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Immunità innata e acquisita

Da dottvolpicelli

Ultimo aggiornamento 12/12/2023

Il Sistema Immunitario è molto versatile ed è in grado di produrre un’enorme varietà di cellule e molecole in grado di riconoscere ed eliminare un’infinita varietà di germi patogeni. All’interno del sistema Immunitario vengono distinte due unità funzionali: congenita e acquisita.

L’Immunità congenita o innata, cioè la resistenza congenita, di base alle malattie, che agisce come una prima linea di difesa. Essa include le barriere alle infezioni, come la cute, le mucose, il sangue, la lacrimazione. Comprende anche mastociti, neutrofili, monociti-macrofagi, le cellule dendritiche e le cellule natural killer (NK) che sono in grado di inglobare, uccidere e digerire i microrganismi. Tutte le cellule dell’immunità innata rilasciano sostanze (citochine, chemochine, interferone) che richiamano nel luogo dell’invasione altre cellule; in questo modo organizzano una reazione infiammatoria. Alla reazione infiammatoria contro i microbi partecipano sia le cellule già presenti nei tessuti che sono invasi sia le cellule richiamate dal sangue.

  • La cute, l’organo più esteso del corpo umano, fornisce una valida barriera al passaggio di microbi dal momento che gli strati più superficiali dell’epidermide sono costituiti da cheratinociti morti, che hanno perso il nucleo e sono a tutti gli effetti dei depositi di cheratina e altre proteine filamentose, inoltre è impermeabile. La desquamazione di questo strato contribuisce alla rimozione di eventuali microbi depositatisi sulla sua superficie. Nell’epidermide tuttavia sboccano anche i dotti delle ghiandole sudoripare il cui secreto, il sudore, contiene immunoglobuline IgA, urea ed alcune tipologie di acidi grassi che lubrificano la pelle ed inibiscono la crescita batterica.
  • Il sangue contiene numerose proteine antimicrobiche come transferrina, lattoferrina, lisozima, interferone, fibronectina, TNF-α, immunoglobuline (IgA, IgD, IgE, IgG, IgM).
  • Le lacrime, secrete dalle ghiandole lacrimali, sono un liquido contenente numerose proteine antimicrobiche, tra cui il lisozima, la lattoferrina, lipocaina ed IgA.
  • Il naso, oltre ad intrappolare tramite le vibrisse le particelle più grossolane produce un muco contenente, oltre ad acqua, ioni e mucine, anche lo 0,1-0,5% di proteine antimicrobiche come lisozima, lattoferrina, β-defensina, IgA, IgG.
  • L’apparato gastrointestinale è per molti microbi un ambiente sfavorevole dato il basso pH (stomaco), la presenza di bile e succo pancreatico, ricchi di enzimi idrolitici.
  • Le vie respiratorie contengono surfattante e muco a livello dell’albero bronchiale, capace di intrappolare i patogeni provenienti dall’aria inspirata. Le pareti di buona parte delle vie respiratorie è tappezzata di ciglia che muovono il muco in direzione craniale e ne filtrano il contenuto. Secernono inoltre le defensine.
  • Mastzellen (mastociti): sono cellule sentinella strategicamente disposte nei tessuti che più comunemente vengono invasi dai microbi. Dopo aver percepito la presenza di un’invasione le mastzellen si attivano esercitando due tipi di risposta:
      • a) liberazione immediata di precursori preformati come l’istamina,
      • b) produzione e secrezione di mediatori lipidici come le ciclossigenasi e le prostaglandine e la secrezione di citochine. Quando rilasciate in piccole quantità queste sostanze guidano il processo infiammatorio. La massiva liberazione di queste sostanze attiva lo shock anafilattico.
  • Granulociti: si distinguono in neutrofili, basofili ed eosinofili. Sono le cellule più numerose presenti in circolo, hanno dimensioni doppie rispetto agli eritrociti e il loro citoplasma è ricco di granuli, da cui il nome di granulociti. Sono le prime cellule che arrivano nella sede flogistica.  Il nucleo è polilobato e può assumere forme un po’ diverse (da cui il nome poli-morfo-nucleati).
  • I granuli del citoplasma hanno una diversa affinità verso i coloranti. In alcuni granulociti i granuli si colorano bene con i coloranti neutri (neutrofili), altri con i coloranti basici (basofili) ed altri con i coloranti acidi come l’eosina (eosinofili). I neutrofili rappresentano il 70% dei leucociti circolanti, nei tessuti durano 3 giorni mentre in circolo hanno una emivita di appena 90 minuti dopodichè vanno incontro ad apoptosi e vengono fagocitati dai macrofagi. Per la loro secrezione necessitano dell’azione del fattore di crescita N-CSF (Neutrophil Colony Stimulating Factor) che appartiene alla famiglia delle citochine. I neutrofili sono le prime cellule ara ggiungere il sito di infezione grazie al fatto che il 50% di essi vivono aderenti alle pareti endoteliali vascolari.  I neutrofili mettono in atto tre potenti meccanismi distruttivi: la fagocitosi, la secrezione di reti (NET, Neutrophil Extra-cellular Traps o effetto Spiderman) e la degranulazione (effetto kamikatze). La degranulazione consiste nel rilascio all’esterno della cellula del contenuto dei granuli intracitoplasmatici. Nei granuli ci sono numerose sostanze ad azione anti-microbica, (lisozima, lattoferrina, elastasi, catepsina) tossiche anche per le cellule dell’organismo. Il rilascio improvviso delle sostanze contenute nei granuli ha un effetto devastante: non solo i microbi ma anche gli stessi neutrofili e le cellule dei tessuti intorno vengono gravemente danneggiati. Degranulandosi il neutrofilo si suicida con un vero e proprio effetto kamikatze. E’ per questo motivo che, nel corso di alcuni processi infiammatori, i granulociti neutrofili degenerano e costituiscono, insieme al materiale fagocitato, il cosiddetto pus. Il lisozima svolge un’azione battericida tagliando il legame tra gli zuccheri costituenti la parete cellulare dei batteri. La lattoferrina è una proteina che legandosi al ferro e quindi sottraendolo al metabolismo batterico esercita un’importante azione antibatterica. Gli eosinofili rappresentano tra il 2 ed il 4% dei leucociti presenti nel sangue. Sono caratterizzati dalla presenza di un nucleo bilobato e dalla 12 sangue. Sono caratterizzati dalla presenza di un nucleo bilobato e dalla presenza di numerosissimi granuli basici nel citoplasma contenenti sostanze in grado di eliminare i parassiti. Essi sono particolarmente efficaci nel contrastare le infezioni da elminti. Possono tuttavia rispondere anche a livello delle vie respiratorie ad infezioni da parte di virus o a livello intestinale ad invasioni da parte di batteri e funghi. Il numero degli eosinofili nel sangue aumenta in seguito ad infezioni da elminti ed in manifestazioni allergiche. La loro vita media nel sangue è di circa 18 ore, mentre nei tessuti, dove sono 100 volte più numerosi, possono sopravvivere e svolgere le loro funzioni effettrici per giorni o anche settimane. Gli eosinofili hanno un meccanismo d’azione simile a quello dei neutrofili. 
  • I vasi sanguigni si dilatano in risposta ai segnali di pericolo ed ai segnali ricevuti dalle molecole rilasciate dai mastociti. Le pareti dei vasi dilatati presentano delle piccole fessure tra le cellule endoteliali che ne costituiscono le pareti. Il nucleo polilobato consente ai granulociti di uscire dai vasi sgusciando tra queste piccole fessure attirati dalla presenza degli elementi non-self e dall’attivazione del complemento e guidati dalle citochine e chemochine
  • Monociti-macrofagi-cellule dendritiche: diverse ore dopo l’arrivo dei granulociti arrivano i monociti-macrofagi, Queste cellule riescono ad attraversare la barriera vascolare solo  quando i vasi sanguigni sono molto dilatati. Vengono secreti dal midollo osseo come monociti, cellule caratterizzate dalla presenza di un grande nucleo reniforme e di un citoplasma finemente granulare. I monociti circolano nel sangue per un tempo variabile tra 8 e 80 ore, per poi migrare nei tessuti dove si differenziano in macrofagi in grado di sopravvivere per mesi. I macrofagi assumono forme, funzioni e nomi diversi a seconda della localizzazione tissutale. Nel sistema nervoso centrale sono noti come cellule della microglia, nei sinusoidi epatici sono chiamati cellule di Kuppfer, nelle vie respiratorie sono denominati macrofagi alveolari, nell’osso prendono il nome di osteoclasti.  I macrofagi, il cui nome vuole indicare sia che sono grandi mangiatori sia che sono mangiatori di grandi particelle, svolgono la fagocitosi in modo professionale fagocitando proteine denaturate, globuli rossi invecchiati e prodotti derivanti dalla distruzione di cellule vecchie o danneggiate. e all’uccisione dei microbi, sia rilasciando radicali reattivi dell’ossigeno, sia fagocitandoli.   La fagocitosi può essere suddivisa in fasi: riconoscimento della particella da fagocitare, il legame della particella, la sua endocitosi e digestione. Per prima cosa le cellule devono arrivare nel luogo in cui sono presenti i microbi o le particelle da fagocitare.  Questo è reso possibile dal fatto che i microbi spesso producono sostanze che attirano le cellule del sistema immunitario (sostanze ad attività chemotattica) e che le invasioni, in genere, portano alla secrezione di segnali di pericolo. In secondo luogo, le particelle da fagocitare devono essere riconosciute e legate alla membrana dei macrofagi. Questo tipo di legame è reso possibile dalla presenza di recettori sulla membrana cellulare dei macrofagi. Questi recettori legano varie strutture delle particelle e dei microbi tra cui principalmente gli zuccheri. In altri casi invece, i fagociti riconoscono le particelle o i microbi ricoperti di anticorpi o quelli su cui si sono depositate le proteine del complemento (particelle e microbi opsonizzati). La particelle ed i microbi opsonizzati vengono fagocitati con alta efficienza. Dopo aver legato la particella o il microbo da fagocitare, la membrana plasmatica dei fagociti si invagina e i batteri vengono internalizzati nella cellula dentro vescicole che sono chiamate vescicole di endocitosi. Queste vescicole si fondono con i lisosomi presenti nel citoplasma e gli enzimi digestivi contenuti in essi, così come le sostanze battericide e i radicali reattivi dell’ossigeno, denaturano e digeriscono ciò che è stato endocitato. Le molecole che sono utili alla cellula, vengono riutilizzate, quelle non utili vengono invece eliminate.Infine, presentano ai linfociti T le sostanze che hanno ingerito ed attivano una risposta immunitaria adattativa. Questa funzione viene svolta principalmente dai monociti che si trasformano in cellule dendritiche. Infine, i macrofagi producono citochine, chemochine, i fattori del complemento, le proteine della coagulazione del sangue, vari enzimi, la fibronectina, ed i metaboliti dell’acido arachidonico. 
  • Cellule natural killer (NK): in risposta ad alcune invasioni arrivano anche le cellule natural killer (NK) che assomigliano a linfociti giganti con numerosi piccoli granuli nel citoplasma. Una volta raggiunta la maturazione si localizzano nella milza, nei linfonodi, nei polmoni e nella mucosa intestinale, o restano nel sangue. Le cellule NK svolgono un ruolo importante nel controllo delle infezioni virali e della crescita tumorale e nella guida della reazione infiammatoria secernendo numerose citochine. L’uccisione delle cellule bersaglio avviene mediante il rilascio di perforine, molecole capaci, in breve tempo di bucare la membrana della cellula bersaglio. Nei buchi della membrana plasmatica fatti dalle perforine entrano i granzimi, proteine che digeriscono le strutture del citoplasma della cellula in cui entrano. La cellula attaccata dalle perforine e dai granzimi spesso va incontro al “suicidio” apoptotico.
  • Interferone (IFN): gruppo di proteine, della famiglia delle citochine, prodotte dalle cellule per difendersi dall’invasione di un virus. Si chiamano così perché si formano per l’interferenza reciproca tra il virus e la cellula. Quando una cellula è colpita da un virus, probabilmente stimolata dall’acido nucleico del virus stesso, produce l’interferone e lo cede alle cellule vicine, al sangue e alla linfa. Stimolate dall’interferone, le cellule producono enzimi che entrano in azione contro il virus non appena questo le raggiunge.  Sono stati individuati tre tipi di interferone:  alfa (a), beta (b) e gamma (g);  a loro volta raggruppati in due classi: tipo I che comprende gli interferoni Iα suddivisi in 20 sottotipi e Iβ suddivisi in 2-5 sottotipi mentre la classe tipo II comprende solo gli interferoni IIγ.  Gli interferoni di tipo I (Ia e Ib) hanno un recettore comune e sono prodotti da leucociti, linfoblasti, monociti in seguito ad infezione virale o invasione neoplastica; hanno funzione antivirale, antineoplastica e immunomodulante.  Il gene per gli interferoni Iα e Iβ è situato sul cromosoma 9.  Gli interferoni IIg sono secreti dalle cellule killer e dai linfociti T e hanno il compito di segnalare al sistema immunitario di reagire ad agenti infettivi o alla crescita di un tumore.  L’interferone alfa ricombinante si usa per il trattamento di alcuni tipi di tumore, tra i quali leucemia mieloide cronica, mieloma multiplo, linfoma non Hodgkin, sarcoma di Kaposi nei pazienti affetti da AIDS, carcinoma renale e melanoma maligno. Nomi commerciali di interferone alfa ricombinante: Interferone alfa (Alfaferone®, Alfater®, Biaferone®, Cilferon-A®, Haimaferone®, Humoferon®, Introna®, Infergen®, Isiferone®, Roferon-A®, Wellferon®).  L’interferone Iβ è utilizzato nella terapia della sclerosi multipla. Nomi commerciali: di Iβ  ricombinante: Avonex®,  Rebif® (interferone beta 1a); Betaferon® (interferone beta 1b). Effetti collaterali: La reazione più comune all’impiego di interferone (IFN) è rappresentata da un quadro sintomatico simile all’influenza: astenia, febbre, brividi, anoressia, mialgie, cefalea, artralgia, sudorazione. Questi sintomi compaiono in circa il 90% dei pazienti; sono caratterizzati da una maggiore intensità dopo somministrazione intramuscolare o sottocutanea rispetto alla somministrazione e.v.; tendono a risolversi spontaneamente durante la fase iniziale del trattamento.
    Interferone Iγ (Imukin®) è indicato per la riduzione della frequenza di infezioni gravi nei pazienti affetti da malattia granulomatosa cronica (CGD e per la riduzione della frequenza di infezioni gravi nei pazienti affetti da osteopetrosi grave, maligna.

L’immunità innata non riconosce esclusivamente agenti infettivi, ma agisce anche su cellule self che, a causa di un’infezione o per stress esprimono molecole che normalmente non sono espresse dalle cellule sane e che per questo vengono riconosciute come non self. L’immunità congenita non possiede nessun meccanismo di memoria cellulare atto a fornire una risposta più efficace e rapida in seguito a reinfezione da parte di uno stesso agente infettivo, ma possiede metodi di discriminazione del self dal non-self che per molti versi la rendono una risposta immunitaria meno dannosa rispetto all’immunità adattativa poiché si ha un rischio praticamente nullo di errori che portino allo sviluppo di patologie autoimmuni. L’immunità innata non è un meccanismo dissociato dall’immunità adattativa, ma contribuisce a stimolarla e ad influenzarla tramite alcuni mediatori e segnali molecolari.

L’immunità innata riconosce i patogeni perché i recettori delle sue cellule si legano a delle molecole o porzioni di molecole caratteristiche  degli agenti patogeni che non sono espresse dalle cellule dell’organismo umano. Questi agenti sono perciò identificate come non self. La gamma di molecole riconosciuta dall’immunità innata, nota come profili molecolari associati ai patogeni (PAMP, Pathogen Associated Molecular Patterns) è tuttavia limitata, ridotta a circa un migliaio di strutture differenti, dal momento che i recettori per il riconoscimento dei profili (Pattern Recognition Receptors, PRR) hanno una variabilità molto inferiore rispetto a quelli dell’immunità adattativa, che può riconoscere diversi milioni di molecole differenti.

    Esistono molti tipi di cellule con i propri ruoli specifici coinvolti nell’immunità,  come riepilogato nella figura seguente. Nella risposta immunitaria innata, questi includono macrofagi, neutrofili, eosinofili, basofili, mastociti e cellule dendritiche che derivano da progenitori mieloidi. Anche le cellule natural killer fanno parte del sistema immunitario innato ma, a differenza delle altre cellule del sistema immunitario innato, derivano da cellule staminali linfoidi. Le cellule coinvolte nella risposta immunitaria adattativa comprendono le cellule B (o linfociti B) che si differenziano in cellule della memoria e plasmacellule e una varietà di cellule T (o linfociti T), comprese le cellule T helper e le cellule T citotossiche (chiamate anche linfociti T citotossici). CTL e cellule T CD8+), che derivano da cellule staminali linfoidi. Le cellule T natural killer e le cellule T gamma-delta fanno parte sia della risposta immunitaria innata che adattativa.
L’Immunità acquisita, denominata pure immunità specifica o adattativa, che produce una reazione che si “adatta” alle singole aggressioni patogene, reazione specifica nei confronti di ciascun agente infettivo che viene poi “memorizzata” dal sistema immunitario. La risposta immunitaria acquisita viene attivata quando il sistema Immunitario congenito non riesce a debellare un agente patogeno.  Può essere di tipo umorale o cellulo-mediata. Quest’ultima agisce tramite cellule speciali denominate linfociti-B e linfociti-T, che producono una grande varietà di agenti chimici specializzati, denominati anticorpi e citochine.
MECCANISMI EFFETTORI DELL’IMMUNITA’ CELLULO-MEDIATA 
La risposta cellulo-mediata è la funzione effetttrice dei linfociti T e serve come meccanismo di difesa contro i microrganismi che sopravvivono all’interno delle cellule. Tale risposta viene attivata dal riconoscimento da parte dei linfociti T degli antigeni presenti sulla superficie delle cellule infettate. Molte reazioni mediate dai linfociti T sono importanti anche nel rigetto da trapianto e malattie autoimmuni. La risposta consiste nello sviluppo di Linfociti T effettori a partire da linfociti T naive negli organi linfoidi secondari e successiva migrazione di questi nel focolaio di infiammazione .Qui avviene l’attivazione di questi linfociti T effettori che porta all’eliminazione del microrganismo o della cellula infettata.
Tipi di reazioni cellulo-mediate –  La risposta cellulo-mediata verso microrganismi fagocitati e collocati nei fagosomi è mediata dai linfociti CD4 Th1. Avendo molti microrganismi sviluppato la capacità di sopravvivere all’interno dei fagociti è resa necessaria questa cooperazione con i TH1 che rappresenta un punto di comunicazione tra immunità innata ed acquisita. La risposta verso microrganismi che invece sopravvivono nel citosol (soprattutto virus) è mediata dai linfociti CD8 detti CTL che vanno ad uccidere l’intera cellula infettata. La reazione verso gli elminti è mediata dai linfociti CD4 Th2. Alcune risposte intracellulari innate sono date dalle cellule Nk. L’attivazione macrofagica e la risposta infiammatoria mediata dai linfociti T possono provocare un danno tissutale,reazione detta ipersensibilità di tipo ritardato o DTH e rappresenta il principale meccanismo di danno tissutale in malattie autoimmuni.
Linfociti CD4 effettori. Esistono distinte popolazioni di linfociti TCD4 che si distinguoni sia per il tipo di citochine prodotte che per le funzioni effettrici.
Sottopopolazioni Th1 e TH2. Le sottopopolazioni meglio definite sono le Th1 e Th2. IFN-γ contraddistingue i TH1 mentre IL-4 e IL-5 marcano i TH2. Queste citochine determinano le funzioni effettrici delle due sottopopolazioni, inoltre partecipano attivamente al loro sviluppo ed espansione.Queste citochine fanno si che la risposta sia polarizzata verso una sola delle due sottopopolazioni favorendone lo sviluppo e attivazione della propria e inibendo quello dell’altra. Entrambe le popolazioni originano da precursori comuni e sono proprio queste citochine a rappresentare lo stimolo che determina in quale popolazione si differenzieranno:
  • -Th1: la differenziazione a Th1 è stimolata dalla presenza di batteri intracellulari.Queste infezioni vanno ad attivare le risposte immunitarie innate e la consequente produzione di citochine come IL-12, IL-18 e interferoni di tipo 1. Il principale segnale determinante è il riconoscimento dell’antigene associato a IL-12 e IFN-γ. Alcuni microrganismi legano i TLR macrofagici e attivano direttamente la secrezione di queste citochine. Altri stimolano le Nk a produrre IFN-γ che poi stimola i macrofagi a produrre IL12. I linfociti possono ulteriormente potenziare la produzione di citochine da parte dei macrofagi e attivare risposte supplementari mediante l’interazione CD40-CD40. Il fine ultimo delle cellule TH1 è quello di attivare i macrofagi all’eliminazione del microrganismo mediante secrezione di IFN-γ e legame CD40l-CD40. Il riconoscimento dell’antigene (quindi stimolo del complesso TCR=tcr+CD28) e la contemporanea stimolazione di IFN-γ attiva il fattore di trascrizione STAT1 che attiva il fattore T-bet che induce la produzione di IFN-γ. La stimolazione con IL-2 indispensabile per innescare la risposta attiva il fattore STAT4 che anch’esso andrà a indurre T-bet e quindi la produzione di IFN-γ.
  • -Th2: la differenziazione avviene in risposta ad elminti.Il fattore scatenante è IL-4 che attiva STAT6 che assieme al segnale inviato dal TCR in seguito al ricoscimento dell’antigene mi va ad attivare il fattore di trascrizione GATA-3 quale attiva l’espressione di geni per IL-4, IL-5, IL13, inoltre rende la differenziazione unidirezionale andando a inibire la sintesi della catena per il recettore di IL-12. Le prime molecole di IL-4 necessarie per dare via all’attivazione si presume siano secrete dal linfocita a partire  dalla loro iniziale attivazione e se poi l’antigene stimolante persiste la concentrazione di IL-4 aumenta e innesca il processo di differenziazione. Quindi alte concentrazioni di antigene anche senza adiuvanti riescono a portare la differenziazione verso Th2.
  • Sottopopolazione Th17: Recentemente identificata la sottopopolazione Th17 è distinta dalle due sopracitate tant’è che le citochine prodotte da Th1 e Th2 vanno a inibire la differenziazione in Th17. Questa popolazione produce IL-17, IL22.  Si differenziano a partire dagli stessi progenitori di TH1e2 in seguito a stimolazione dell’antigene e in presenza di TGF-β, IL-6 e IL-1.Si è ipotizzato che IL-6 sia prodotta precocemente dal tessuto danneggiato che sia da sola sufficiente ad innescare la differenziazione mediata dai fattori di trascrizione RORγt e STAT3. La citochina IL-23 favorisce il mantenimento e la sopravvivenza dei TH17 e dunque in mancanza di T regolatori si instaura una risposta infiammatoria la cui durata dipende da Il-6 e Il-23. Lo scopo principale dei Th17 è di proteggere contro infezioni batteriche extracellulari e fungine.Si è scoperto essere la causa della sclerosi multipla(anche se proprio il Prof Zamboni a Ferrara avrebbe confutato tale ipotesi trovandovi la cura) in cui ondate di Th17 danneggiavano la mielina cerebrale.
Risposte immunitarie mediate da th1:  La principale funzione dei Th1 è la difesa mediata contro microrganismi intracellulari. L’ IFN-γ prodotto attiva le attività microbicidiche dei fagociti e stimola inoltre la produzione di IgG  opsonizzanti che fissano il complemento e facilitano la fagocitosi. I linfociti T esprimono dei recettori per chemiochine e molecole di adesione che ne indirizzano l’azione.Inizialmente i macrofagi durante la reazione infiammatoria secernono TNF e IL-1 che stimolano le cellule endoteliali nel focolaio di infezione a esprimere selectine e ligandi per integrine in grado di riconoscere i recettori di homing espressi sui linfociti T. Durante la maturazione i Th1 acqistano capacità di esprimere i recettori per E e P selettina, inoltre solo i Th1 esprimono recettori per le chemiochine CXCR3 e CXCR5 che assicurano loro la corretta migrazione verso il focolaio infettivo. Una volta migrati e attivati dall’antigene loro stessi producono grandi quantità di citochine e chemiochine per facilitare il complessivo processo di migrazione. Il passaggio dal circolo al focolaio è indipendente dalla specificità per l’antigene e assicura la massima possibilità di avere linfociti “utili”. I linfociti che riconoscono l’antigene ricevono segnali che aumentano l’affinità per le integrine soprattutto VLA-4 e VLA-5 rimanendo trattenuti in sede extravascolare mentre gli altri ritornano in circolo. In sede i linfociti Th1 attivano i macrofagi per mezzo sia di segnali provenienti dall’interazione con IFN-γ sia dall’interazione CD40L-CD40  (CD40L è espresso solo dopo l’attivazione). L’ IFN-γ attiva STAT-1 e IRF-1 mentre CD40 attiva i fattori AP-1 e NK-κB. Questi fattori di trascrizione vanno ad attivare enzimi che creano intermedi reattivi dell’ossigeno come ossido di azoto ed enzimi lisosomiali che uccidono i microrganismi.Tali intermedi tuttavia creano un certo danno tissutale che viene però riparato mediante rimozione delle componenti danneggiate,formazione di nuovi capillari e sintesi di collagene.Tutti effettuati dai macrofagi attivati. I macrofagi attivati innescano inoltre un processo infiammatorio mediante secrezione di TNF e IL-1,   chemiochine e mediatori lipidici finalizzato a richiamare neutrofili e monociti.
DTH: il danno tissutale e l’infiammazione causati dai Th1 e macrofagi attivati sono i segni caratteristici delle cosiddette reazioni di ipersensibilità di tipo ritardato o DTH.Queste appartengono alle malattie infiammatorie immuno-mediate.Una volta attivato il sistema cellulo -mediato nel caso lo stesso antigene si ripresenti detto richiamo questo stimolerà la risposta immunitaria in modo massiccio e andrà a provocare appunto una reazione DTH.La caratteristica risposta DTH evolve nell’arco di 24-48 ore. Dopo 4 ore dal contatto con l’antigene i neutrofili si raccolgono attorno alle venule post-capillare;dopo 2 ore anche linfociti T e macrofagi. Le cellule endoteliali diventano permeabili alle macromolecole plasmatiche. L’accumulo di fibrina e linfociti T a livello extravascolare determina un rigonfiamento della zona e successivo indurimento evidenti a circa 18 ore dal richiamo e raggiungono la massima entità nelle 24-48 ore successive. La reazione DTH è utilizzata per diagnosticare eventuali infezioni pregresse a determinati antigeni.Nel caso si sfruttino antigeni ubiquitari è normale la reazione DTH e dunque una sua assenza evidenzia un deficit immunologico noto come anergia. Nel caso in cui i macrofagi attivati non riescano comunque a eliminare i microrganismi fagocitati in quel caso può instaurarsi una reazione DTH cronica causando oltre al danno tissutale anche deposito di tessuto connettivo(fibrosi)come ad esempio nella tubercolosi;si aggiunge la formazione di noduli di tessuto infiammatorio formato dai macrofagi che circondano l’antigene detti granulomi.
Risposte immunitarie mediate dai linfociti Th2. La risposta immunitaria mediata dai Th2 ha la principale funzione di promuovere la produzione di IgE e attivare le risposte immunitari mediate da mastociti e eosinofili nei confronti di infezioni elmintiche. Gli elminti sono troppo grandi per essere fagocitiati e troppo resistenti per i comuni microbicidi.I Th2 secernono Il-4 e Il- 13 che stimolano la produzione di IgE che opsonizzano il parassita e interagiscono con i recettori Fcε dei mastociti che possono degranulare i loro contenuti:ammine vasoattive,TNF,e mediatori lipidici tutti in grado di produrre infiammazione. I Th2 producono inoltre IL-5 la quale va ad attivare direttamente gli eosinofili in contatto con l’elmina che iniziano a secernere proteina basica maggiore e proteina cationica maggiore è in grado di intaccare i robusti elminti. Il-13 e IL-4 sono anche in grado di attivare i macrofagi M2 mediante la “attivazione alternativa”  (quindi non la “classica”mediante IFN-γ che attiva i macrofagi M1) a esprimere i recettori per il mannosio ed enzimi che promuovono la sintesi di collagene,fibrosi e citochine antiinfiammatorie. Questi contribuiscono alla formazione dei granulomi e al rimodellamento dl tessuto danneggiato.IL-13 pare stimoli anch ela produzione di muco mentre IL-4 la peristalsi intestinale. L’homing selettivo dei Th2 è mediato da particolari recettori per chemochine CCR3,4 e 8 che legano particolari citochine espresse nei focolai di infezione da elminti o nel corso di allergie. Le risposte di tipo TH2 sono infatti la principale causa di allergia.
Risposte mediate dai linfociti CD8 effettori: CTL I CTL CD8 sono linfociti T effettori che eliminano le cellule infettate da microrganismi intracellulari.La modalità di sviluppo è simile ai CD4:vi è stimolazione dei CD8 naive con l’antigene nel linfonodo,si assiste a una proliferazione,differenziazio e migrazione nel sito di infezione alla ricerca delle cellule infettate e successiva uccisione di quest’ultime. L’uccisione di una cellula è antigene -specifica e contatto-dipendente.I CTL uccidono solo le cellule che presentano associato a Mhc di classe 1 l’antigene che ne ha indotto la differenziazione nel linfonodo.Affinchè vi sia la liberazione dei granuli citotossici i CTL devono legarsi alla cellula bersaglio.I punti di ancoraggio sono il legame TCR antigene-Mhc,il legame del cofattore CD8 e l’adesina LFA-1 che si lega a ICAM-1 espresso sul bersaglio.Questi legami vanno a definire la cosiddetta sinapsi immunologica che rappresenta un punto di contatto tre le due membrane.Il legame LFA-1 e ICAM-1 va a costituire uno spazio isolato in questo anello di contatto nel quale si possono identificare due regioni:la regione di trasduzione del segnale e quella del dominio secretorio. I CTL esprimono anche recettori KIR tipici delle NK che riconoscono MHC di classe 1 anche in assenza di peptide e inviano segnali inibitori alle CTL in modo da salvaguardare cellule non infettate e gli stessi CTL.I CTL esprimono inoltre il recettore NKG2D che riconosce molecole MHC modificate magari da tumori o dall’infezione. Entro pochi minuti dal riconoscimento la cellula bersaglio va incontro ad alterazioni che la porteranno nell’arco di 2-6 ore alla morte.Nel frattempo le CTL si distacca dal bersaglio. Il CTL trasmette il cosiddetto colpo letale costituito dal rilascio di granuli contenenti vari enzimi tra cui granzimiA,BeC,perforina,serglicina,granulisina,catepsina B. La perforina e la granulisina associate ai granzimi e alla serglicina perforano la membrana e distruggono le proteine. La catepsina B impedisce l’autodegradazione. Un secondo meccanismo di uccisione sfrutta il legame tra FasL espresso dai CTL attivati e il suo recettore espresso da vari tipi cellulari attivando una caspasi che induce apoptosi cellulare e degradazione del Dna con conseguente eliminazione della potenziale sorgente infettante. 13.5 Linfociti T della memoria Le risposte immunitarie portano alla produzione di linfociti T della memoria a partire da intermedi sia di CD4 che di CD8. Possono derivare da Th1 o Th2 gia differenziati o meno e da CD8.
I linfociti T della memoria: si possono dividere in due popolazioni:
  • Linfociti T di memoria centrali:che esprimono CCR7 e L-selettina e che quindi migrano nei linfonodi dove non svolgono particolari funzioni effettrici ma piuttosto in caso di riscontro dell’antigene danno via a una decisa proliferazione che darà origine a una numerosa progenie effettrice.
  • Linfociti T di memoria effettrici: questi non esprimono né CCR7 né L selettina e dunque continuano a migrare attraverso i tessuti periferici e una volta riattivati secernono IFN-γ senza però proliferare attivamente. La risposta vera e propria dunque è attuata da queste ma dipende direttamente dal grado di proliferazione attuato a monte da quelli centrali. Le cellule della memoria possono permanere per anni e questo mantenimento dipende da citochine costitutivamente presenti nei tessuti.La principale è IL-7 necessaria anche per il mantenimento dei linfociti naive. Per i linfociti di memoria Cd8 pare sia richiesta anche IL-15. Queste citochine assicurano un basso ma costante livello proliferativo indipendente dal riconoscimento antigene-MHC.
TERAPIA SPERIMENTALE CON CITOCHINE: si basa sulla somministrazione di citochine ricombinante o di farmaci capaci di ridurre l’iperespressione delle citochine in patologie come: 
  • Artrite reumatoide: si utilizzano antagonisti di IL-1, IL-4 e IL-16
  • Sclerosi multipla: è presente IL-2
  • Lupus eritematoso: presente ll TNFα
  • Sclerodermia: sono presenti IL-1α, IL-12, IL-14

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