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Carcinoma cervicale

Da dottvolpicelli
Ultimo aggiornamento  2020-01-26  16:06:57
Il carcinoma della cervice è la quarta neoplasia per frequenza nella popolazione femminile del mondo occidentale. 
In Italia vengono stimati circa 3700 nuovi casi/anno con una incidenza di 12/100.000 donne/anno.
L’incidenza del tumore dopo cinquant’anni dall’introduzione del Pap-test ha subito una riduzione dei nuovi casi e del rischio di morte. 
L’età media di insorgenza è 51 anni per le forme invasive, ma scende a 32 per le forme intraepiteliali.
Il carcinoma cervicale tipicamente si sviluppa da lesioni pre-cancerose dopo 10-20 anni.  Circa il 90% dei cervicocarcinomi sono carcinomi a cellule squamose e il 10% sono adenocarcinomi.

Fattori di rischio: sono la precocità di inizio dell’attività sessuale associato ad un elevato numero di partners, le terapie immunosoppressive, sistema immunitario depresso, il basso livello socio-economico (il 70% dei casi di cervicocarcinoma si sviluppa nelle nazioni in via di sviluppo), la multiparità, terapia contraccettiva ormonale,  il fumo.
Le infezioni da Papillomavirus (HPV) in particolar modo di alcuni tipi come il 16 ed il 18 (75%) e, più recentemente, il 31, 33 e 35 (15%) sono coinvolte complessivamente nel 90% dei casi di cervicocarcinoma. Le verruche genitali sono una forma di tumore benigno delle cellule epiteliali e sono causate da vari ceppi di HPV. Tuttavia, questi sierotipi di solito non sono legati al cancro del collo dell’utero. Spesso si ritrovano contemporaneamente lesioni pre-cancerose e verruche. 

Il fumo di sigaretta, sia attivo che passivo, aumenta il rischio di cancro della cervice uterina. Le donne HPV-infettate, attuali e/o ex-fumatrici hanno 2-3 volte maggiore incidenza di cancro invasivo rispetto a un gruppo controllo di non fumatrici. Il fumo passivo è anch’esso associato a un aumentato rischio, ma in percentuali minori [29].

Il fumo può aumentare il rischio di cervicocarcinoma in modo diretto: la fumatrice ha una maggiore probabilità di sviluppare un CIN3  che ha la potenzialità di formare il cancro cervicale. Forti fumatrici a lungo termine sembrano avere un rischio di lesioni CIN3 molto più elevato rispetto al gruppo controllo non fumatrici. Indirettamente il fumo contribuisce ad accrescere il rischio in pazienti HPV positive.

I contraccettivi orali fanno aumentare di cinque volte il rischio di ca cervicale se usati per >5 anni senza soluzione di continuità; il rischio aumenta di 10 volte se i CO sono stati utilizzati in modo continuo per >10 anni.

Gravidanze a termine: le donne che hanno avuto >6 gravidanze a termine, presentano un rischio di ca. cervicale aumentato di 4 volte rispetto ale donne con 1-2 gravidanze a termine.

Diagnosi
Il cervicocarcinoma allo stadio iniziale è spesso asintomatico.

  1. I sintomi, quando presenti, sono aspecifici: spotting spontaneo o dopo rapporti sessuali, leucorrea maleodorante.
  2. Il sospetto diagnostico di cervicocarcinoma si pone sulla base di un referto dubbio o positivo all’esame citologico cervicale
  3. La colposcopia rappresenta, successivamente, l’esame di secondo livello. Essa utilizza l’acido acetico per valutare la cervice uterina con citologia dubbia o francamente anormale  dove eseguire la biopsia per l’esame istologico.
  4. Dove non sono operativi programmi di screening può accadere che il sospetto di neoplasia cervicale venga posto dopo un esame clinico (forma esofitica con tessuto friabile facilmente sanguinante, forma endofitica con cervice dura; a volte l’esocervice può sembrare integra ed il collo uterino può assumere forma a “barilotto”. Altre volte si può avere la forma ulcerativa, con formazione di un “cratere” più o meno profondo).
  5. La biopsia cervicale deve essere effettuata su tutte le lesioni clinicamente sospette preferibilmente sotto guida colposcopica. Quando la citologia suggerisce la presenza di una neoplasia cervicale ma non vi è alcuna lesione visibile macroscopicamente o colposcopicamente deve essere effettuata una conizzazione con curettage frazionato. La conizzazione può essere eseguita con: lama fredda, con laser CO2 o con ansa diatermica ad onde radio ad alta frequenza. 

    ca in situ

La conizzazione cervicale è indicata nelle seguenti condizioni:

  • non vi è lesione visibile colposcopicamente
  • l’epitelio atipico si estende lungo il canale cervicale e la lesione non può essere adeguatamente visualizzata all’esame colposcopico in tutta la sua estensione
  • vi è discrepanza tra il risultato della biopsia eseguita in corso di colposcopia e l’esame citologico
  • la diagnosi di microinvasione deriva da una biopsia a morso cervicale
  • il curettage endocervicale identifica una CIN.

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Stadiazione
L’attuale stadiazione del cervicocarcinoma invasivo è quella proposta dalla FIGO a Montreal nel 1994 (vedi tab. 1).

 

Stadiazione FIGO (Montreal 1994)
Stadio O (TO) Carcinoma in situ, carcicoma intraepiteliale.
Stadio I (T1) Il carcinoma è strettamente limitato alla cervice.
IA Carcinoma preclinico, diagnosticabile solo al microscopio.
IA 1 Invasione stromale < 3 mm, estensione orizzontale < 7 mm.
IA 2 (T1c) Invasione stromale > 3 mm e < 5 mm, misurati dalla membrana basale dell’epitelio sia di superficie che pseudoghiandolare. Estensione orizzontale < 7 mm. Il coinvolgimento degli spazi linfoematici non modifica lo stadio ma deve essere segnalato.
IB (T1b) Lesione che eccede i limiti dello stadio precedente, che può o meno essere clinicamente apprezzabile. Il coinvolgimento degli spazi linfoematici non modifica lo stadio ma deve esere segnalato.
IB 1 Dimensione della cervice < 4 cm.
IB 2 Dimensione della cervice > 4 cm.
Stadio II (T2) Il carcinoma si estende oltre la cervice senza raggiungere la parete pelvica. Coinvolge la vagina ma non raggiunge il terzo inferiore.
IIA Assenza di evidente coinvolgimento parametriale.
IIB Evidente coinvolgimento parametriale.
Stadio III (T3) Il carcinoma è esteso fino alla parete pelvica. Non si apprezza spazio libero da tumore tra neoplasia e la parete pelvica alla esplorazione rettale.
IIIA Assenza di estensione alla parete pelvica, ma coinvolgimento del terzo inferiore della vagina.
IIIB Estensione alla parete pelvica, o idronefrosi, o rene escluso.
Stadio IV (T4) Il carcinoma ha clinicamente coinvolto la mucosa della vescica o del retto o è esteso oltre la pelvi vera.
IVA Estensione agli organi adiacenti.
IVB Diffusione agli organi distanti (addome, polmoni, scheletro, ecc.)

 Le procedure diagnostiche suggerite dalla FIGO per la stadiazione del cervicocarcinoma sono: esame vaginale bimanuale e vagino-rettale (eventualmente in narcosi), colposcopia, biopsia (già citate nelle procedure diagnostiche), Rx torace, urografia. Cistoscopia e proctosigmoidoscopia solo per sospetto clinico di invasione.

Le regole per una corretta stadiazione clinica, secondo la FIGO sono:
– lo stadio deve essere definito clinicamente prima di qualsiasi programma terapeutico
– la stadiazione clinica va effettuata immediatamente dopo la diagnosi di cervicocarcinoma
– definito lo stadio esso non deve essere modificato successivamente
– nei casi di dubbio clinico tra due stadi deve essere scelto lo stadio inferiore.
La stadiazione FIGO basata su dati clinici e strumentali presenta una discrepanza con i dati patologici nel 20-60% dei casi. Lo stadio FIGO non considera il coinvolgimento linfonodale in contrasto con la classificazione TNM. 
L’ultrasonografia, la TAC e la RMN proposte per superare i limiti della stadiazione clinica non hanno dimostrato un reale vantaggio.

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Classificazione istologica:

  • carcinoma a cellule squamose (80-85%) 
  • adenocarcinoma (circa il 15%) 
  • carcinoma adenosquamoso
  • carcinoma a piccole cellule
  • tumore neuroendocrino
  • carcinoma a cellule vetrose
  • adenocarcinoma villoghiandolare

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Fattori prognostici
Utili per un corretto inquadramento nosologico ma non determinanti per la stadiazione. Essi sono:
Stadio: rappresenta uno dei più importanti fattori prognostici; ad esso sono direttamente correlati il rischio di metastasi linfonodali e la sopravvivenza. Sopravvivenza in base allo stadio: Stadio I 85%, Stadio II 66%, Stadio III 39%, Stadio IV 11%.
Profondità di invasione stromale: carattere differenziale tra stadio IA1 (< 3 mm) e stadio IA2 (> 3 < 5 mm). È correlata con il rischio di metastasi linfonodali e di recidiva locale (< 3 mm: N+0,2%; tra 3 e 5 mm: N+6,8%; tra 6 e 10 mm: N+14%; &Mac179; 20 mm: N+46%).
Estensione orizzontale: è correlata dal rischio di metastasi linfonodali e di recidiva locale.
Dimensione del tumore: il diametro cervicale è carattere differenziale tra lo stadio IB1 (&Mac178; 4 cm) e IB2 (&Mac179; 4 cm). È un importante fattore prognostico per l’insorgenza di recidive pelviche e per il rischio di metastasi linfonodali. Alle dimensioni del tumore è correlata la sopravvivenza.
Stato linfonodale: è il principale fattore prognostico a cui sono strettamente correlati sia gli indici di sopravvivenza che le recidive. A parità di stadio, infatti, in presenza di coinvolgimento linfonodale la sopravvivenza è peggiore. La sopravvivenza a 5 anni è dell’85-90% nei casi N- e del 50% in quelli N+.
Diffusione neoplastica negli spazi capillarosimili, ematici e linfatici: sono tutti fattori correlati con il rischio di metastasi linfonodali, con le recidive e con la sopravvivenza.
Tipo istologico, grado di differenziazione, recettori ormonali, virus e oncogeni, modalità di infiltrazione e reazione flogistica peritumorale: oggetto ancora oggi di studio. I risultati sono contraddittori. Non sembrano influire sulla prognosi.

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Terapia
I trattamenti impiegati per il cervicocarcinoma sono principalmente due: la chirurgia e la radioterapia. Queste due modalità di trattamento sono riconosciute come ugualmente efficaci sia per il controllo locale della malattia, sia per i risultati positivi sulla sopravvivenza.

Il trattamento chirurgico è utilizzato prevalentemente quando la malattia è in fase iniziale. Con il progredire dello stadio la terapia prevalentemente utilizzata è quella radiante esterna e brachiterapia.  Questa scelta è condizionata anche dall’età della paziente, trattandosi spesso di donne giovani, nelle quali il trattamento radioterapico può influire negativamente sulla funzione endocrina ovarica e sessuale. Il trattamento chirurgico evita le complicazioni legate alle alte dosi radioterapiche ed assume, inoltre, un importante ruolo nella valutazione dei vari fattori istopatologici che hanno un significato prognostico. Recentemente è dedicata particolare attenzione alle donne in età fertile e con K agli stadi iniziali. In questi casi si cerca di risparmiare la funzionalità riproduttiva (“fertility-sparing therapy”) pur rispettando rigorosamente i limiti imposti dalla malattia. 

Stadio IA: la FIGO lo suddivide in IA1, comprendente quelle lesioni con invasione stromale inferiore a 3 mm ed estensione orizzontale inferiore a 7 mm e IA2 in cui le lesioni con invasione stromale tra 3 e 5 mm ed estensione orizzontale inferiore a 7 mm. Lo stadio IA può essere trattato con isterectomia ed escissione del colletto vaginale (2 cm). per lo stadio IA2 si aggiunge anche la linfadenectomia pelvica. Per lo stadio IA1 si può anche effettuare la sola conizzazione cervicale (108) oppure una trachelectomia semplice o radicale che include anche l’asportazione di alcuni linfonodi pelvici (104-107).
La diagnosi di carcinoma allo stadio IA non può essere posta sulla base di una semplice biopsia ma è necessario effettuare una conizzazione allo scopo di evidenziare i caratteri essenziali per un corretto inquadramento nosologico. Solo in tal modo è possibile stabilire la profondità di invasione e valutare i fattori prognostici. Per lesioni con invasione <3 mm in assenza di fattori prognostici sfavorevoli una chirurgia conservativa è appropriata, dal momento che il rischio di metastasi linfonodali è estremamente basso (0,2%).
I fattori che possono influire sulla decisione di adottare un trattamento conservativo sono: l’età della paziente, il desiderio di prole, l’assenza di patologia genitale concomitante, la disponibilità ad un adeguato follow-up. Nei casi IA1 con fattori prognostici sfavorevoli il trattamento deve essere personalizzato potendosi effettuare in alternativa un intervento di isterectomia extrafasciale (Piver I).
Nello stadio IA2 il rischio di metastasi linfonodali è del 6,8% e rappresenta il nodo cruciale nella scelta della terapia che non può che essere personalizzata: il trattamento può essere conservativo (conizzazione) o radicale (isterectomia sec. Piver II con linfadenectomia pelvica) oppure con radioterapia pelvica o brachiterapia. In assenza di fattori prognostici sfavorevoli ed in casi selezionati, al fine di conservare la fertilità, può essere consentita l’esecuzione di un’ampia conizzazione purché i margini di resezione chirurgica siano indenni da neoplasia e la paziente offra garanzie di follow-up adeguato.
Il trattamento conservativo determina un rischio di recidiva del’11-12% (sovrapponibile a quello ottenuto con una isterectomia extrafasciale sec. Piver I) e di mortalità del 2-6%.
Il trattamento radicale determina un rischio di recidiva del 2% ed un azzeramento della mortalità. La conizzazione come trattamento definitivo degli stadi IA2 richiede, quindi, alcuni criteri quali:
1) desiderio di mantenimento della fertilità
2) collaborazione della paziente per un adeguato follow-up
3) margini del cono liberi da neoplasia
4) assenza di interessamento degli spazi linfovascolari
5) procedura istopatologica conforme agli standard.
La terapia chirurgica delle lesioni neoplastiche iniziali della portio deve essere personalizzata attuando demolizioni minime con massima garanzia di efficacia.

Stadio IB-IIA: l’isterectomia radicale con linfoadenectomia pelvica sistematica e la radioterapia transcutanea con brachiterapia conseguono gli stessi risultati in termini di sopravvivenza (80-90%).
L’opzione terapeutica è influenzata dall’età, dalla conservazione della funzione ovarica, dalle condizioni generali della paziente.
Le complicanze, anche se qualitativamente differenti, sono sovrapponibili nelle due diverse modalità terapeutiche.
Nelle pazienti irradiate in prima istanza per neoplasia allo stadio IB2 non sarebbe giustificata una isterectomia postradioterapia per l’aumento dei costi e della mortalità senza un evidente vantaggio in termini di controllo locale della malattia.
La chemioterapia neoadiuvante alla radioterapia consente di ottenere risposte obiettive nel 50% dei casi ma non modifica la prognosi né i termini di sopravvivenza né nel controllo locale della malattia. Al contrario incoraggianti sembrano essere i risultati della chemioradioterapia concomitanti.
L’integrazione di chirurgia e radioterapia non ha prodotto alcun incremento terapeutico ma a fronte di una drastica riduzione delle recidive pelviche si assiste ad un significativo incremento delle recidive a distanza senza alcun impatto sulla sopravvivenza.

Stadio IIB: il trattamento standard è la radioterapia esterna con brachiterapia. Tale metodo determina una sopravvivenza a 5 anni tra il 38 ed il 60%. Circa il 30% delle donne allo stadio IIB hanno metastasi ai linfonodi paraaortici.
Alcuni centri trattano tali pazienti con l’isterectomia radicale sec. Piver III con linfoadenectomia pelvica con sopravvivenza assimilabile a quella ottenuta mediante radioterapia.
La linfoadenectomia aortica sembra indicata nei tumori con diametro superiore a 4 cm e con linfonodi pelvici positivi.

Stadio III e IV: la radioterapia esterna e la brachiterapia rappresentano lo standard terapeutico in questi stadi. La sopravvivenza a 5 anni al III stadio è compresa tra il 20 ed il 40%, mentre al IV stadio oscilla tra il 5 ed il 20%.
Cervicocarcinoma invasivo dopo isterectomia semplice: in presenza di cervicocarcinoma invasivo inaspettato dopo isterectomia semplice, effettuata per patologia benigna, in caso di coinvolgimento neoplastico dei margini di resezione deve essere eseguita una radioterapia postoperatoria nel più breve lasso di tempo possibile. Infatti la sopravvivenza di tali pazienti è direttamente correlata alla tempestività del trattamento. Non si deve eseguire un intervento di isterectomia senza avere effettuato un esame colpocitologico.
Carcinoma del moncone: tale neoplasia deve essere trattata come quella insorta su un utero intatto. I risultati sia in termini di cura che di sopravvivenza sono sovrapponibili nei due gruppi di pazienti.
Terapia delle recidive: la terapia di una recidiva varia in base alla terapia precedentemente eseguita ed alla sede della recidiva.
È possibile effettuare una terapia curativa solo nelle pazienti con recidiva pelvica centrale senza segni di metastasi linfonodale o a distanza.
Nelle pazienti trattate con radioterapia in prima istanza è improponibile un secondo trattamento radioterapico per la costante associazione con complicanze inaccettabili. La pelvectomia anteriore, posteriore o totale rappresenta la procedura di scelta nella recidiva pelvica centrale dopo radioterapia primaria in assenza di diffusione extrapelvica del tumore e/o di metastasi linfonodali. Questo intervento, altamente mutilante, comporta una notevole percentuale di complicanze postoperatorie e seri problemi psicologici. Per tali ragioni non deve essere effettuato a scopo palliativo.
Il trattamento delle pazienti con recidiva pelvica centrale dopo intervento chirurgico primario è la radioterapia esterna con RT intracavitaria; in casi selezionati si può ricorrere alla evisceratio pelvica. In caso di recidiva laterale o periferica (invasione dei parametri, fissazione alla parete pelvica, metastasi linfonodali) è indicata la chemioterapia.

FOLLOW-UP

Il follow-up delle pazienti permette di individuare precocemente la comparsa delle recidive, e delle complicanze tardive.
La prognosi di tali pazienti è, infatti, anche legata alla precocità con la quale viene diagnosticata una recidiva. I controlli periferici comprendono l’esame clinico generale e la visita ginecologica vagino-rettale, il Pap-test, gli esami di laboratorio di routine.
Altri esami vanno eseguiti quando richiesti dalla situazione clinica.
È consigliabile una scadenza di quattro mesi per i primi due anni dall’intervento, e di sei mesi fino al quinto anno.

PREVENZIONE:

  1. Vaccinazione: due i vaccini attualmente commercializzati in Italia: Gardasil e Cervarix. Il vaccino riduce del 90% il rischio di K cervicale.
  2. Rapporti sessuali protetti
  3. Dieta: l’assunzione di Vitamina A è associata con basso rischio di K cervicale come pure la vitamina  B12, vitamina C, vitamina E, beta-carotene (109-110).

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