Le fistole vescico-vaginali (VVF): comunicazioni anomale fra vagina e vescica che causano perdite involontarie di urina in vagina. Oltre al fastidioso cattivo odore e relativo disagio sociale, la fuoriuscita di urina in vagina è causa di infezioni locali e calcolosi vescicale.
ETIOLOGIA:
Le VVF raramente sono congenite; nel 90% dei casi sono lesioni tipicamente iatrogene, conseguenza di aderenze post-chirurgiche (isterectomia, colpoplastica anteriore, colposospensione, T.C.), post-partum, da radiazioni (in tal caso spesso si riscontrano anche fistole retto-vaginali e ileo-vaginali (19,20)
Si osservano nello 0.1-2% delle isterectomie per via addominale; costituiscono da sole il 90% di tutte le VVF e sono 3 volte più frequenti nelle isterectomie addominali rispetto a quelle vaginali. Un travaglio di parto caratterizzato da una prolungata fase espulsiva può provocare una lesione vagino-vescicale da compressione ischemizzante esercitata dalla parte presentata.
Altre cause di VVF sono la TBC, le lesioni neoplastiche maligne uterine e vaginali e l’endometriosi.
SINTOMATOLOGIA:
La paziente, a distanza di 15-90 giorni dall’intervento riferisce perdite di urina dalla vagina.
DIAGNOSTICA: la valutazione della grandezza e dell’esatta localizzazione della fistola è importante per decidere la strategia terapeutica.
- Esame della parete vaginale mediante speculum vaginale
- Vaginoscopia con eventuale prelievo istologico del tessuto fistoloso in caso di sospetta o pregressa neoplasia maligna
- Fistolografia: si introduce un catetere nella apertura fistolosa vaginale e si inietta m.d.c. radiopaco che evidenzierà la fistola. In caso di fistole di diametro molto piccolo il decorso della fistola può non evidenziarsi; in tal caso si ricorre all’iniezione di blu di metilene in vescica o all’iniezione endovenosa di indaco-carminio ricercando poi tracce del colorante in vagina mediante appositi tamponi: Pad dye test”.
- Cistoscopia: permette la visualizzazione diretta dello sbocco fistoloso vescicale.
- Urografia o Cistografia: si evidenzia il m.d.c. espanso in vagina.
RMN o TAC (UROTAC): si evidenzia un tragitto fistoloso che mette in comunicazione la vescica con la vagina. L’esame consente una valutazione sia del parenchima renale che delle vie escretrici unendo i vantaggi diagnostici della panoramicità con i rilievi propri della urografia. L’indagine ha quindi valenza sia morfologica che funzionale.
USG trans-perineale: effettuata con scrupolosa attenzione asettica permette di aggiungere una possibilità diagnostica di facile attuazione, basso costo e che gode della compliance delle pazienti. L’immagine ecografica di una VVF appare come una linea irregolare, filiforme, anecogena, del diametro di 5-12 mm, lunga 1.2-2.5 cm che dalla vagina raggiunge la vescica (10-12, 16-19).
Isteroscopia:
TERAPIA:
Attualmente il trattamento di fistole molto piccole prevede un approccio di tipo conservativo mediante:
- il mantenimento a dimora di un catetere vescicale per un periodo di circa 2 mesi con percentuali di successo del 7-12%. Si utilizzano cateteri del diametro di 20-24 Ch (Charrièr, Ch = 1/3 mm) in silicone puro tipo Foley Aquarius® e con estremità dotata di fori più ampi tipo Dufour o Couvelaire. Questi ultimi sono entrambi semirigidi, con estremità “a becco di flauto”, dotati di palloncino rigonfiabile per ancoraggio e con due fori laterali contrapposti; il Dufour inoltre è dotato di 3 vie per consentire il lavaggio vescicale (4). Il tempo di permanenza dei cateteri in lattice siliconato e in PVC non deve superare i 28 giorni, in base al DL 46/97 (5). Nelle pazienti in post-menopausa, il trattamento pre-operatorio con HRT migliora le percentuali di successo della terapia.
- Cauterizzazione del tratto fistoloso per via vescicale mediante nitrato di argento o ansa diatermica; cateterizzazione vescicale per 4 settimane
- Curetage del canale fistoloso e cateterizzazione vescicale come sopra. Il curetage produce disepitelizzazione del tragitto fistoloso e la creazione di margini cruentati che facilmente cicatrizzano chiudendo la fistola.
In caso di insuccesso occorre intervenire chirurgicamente. La via di accesso può essere trans-vaginale in caso di fistole piccole e basse, laparotomica in caso di fistole grandi e situate in alto. Recentemente si sta imponendo l’opzione laparoscopica per tutte le varianti di fistole (6-8).
I tempi di attesa dell’intervento dall’evento etiologico sono: 2-3 settimane dall’isterectomia dall’isterectomia o colpoplastica, 3-6 mesi dal trauma ostetrico e 12 mesi dall’irradiazione. Il tempo di attesa consente la guarigione dei tessuti circostanti e la neoangiogenesi successiva all’obliterazione vascolare.
Ma una fistola che si manifesta nelle 72 ore seguenti un intervento chirurgico richiede un immediato intervento riparatore.
Tecnica chirurgica open:
Indicazioni:
a) patologia pelvica associata
b) I casi in cui può essere richiesto reimpianto ureterale
c) accesso limitato a causa di una VVF retratta in alto
d) vagina stretta
e) alcuni casi con più tratti fistolosi
f) complicazioni legate a irradiazioni precedenti
Tecnica:
- paziente in posizione litotomica
- Disinfezione e inserimento di 2 placche vaginali
- cistoscopia
- individuazione e incannulamento degli ureteri con stents sotto guida cistoscopica.
- Laparotomia con incisione cutanea trasversale sovra-pubica tipo Pfannestiel
- Lisi di eventuali aderenze
addomino-pelviche - Scollamento della plica vescicale
- incisione peritoneo posteriore con l’aiuto del cistoscopio introdotto in vescica
- Incisione longitudinale della parete posteriore vescicale.
- asportazione con forbici del tratto fistoloso
- separazione, per via smussa, della parete vaginale anteriore dalla parete vescicale posteriore previa infiltrazione del setto vagino-vescicale mediante 20 cc di soluzione salina isotonica.
- chiusura della parete vaginale con punti staccati di vicryl 2-0
- sutura della parete vescicale posteriore con doppia sutura “sliding” a punti staccati di vycril 2-0
- In caso di fistole di grandi dimensione o in caso di complicazioni verificatesi durante l’intervento si interpone fra vescica e vagina un segmento peduncolato di sierosa. Generalmente si preferisce l’omento perché facilmente mobilizzabile senza tensione e favorisce la epitelizzazione dei tessuti suturati e la cicatrizzazione anche in presenza di flogosi locale. Lo si fissa alla parete vaginale con punti applicati lontano dalla rima vaginale. La vascolarizzazione omentale è assicurata a sinistra dalla a. gastro-epiploica sinistra e rami dell’a. splenica, e a destra dell’a. gastro-epiploica e dall’a. gastro-duodenale; tutte queste arterie possono essere osservate per transilluminazione e sezionate in sicurezza. Questa doppia irrorazione permette la mobilizzazione dell’omento dalla
grande curvatura dello stomaco o dal colon trasverso conservando una buona irrorazione e quindi senza rischiarne la necrosi pur sezionando parte delle arterie. In alcuni casi l’omento è particolarmente esteso e il tratto omentale necessario può essere applicato in basso senza tensione e senza necessità di isolarlo dalla superficie originaria. L’omento deve estendersi ben oltre i margini delle suture.
- Un lembo peritoneale può essere utilizzato in sostituzione dell’omento qualora quest’ultimo non sia disponibile. Si scolla dalla vescica un lembo peritoneale adeguato a ricoprire completamente le suture.
- Biomesh tipo Permacol® o Biodesign® possono essere impiegate in sostituzione del lembo omentale
- Si iniettano in vescica 200 cc di soluzione fisiologica, aggiungendo eventualmente 2 fiale di blu di metilene, per valutare la tenuta della sutura vescicale
- washing addominale
- drenaggio laminare in cavità pelvica
- catetere vescicale a tre vie (tipo Dufour) per 15 giorni per lavaggi medicati
Tecnica chirurgica vaginale:
Costituisce un approccio chirurgico efficace per quasi tutte le VVF, semplice e sicuramente il più gradito dalle pazienti.
Indicazioni permittenti:
- fistole con diametro <3 cm
- tessuto vaginale integro
- vagina “adeguata”
Vantaggi dell’approccio vaginale:
- Si evitano le incisioni addominali
- perdite ematiche minime
- ridotte complicanze post-operatorie
- riduzione dei giorni di ricovero
Cistoscopia e cateterizzazione ureterale vengono praticate prima dell’intervento per valutare l’esatta localizzazione della fistola e cateterizzare gli ureteri.
La paziente è posta in posizione litotomica iperflessa. Disinfezione accurata dei genitali esterni e vagina. Le piccole labbra vengono suturate sulla superficie interna delle cosce mediante clips o ring retractor o punti di sutura. Se possibile, un piccolo catetere di Foley viene introdotto attraverso la breccia fistolosa dalla vagina in vescica sotto guida cistoscopica; la punta del Foley è afferrata da una pinza endoscopica e tirata in vescica; il palloncino di ancoraggio è gonfiato e il Foley è messo in trazione. Si scolla un lembo vaginale ad “U” superiormente e lateralmente alla fistola. Si scolla quindi, inferiormente alla fistola, un tratto di vagina speculare al primo. Si incannula la fistola con un foley di diametro adeguato; la punta del foley è stirata dentro la vagina con una pinza endoscopica introdotta tramite il cistoscopio. Questo foley è ancorato gonfiando il palloncino terminale ed è utilizzato per tenere in tensione centrifuga la fistola. In alternativa al foley si applica una borsa di tabacco sul bordo della fistola per tenerla in tensione. La fistola è asportata con incisione circolare con il tessuto cicatriziale o necrotico circostante. Dopo aver rimosso il tratto fistoloso insieme al catetere ivi introdotto, si scolla delicatamente
il setto vescico-vaginale. Quindi si provvede alla chiusura a strati, con suture a direzione incrociata, “sliding” della vescica. Si applicano punti staccati con filo poliglicolico 3/0: un primo strato comprende la sottomucosa vescicale e lo strato profondo del detrusore. Un secondo strato comprende gli altri due strati muscolari ed è effettuata con sutura “sliding” o trasversale rispetto alla prima. Una terza linea di sutura, trasversale alla
seconda, comprende la fascia vescico-vaginale. Se sorgono difficoltà per apporre i punti si ricorre ad un ago con curvatura 5/8. Per chiudere la breccia vaginale si ricorre ad una sutura a punti staccati con vicryl n. 2.
Se il tessuto da chiudere è sottile, irradiato, se l’intervento è stato complicato e difficile ed in caso di recidive si interpone fra vagina e vescica un lembo di sierosa vascolarizzata che generalmente è rappresentato dall’omento ma anche da lig. largo, peritoneale dal Douglas. In alternativa si possono utilizzare biomesh o un adeguato segmento prossimale del m. gracile oppure un segmento labiale vascolarizzato fibroadiposo. Quest’ultimo, chiamato
lembo Martius, è ottenuto attraverso una incisione laterale delle grandi labbra fino a raggiungere il cuscinetto adiposo sottostante. Questo è mobilitato e poi tirato in alto e medialmente attraverso un tunnel sottocutaneo nello spazio fra vescica e vagina dove viene fissato con suture assorbibili. La tenuta del lembo Martius è assicurata dalla sua ricca irrorazione: posteriormente dalla a. pudenda interna, lateralmente dall’a. otturatoria, superiormente dall’a. pudenda esterna.
Un controllo vaginale mediante speculum è effettuato a distanza di 24 ore e dopo 7 giorni. I cateteri ureterali sono rimossi dopo 3 giorni. Un catetere Dufour o Couvelaire è lasciato a dimora per circa 14 giorni.
Antispastici ed antibiotici aminoglicosidici vengono somministrati per 7 giorni. Si consiglia di astenersi dai rapporti sessuali per 2 mesi.
Tecnica chirurgica LPS extra-vescicale
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La paziente è posta in posizione litotomica a gambe divaricate e Trendelemburg di 45°.
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Disposizione di 5 trocars bladeless (adaptR) intraperitoneali, con il principale sull’ombelico, e gli altri disposti, due per lato, sulla linea che congiunge l’ombelico alla spina iliaca antero-superiore.
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Introduzione del cistoscopio e cateterizzazione ureterale. La luce del cistoscopio aiuterà a localizzare velocemente la fistola.
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lisi di eventuali aderenze
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incisione del peritoneo posteriore
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scollamento della fascia vescico-vaginale fino all’orifizio fistoloso
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escissione del tragitto fistoloso con ampio margine di tessuto sano.
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sutura della parete vaginale
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inserimento di un lembo omentale peduncolato fra parete posteriore vescicale e vagina (9) o biomesh o lembo peritoneale ricavato dallo scavo del Douglas
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doppia sutura della breccia vescicale: la prima a borsa di tabacco, la seconda di rinforzo, a punti staccati posta superiormente.
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riperitoneizzazione
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catetere vescicale a permanenza per 15 giorni
tempo operatorio medio: 180′
degenza media: 6 giorni
follow up medio 3 mesi
Tecnica chirurgica LPS intra-vescicale:
due trocar da 5 mm sono introdotti in vescica per via sovrapubica sotto guida del cistoscopio introdotto per via transuretrale e adibito come telecamera. Una soluzione salina è utilizzata come mezzo di distensione a flusso continuo. Una doppia sutura con SDM 3/0 chiude la breccia fistolosa vescicale. Un catetere Dufour è lasciato in situ per 4 settimane per evitare tensioni del detrusore e per effettuare lavaggi quotidiani della cavità vescicale (13-15).
E’ un intervento semplice e rapido utilizzabile però solo per fistole medio-piccole. Inoltre presenta una discreta percentuale di recidive soprattutto a causa della difficoltà ad effettuare una doppia sutura “sliding”.
Postoperative care per tutti i tipi di intervento: terapia medica con antispastici per prevenire gli spasmi della vescica e antibiotici del gruppo aminoglicosidici. Alle pazienti è consigliato di i rapporti sessuali per almeno 6 settimane dopo l’intervento.
COMPLICAZIONI
La maggior parte degli AA. concordano sul fatto che la stragrande maggioranza delle VVF possono essere riparato con successo transvaginale. Le percentuali di complicazioni sono più basse utilizzando tale tecnica e non la sovrapubica.
La complicazione più frequente (10-30%) è la recidiva fistolosa. Si può cercare di gestirla reinserendo in vescica un catetere Dufour per 3 o 4 settimane. In caso di insuccesso, un nuovo tentativo di ricostruzione è inevitabile. Le cause della recidiva possono attribuirsi a:
- insufficienti sbrigliamento del tessuto necrotico e cicatriziale
- eccessiva tensione delle suture
- chiusura inadeguata dello spazio vescico-vaginale
- tensione detrusoriale post-operatoria
- formazione di ascessi,
- inadeguata cicatrizzazione a causa di neoplasie del tratto uro-genitale
- danno indotto da radiazioni
Altre complicazioni:
- accorciamento vaginale
- lesioni ureterali
- stenosi ureterali
- ileo paralitico: dopo un approccio addominale, non è raro incontrare un significativo periodo di ileo paralitico, in particolare a seguito di una vasta mobilitazione omentale.
- ritardo di cicatrizzazione ed infezioni della ferita si presentano più frequentemente dopo la riparazione della fistola per via transaddominale.
- Occlusione intestinale secondaria ad aderenze: è una tipico, anche se infrequente, complicanza della procedura transaddominale. Non si osserva mai se si utilizza la tecnica transvaginale.
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Yours faithfully,
dr. Enzo Volpicelli
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