-21)
  2. rischio di gasp, distress respiratorio, edema polmonare e annegamento: il neonato sott’acqua trattiene il respiro finchè il cordone pulsa e il neonato non esce dall’acqua. Ma non sempre il riflesso del blocco  della respirazione sott’acqua (“diving reflex”) funziona, come dimostrato da studi condotti su animali, e d’altra parte l’attività respiratoria fetale  si osserva frequentemente  anche in gravidanza. Inoltre gli effetti del “diving reflex”  non si limitano all’apnea ma si accompagnano a bradicardia e vasocostrizione periferica ed ancora. esso è stimolato dall’acqua fredda  e depotenziato in acqua calda o a temperatura ambiente (47-53).  L’aggiunta di 2 Kg di sale/220 litri di acqua in vasca potrebbe essere utile per limitare i danni polmonari in caso di inalazione d’acqua da parte del neonato (54).
  3. encefalopatia ischemica ipossica
  4. mortalità perinatale: simile al parto tradizionale
  5. rottura del cordone con emorragia neonatale
  6. iponatriemia fetale
  7. embolia da intravasazione
  8. edema polmonare del neonato (44-46)
  9. Disidratazione materna da prolungata  immersione in acqua calda.

Bibliografia:

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2 commenti

Gail 18 Dicembre 2015 - 20:40

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