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Distocia di spalla (shoulder dystocia)

Da dottvolpicelli
Si definisce distocia di spalle (shoulder dystocia, SD) ogni situazione che richiede manovre per l’espulsione delle spalle e comunque un prolungato intervallo di tempo fra l’espulsione della testa e quella del corpo fetale ʻʻprolonged head-to-body delivery time” (>60”) (1-3). Entrambe le definizione sono comunque aleatorie e approssimative.  SD è la seconda causa in ordine di frequenza (11%) tra i contenziosi medico-legali per responsabilità professionale del ginecologo nell’assistenza al parto (4-7) .
Esistono diverse varietà di distocia della spalla:
1. Distocia maggiore – mancato impegno delle spalle: il diametro bisacromiale si trova ancora all’altezza dello stretto superiore mentre la testa fetale è già fuori. E’ la forma più grave di SD, situazione in cui falliscono la maggior parte delle manovre ostetriche per disimpegnare le spalle. 
2. Distocia alta: impatto della spalla posteriore contro il promontorio sacrale
3. Distocia bassa: la spalla anteriore,  a testa già espulsa,  è ingaggiata contro la sinfisi pubica 
4) Distocia minore: Mancata rotazione interna delle spalle dopo l’ingresso nel canale del parto.

La distocia viene di solito accertata quando, pur assecondando la rotazione esterna della testa già disimpegnata ed esercitando su di essa modiche trazioni verso il basso, non si riesce ad abbassare e a far uscire la spalla anteriore. La testa, dopo il disimpegno, viene retratta contro la vulva e sembra voler rientrare in vagina (“segno della tartaruga”, “turtle sign”).  Il neonato non è in grado di respirare poiché il torace è compresso dal canale vaginale e la bocca è tenuta chiusa dalla pressione esercitata contro la vulva. L’ipossia fetale si instaura nel giro di 4-5 minuti  (8-12).
Frequenza: 0.2-3%. La variabilità riferita è dovuta all’interpretazione dei criteri clinici impiegati dai vari operatori  che tendono a sotto/sopravalutare la frequenza della SD  (26,27).
Etiologia della distocia di spalle:
  • macrosomia fetale: è il principale fattore di rischio per la distocia di spalle.  La diagnosi di macrosomia viene formulata con l’esame USG e la valutazione clinica  e comunque sospettata da mancata dilatazione, mancata o ridotta progressione della parte presentata o arresto della dilatazione e progressione fetale nella parte finale (7-8 cm) del travaglio di parto.  Causa della macrosomia sono: diabete materno anche latente, eccessivo aumento ponderale materno in gravidanza, gravidanza pretermessa, multiparità. Generalmente si parla di macrosomia fetale quando il peso fetale è  >4000 grammi (le linee guida ACOG stabiliscono il cut-off a 4.500 gr) (16-20). L’estremità cefalica di un feto a termine, di peso normale, a livello dello stretto superiore, penetra nel canale del parto attraverso il diametro obliquo dello stretto superiore. Mentre la testa fetale attraversa il canale del parto, le spalle fetali similarmente alla testa, effettuano  riduzione del diametro bisacromiale, grazie alla flessibilità delle spalle, rotazione per impegnarsi a livello del diametro obliquo.  Mentre l’estremo cefalico attraversa  il canale del parto, la spalla posteriore discende nella concavità sacrale e quella anteriore si accomoda a livello di forame otturatorio. La combinazione peggiore per il verificarsi di una distocia di spalla è quella che vede un diametro bisacromiale più ampio della norma impegnarsi allo stretto superiore secondo il diametro meno favorevole, cioè l’antero-posteriore. Quando questa situazione si verifica, più comunemente la spalla posteriore scende al di sotto del promontorio sacrale, mentre quella anteriore impatta e si arresta al di sopra della sinfisi pubica. Fortunatamente molto rara è l’evenienza in cui entrambe le spalle rimangono al di sopra dell’ingresso pelvico (distocia di spalla bilaterale), situazione in cui nella maggior parte dei casi falliscono tutte le manovre disponibili per far fronte a tale emergenza.
    Molto più frequente è invece il verificarsi di una condizione in cui, pur avendo entrambe le spalle superato l’ingresso pelvico, esse
    faticano a ruotare a livello dello scavo medio. Quasi invariabilmente tale condizione, di gravità decisamente minore ed a prognosi favorevole, si verifica in presenza di feti macrosomi “asimmetrici” e/o di obesità materna, fattori che aumentano entrambi, verosimilmente con un meccanismo di attrito, la resistenza alla rotazione nel canale del parto. 
    Ma molti AA. ricordano che è possibile osservare una distocia di spalle anche senza macrosomia in caso di parto spontaneo e addirittura in parti con taglio cesareo di elezione (2). E’ addirittura possibile ipotizzare che alcune lesioni possono provocarsi durante la gestazione per bloccaggio della spalla fetale contro il promontorio materno (3-5) o briglie aderenziali delle membrane amniocoriali. La diagnosi di macrosomia effettuata mediante USG non sempre è esatta in caso di feti >4.000 gr.;  nel III° trimestre la scansione USG ha una sensibilità di appena il 60% per macrosomia (6-10).

COMPLICAZIONI DELLA DISTOCIA DI SPALLE:

1) traumi neonatali: ipossia fetale, paralisi neonatale di Erb-Duchenne/Klumple, lacerazione del cordone, frattura clavicola, frattura omero fetale.  

1) Paralisi ostetrica: A causa delle manovre e delle trazioni necessarie per l’estrazione delle spalle o in seguito a presentazione di spalla, c’è il rischio di stiramento e lacerazioni del plesso brachiale. Tali lesioni possono verificarsi nel 4-16% dei parti vaginali e anche nel 4% dei Tagli Cesarei (6-10). Non tutte le lesioni del plesso brachiale sono dovute ad eccessiva trazione e non tutte sono associate a SD. Tali dati sembrerebbero supportare l’ipotesi che il danno del plesso brachiale possa talora verificarsi durante il travaglio o, addirittura, prima dell’inizio di questo, per effetto dell’azione di forze anomale e/o di posture sfavorevoli assunte dal feto in utero (11-13).

Le paralisi ostetriche si dividono in tre tipi:

  1. la paralisi ostetrica di tipo superiore è la più frequente e consiste in una lesione del tronco superiore del plesso, composto dalla quinta e sesta radice cervicale (paralisi di Erb-Duchenne).  La spalla è abbassata, il gomito esteso, il braccio penzola flaccido e abdotto, il polso è flesso e pronato (ruotato medialmente), i riflessi tendinei profondi dell’arto interessato sono per lo più assenti, ma normalmente non è presente un deficit sensitivo.  E’ quindi facilmente riconosciuta alla nascita  e il danno va incontro in un’alta percentuale di casi (90%) a risoluzione spontanea. Ma è riconosciuta una disturbante persistenza di esiti fino al 50% dei casi. È tuttavia interessante notare come numerosi dati in Letteratura abbiano dimostrato il verificarsi di tale complicanza in assenza di distocia di spalla nel 34-47% dei casi (27-29).

  2. la paralisi ostetrica di tipo inferiore (di Dejerine-Klumpke) è meno frequente e consiste nella lesione del tronco inferiore del plesso brachiale composto dalla settima e ottava radice cervicale e dalla prima toracica.
    Questa lesione è causa di deformità della mano, ad artiglio, per la paralisi dei muscoli intrinseci. Il tronco simpatico è anch’esso colpito con conseguente miosi, enoftalmo e ptosi palpebrale dal lato affetto (sindrome di Bernard-Horner).
    Non sempre è facile riconoscere questa paralisi alla nascita; essa viene diagnosticata più facilmente quando il piccino incomincia ad afferrare gli oggetti.

  3. la paralisi ostetrica di tipo totale è dovuta alla lesione di tutto il plesso brachiale con conseguente paralisi motoria e sensitiva completa.

I traumi delle radici inferiori(paralisi di “Klumpke-Dejerine”) mostrano un maggiore interessamento sensitivo e vasomotorio con ipomobilità o paralisi dei muscoli flessori ed estensori dell’avambraccio e dei muscoli intrinseci della mano, i riflessi tendinei profondi sono conservati, il riflesso di prensione è debole, sono presenti anche edema e cianosi con alterata vascolarizzazione dell’avambraccio e della mano, sono presenti deficit sensitivi (caldo-freddo). Quasi tutti richiedono intervento chirurgico (43-53) e solo in alcuni casi è sufficiente la fisioterapia (54).

2) ipossia cerebrale: per l’eccessiva durata di questa situazione il  collo fetale viene a formare un’angolazione con il resto del corpo; per  tale angolazione  il collo fetale risulta notevolmente compresso.  Questo fattore interferisce sull’attività cardiaca per stimolazione vagale e per ostacolato ritorno venoso, con stasi a livello della circolazione intracranica e conseguente ipossia cerebrale.  Tale condizione, se prolungata nel tempo, si può accompagnare ad emorragia cerebrale. per larga parte il risultato dell’insulto ipossico prolungato sul neonato. Inoltre, dopo la fuoriuscita dell’estremo cefalico, l’apporto di ossigeno al feto si riduce criticamente. Anche se naso e bocca si trovano all’esterno, il torace è comunque compresso e ciò rende impossibili gli sforzi respiratori. Va inoltre considerato che, all’espulsione della testa fetale, l’utero tende a contrarsi ulteriormente causando una riduzione o, addirittura, una cessazione del flusso ematico negli spazi intervillosi. È stato dimostrato che dopo la fuoriuscita della testa la progressiva riduzione dell’ossigenazione fetale provoca un calo del pH di  0.04 unità al minuto. Partendo da questo dato, in un feto che si presenti al momento del parto in condizioni di normo- ossigenazione il tempo a  disposizione per risolvere una distocia di spalla prima che un danno ipossico-ischemico si verifichi è verosimilmente intorno ai 4-5 minuti. Se tuttavia il feto si trova già in uno stato di ridotta ossigenazione, tale margine di sicurezza sarà verosimilmente ridotto, con la possibilità che il danno si istauri in tempi molto più brevi.
3)  emorragia cerebrale:  si stabilisce in seguito ad ipossia e può provocare danni cerebrali irreversibili per cui il feto può riportare alterazioni neuropsichiche permanenti o morire durante i tentativi di disimpegno delle spalle o nel periodo post-natale (13-16).  asfissia neonatale → emorragia intracranica → danni cerebrali, danni neuromotori, morte fetale (34-40).
4) frattura della clavicolaè un evento traumatico considerato piuttosto frequente (15%); essa rappresenta da sola poco meno della metà delle fratture che interessano la spalla e circa il 5% delle fratture in generale. Sono i soggetti di sesso maschile quelli maggiormente interessati dal problema
(rapporto maschi-femmine 3:1). La clavicola risulta essere l’osso più frequentemente fratturato al momento della nascita; la frattura della clavicola, infatti, si registra in poco meno del 2% dei parti vaginali e in poco meno dell’1% dei bambini nati vivi; in questi casi il problema interessa in egual misura sia i maschi che le femmine. Esistono vari tipi di classificazione della frattura della clavicola; uno di questi è la classificazione di Almann; essa prevede la distinzione delle fratture clavicolari in tre gradi: 

  • I° grado: frattura del terzo medio della clavicola
  • II° grado: frattura del terzo laterale
  • III° grado: frattura del terzo mediale.

Le fratture del I° grado sono quelle più frequenti; quelle di II° grado sono frequentemente associate a pseudoartrosi e a ritardi del consolidamento osseo, mentre quelle di III° grado sono le più rare.

La classificazione però più accettata a livello internazionale è quella di Edinburgh; è piuttosto complessa, ma è anche la più dettagliata e completa

5) frattura dell’omero (1%)
6) lesioni del cordone ombelicale
7) emorragia post-partum: per tale motivo la puerpera in oggetto va monitorata molto attentamente nelle 24 ore seguenti al parto.
8) lacerazioni vaginali di III°-IV° grado (4%); lacerazioni cervicali  (2%)
9) frattura e/o dislocazione del tratto cervicale della colonna vertebrale è evenienza estremamente rara, ma gravata da prognosi disastrosa. Essa è spesso il risultato di manovre improprie e disperate di torsione e trazione sull’estremo cefalico e sul collo fetale
10) mortalità materna e/o fetale
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Management della distocia di spalle: SD è spesso imprevedibile, difficile da gestire a causa del fatto che non ci sono algoritmi univoci per la sua gestione. Tuttavia, anche se è opportunamente gestita, la SD è una delle cause più frequenti nelle controversie giudiziarie in ostetricia.
Sono state descritte alcune manovre ostetriche da eseguire nell’ordine riportato per favorire il disimpegno delle spalle in questa situazione, manovre che non risultano sempre efficaci.
Tab.   2  –  Manovre ostetriche per il disimpegno delle spalle:
A) Dapprima si esegue l’iperflessione delle cosce contro l’addome (manovra di Mc Roberts) per aumentare il diametro dell’egresso pelvico e  pressione sovrapubica sulla spalla anteriore per favorirne la liberazione.
B) rotazione della spalla anteriore verso l’eminenza ileo-pettinea più prossima (m. di Rubin)
C) Se ciò non ottiene il risultato, si cerca di estrarre la spalla posteriore mediante la liberazione del braccio posteriore afferrato e piegato al gomito (manovra di Jacquemier).
D) Se tale manovra non ha ancora successo, si ruota la spalla posteriore di 180° sotto la sinfisi pubica (manovra di Wood)
E) In caso di fallimento anche di questa manovra si frattura una o entrambe le clavicole
A) Manovra di Mc Roberts: l’iperflessione delle cosce contro l’addome (fig. 2) cambia la direzione della sinfisi pubica da diagonale in orizzontale e perciò aumenta il diametro dell’egresso pelvico. Con una pressione sovrapubica (fig. 1) sulla spalla anteriore si cerca di favorire la rotazione  della stessa spalla anteriore verso l’eminenza ileo-pettinea più vicina.  Evitare la pressione sul fondo dell’utero per il rischio di rottura d’utero.
B) Manovra di Rubin, rotazione parziale della  spalla anteriore: decisiva nel caso di distocia minore in cui c’è una mancata rotazione interna delle spalle dopo la discesa nel canale osseo. Il diametro bisacromiale è orientato secondo il diametro antero-posteriore dell’ingresso pelvico anzichè secondo uno dei due diametri obliqui. Delicatamente si cerca di ruotare la spalla anteriore verso l’eminenza ileo-pettinea più prossima infilando una mano nella parte posteriore della vagina ed esercitando una pressione sulla faccia anteriore o su quella posteriore della spalla posteriore;
C) estrazione della spalla posteriore: dopo aver effettuato una episiotomia mediana, e facendo una lieve trazione sulla testa verso l’alto e facendo fulcro sulla sinfisi pubica, si cerca di far scivolare fuori la spalla posteriore. Il rationale di questa manovra si basa sull’osservazione che nel parto spontaneo fisiologico spesso è la spalla posteriore a liberarsi per prima.
D) Manovra di Jacquemier: la spalla posteriore viene spinta in alto nella concavità sacrale, la mano dell’ostetrico è introdotta fra il dorso fetale e la vagina, con il palmo rivolto verso il dorso fetale per agire sulla spalla posteriore mentre l’altra mano esercita una pressione sulla spalla anteriore per ruotarla in posizione obliqua verso l’eminenza ileo-pettinea più vicina;  afferra il gomito del feto e lo flette verso l’addome fetale; la mano fetale viene afferrata e tirata all’esterno per estrarre l’intero braccio. Il braccio viene quindi usato (come una manovella) per ruotare l’intero corpo del bambino e liberare la spalla anteriore.
E) Manovra di Wood: Se tale manovra non ha ancora successo, si  ruota la spalla posteriore di 180° sotto la sinfisi pubica.
G) Frattura della clavicola: esercitando una pressione a livello del terzo medio della clavicola  (rischio di lesione dell’a. succlavia).
Si deve evitare la pressione sul fondo (manovra di Kristeller) perché può peggiorare la situazione o causare la rottura dell’utero. Tuttavia tali manovre necessarie per l’espletamento del parto possono portare ad un incremento di rischi materni e fetali (tab. 3).
H) Sinfisiotomia (41-42)
I) Taglio cesareo: quando tutte le manovre precedentemente descritte falliscono, la testa del bambino viene riportata in presentazione occipito-pubica, iperflessa e spinta all’indietro nella vagina (manovra di Zanardelli); il bambino viene poi fatto partorire mediante T. C..  Dopo l’isterotomia, con la collaborazione di un assistente posizionato come per l’assistenza al parto spontaneo, si potrebbe ottenere la rotazione del diametro bisacromiale dall’interno e procedere al parto vaginale.
PREVENZIONE: 
1) identificazione macrosomia fetale: L’esame obiettivo nell’addome materno non sempre consente all’ostetrico di identificare feti singoli con dimensioni superiori alla media. Anche se la valutazione del rapporto fra i diametri pelvici e della testa fetale fa escludere una sproporzione feto-pelvica, tale valutazione può non  risultare sufficiente ad escludere il rischio della distocia di spalla. L’esame USG utilissimo per la  valutazione biometrica fetale ed in particolare del peso fetale, nei feti macrosomici presenta un ampio range di variabilità (± 10%) nel 70%  dei casi (30-33). La formula Hadlock, che tiene conto del DBP, della circonferenza  addominale e della lunghezza del femore, sembra più precisa della formula di Shepard che utilizza solo il DBP e la CA (1). Il valore medio del diametro biparietale è di 98,04 ± 2,22  mm; il valore medio della lunghezza del femore è di 75,02 ± 2,35 mm; il valore medio del diametro trasverso dell’addome è di 98,24 ± 2,76 mm; il valore medio della circonferenza cranica è di 354,26 ± 18,32mm; il valore medio della circonferenza addominale è di 362,12 ± 24,32 mm. La Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica (SIEOG) nelle sue linee guida ha stabilito che nelle gravidanze normali l’ultima ecografia va effettuata alla 32-34a settimana cioè ad oltre 4 settimane dal parto presunto. Il ginecologo dovrebbe quindi guardare nella sfera di cristallo per conoscere il peso fetale dopo 4-5 settimane dall’ultima ecografia.
2)  Taglio cesareo di elezione: secondo Langer si può affermare che una stima del peso fetale ≥4250 grammi nelle p/ti diabetiche, pone indicazione per un taglio cesareo di elezione. In tal modo si eliminerebbe il 76% delle distocie di spalla, con incremento dei tagli cesarei di solo lo 0,2% mentre, nei casi di gestanti non diabetiche con feti macrosomici di peso ≥4500 grammi, eseguendo un taglio cesareo si eliminerebbe solamente il 20% delle distocie di spalla, con incremento di tagli cesarei dell’1,2%.
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  53. Bertelli, Jayme A; Ghizoni, Marcos F (2011). “Results and current approach for Brachial Plexus reconstruction”. Journal of Brachial Plexus and Peripheral Nerve Injury 6 (1): 2.
  54. Smania, N; Berto, G; La Marchina, E; Melotti, C; Midiri, A; Roncari, L; Zenorini, A; Ianes, P; Picelli, A; Waldner, A; Faccioli, S; Gandolfi, M (2012). “Rehabilitation of brachial plexus injuries in adults and children”European journal of physical and rehabilitation medicine 48 (3): 483–506.

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3 commenti

daigoumee 4 Maggio 2011 - 4:40

nice post. thanks.

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isabel marant chaussures 6 Aprile 2013 - 7:58

Every word in this piece of work is very clear and your passion for this topic shines. Please continue your work in this area and I hope to see more from you in the future.

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Web Design Services 7 Giugno 2015 - 2:21

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very slow for me. Is anyone else having this problem or is it a issue on my end?
I’ll check back later and see if the problem still exists.

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