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Atonia Uterina post-partum

Da dottvolpicelli
Ultimo aggiornamento 2023-07-06  
L’atonia uterina (o ipotonia uterina) è la perdita patologica del fisiologico tono muscolare dell’utero e conseguente scarsa o impossibile contrazione delle pareti uterine durante il travaglio, durante o dopo il parto, dopo taglio cesareo o (più raramente) dopo intervento chirurgico sull’utero.  

L’atonia uterina può essere primitiva o secondaria a fattori eziopatogenetici isolati o in associazione con altre patologie. Può anche essere classificata come precoce se si verifica durante le prime 24 ore dal parto o tardiva se si verifica in un secondo momento, nei 12 giorni seguenti al parto. 

Può presentarsi durante il travaglio  e costituire indicazione  al parto cesareo. Nel post-partum invece l’atonia uterina comporta il rischio di emorragie anche di grave entità e morte della puerpera (1-3). 

Epidemiologia – L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che l’emorragia del post-
partum (EPP) è, a livello mondiale, la prima causa di mortalità e grave morbosità materna.
La condizione è infatti responsabile del 25% delle morti che avvengono in gravidanza, durante il travaglio, durante il parto, nell’immediato post-partum o durante il puerperio (WHO 2012).
La più alta incidenza di questa patologia si verifica nei paesi sottosviluppati del mondo.   Nelle ultime due decadi molti studi hanno riportato un aumento di incidenza dell’EPP anche nei paesi industrializzati.  In Italia, secondo un sondaggio coordinato dal Ministero della Salute nel 2015, le morti materne da atonia  ed emorragia uterina risulta essere responsabile del 51,6% del totale dei decessi materni nel post-partum.
Le principali criticità emerse dall’analisi dei casi evitabili presi in esame sono:
  • inappropriatezza dell’indicazione al taglio cesareo, sia programmato che d’urgenza;
  • inappropriato monitoraggio  della puerpera nell’immediato post- partum e nelle prime 24 ore dal parto;
  • inadeguata comunicazione tra professionisti;
  • incapacità di apprezzare la gravità del problema;
  • ritardo nella diagnosi e nel trattamento,
  • mancata richiesta di sangue ed emoderivati nei tempi opportuni (2-13).

Fisiopatologia: La contrazione del miometrio che comprime meccanicamente i vasi sanguigni che irrorano il letto placentare fornisce il meccanismo principale dell’emostasi uterina dopo il parto. Il processo è completato da fattori emostatici deciduali locali come l’inibitore dell’attivatore del plasminogeno, del fattore tissutale di tipo 1, nonché da fattori di coagulazione sistemici come piastrine e fattori di coagulazione circolanti.

Eziologia:
A) PATOLOGIE DEL DISTACCO DI PLACENTA
  • ritenzione di placenta per mancato distacco
  • ritenzione di placenta per incastonamento della stessa nella sua sede di impianto pur essendo regolarmente staccata. L’incastonamento della placenta avviene per contrazione dei fasci muscolari a livello della sede di impianto. si forma così un cercine che tiene bloccata la placenta nella sua sede di impianto pur essendo regolarmente distaccata (12-14).
  • ritenzione di placenta nel segmento uterino inferiore, “incarceramento”  (patologia del II° stadio del secondamento).
Le patologie del distacco di placenta sono dovute ad anomalie della conformazione placentare (bilobata, diffusa),  anomalie di sede di inserzione (placenta previa, inserzione angolare), somministrazione eccessiva di ossitocina, esplorazioni manuali ripetute in corso di travaglio e a manovre espressive come la manovra di Credè effettuata prima che sia avvenuto il distacco di placenta. Infatti la manovra di Credè serve a favorire il II° tempo del secondamento cioè l’espressione dal segmento uterino inferiore ma non deve servire a favorire il I° tempo e cioè il distacco  della placenta.  Dopo il parto le arterie spirali perdono la loro spiralizzazione si aprono a pieno canale negli spazi intervillosi e finchè c’è la placenta che fa fa da tampone non c’è  emorragia.  Se la placenta si distacca in modo parziale con la manovra di Credè applicata anzitempo, si ha  l’emorragia che in parte è interna per cui si forma un ematoma tra la parete placentare e l’utero ed in parte è esterna.
In caso di ritenzione placentare vera e cioè dopo 30 minuti circa dall’espulsione fetale,  occorre procedere con il secondamento manuale ed eventuale curetage della cavità uterina.
B) Ritenzione in cavità di frustoli placentari o di lembi di membrane: (secondamento incompleto) per incompleto distacco della placenta (patologia del I° stadio del secondamento). La diagnosi è basata sulla presenza di emorragia e soprattutto sull’esame accurato della placenta e delle membrane espulse (1-3).
C) Sovradistensione uterina:
  1. gravidanza plurima
  2. Macrosomia fetale
  3. polidramnios
  4. travaglio prolungato

Le fibre muscolari uterine sovradistese hanno perso le loro caratteristiche di elasticità e contrattilità.

D) Elevata parità (>5 figli)

E) Parto precipitoso (<3 ore dall’inizio travaglio)

F) Travaglio indotto

G) Anestesia generale durante il travaglio

H) Uso protratto di antispastici e analgesici

I) Anamnesi positiva per atonia uterina

L) Miomi:  alterano la normale propagazione di diffusione degli stimoli delle contrazioni valide dall’alto in basso.

M) setti intrauterini

N) Solfato di magnesio (MgSO4·7 H2O) utilizzato nella terapia delle crisi eclamptiche

O) Rottura d’utero

Diagnosi di atonia post-partum:
  • Presenza di eccessiva perdita ematica nel post-partum
  • Tachicardia
  • Ipotensione arteriosa
  • dolenzia in zona ipogastrica 
  • Cefalea
  • Esame ginecologico: all’esplorazione bimanuale l’utero quasi sempre si presenta aumentato di volume e di consistenza diminuita, con il fondo innalzato fino a superare l’O.T.. A volte invece l’utero appare ben contratto; in questo caso l’emorragia non è molto abbondante ma continua, oppure compare a poussèes di notevole entità.
  • Valutazione clinica delle condizioni generali: irrorazione delle mucose e della cute, umidità della lingua, diuresi, valore della pressione arteriosa,  ECG, Ossimetria pulsata,  EGA (emogas analisi), emocromo, conta reticolociti, PT, PTT, AT III, Fibrinogeno, D-dimero (marker diretto dell’attivazione della fibrinolisi con elevata sensibilità ma ridotta specificità)
  • USG pelvica
  • TAC addomino-pelvica.

Prognosi: nel complesso buona se la diagnosi e terapia sono effettuate tempestivamente. I caso di profusa emorragia non tamponata si può instaurare anemia acuta, collasso cardiocircolatorio e sindrome da defibrinazione  detta anche coagulazione intravascolare disseminata (CID). 

Terapia:
  • PREVENZIONE INTRAPARTUM Essenzialmente si traduce in una gestione ottimale della terza fase del travaglio. La gestione attiva del terzo stadio include il massaggio uterino con concomitante trazione sostenuta di basso livello sul cordone ombelicale. L’infusione simultanea di ossitocina è utile, anche se è ragionevole rimandarla a dopo l’espulsione della placenta.
  • Trattamento della ritenzione di tessuto placentare – poichè la causa delle emorragie è non di rado il secondamento incompleto per ritenzione di tessuto placentare o di membrane è consigliabile in questi casi eseguire subito isterosuzione sec. Karman con cannula n. 16 e revisione della cavità uterina con curetta larga Sims-Recamier smussa, sempre sotto controllo della tonicità uterina mediante somministrazione di ossitocina o sulpostrone per infusione endovena  (12-16).

massaggio bimamuale dell’utero 

  • se non è possibile in tal modo favorire il secondamento e se l’emorragia è preoccupante conviene attuare il secondamento manuale.

Manovra di Brandt-Andrews

Manovra di Brandt-Andrewssi appoggia una mano sull’addome della donna, in modo che il suo margine ulnare o l’estremità delle quattro dita riunite corrispondano al punto di congiunzione fra corpo uterino e segmento inferiore. Si spinge ora con la mano destra il corpo uterino in alto e all’indietro, mentre con la mano sinistra si afferra il funicolo e si esegue una modesta controtrazione.

Se la placenta è staccata, affiorerà in breve all’ostio vulvare. Se invece è ancora aderente o se è trattenuta da uno spasmo della bocca uterina, la spinta che solleva l’utero, esercitata dalla mano destra, verrà trasmessa al funicolo e verrà avvertita dalla mano sinistra. In tal caso, mantenendo la mano destra a contatto con l’utero e spingendo in alto, si continua ad esercitare una modesta controtrazione sul funicolo con la mano sinistra finché una sensazione come di cedimento indicherà l’avvenuto distacco della placenta.

A secondamento espletato se vi è una discreta perdita ematica o se vi è tessuto placentare ritenuto in cavità sarà indicato lo svuotamento digitale o strumentale dell’utero.
Tutte le manovre di compressioni sull’utero non sono prive di rischi, specialmente se eseguite in modo precipitoso, violento o intempestivo. Vi è il rischio di provocare un’inversione dell’utero, soprattutto se vengono poste in atto su un utero non ben contratto (13-24).   
Tamponamento utero-vaginale: con garza con inserimento di catetere di Foley per consentire il drenaggio vescicale.
Palloncino urologico di Bakri con tamponamento vaginale per garantirne la ritenzione; inserimento di catetere di Foley per facilitare il drenaggio della vescica.
TERAPIA MEDICA
In caso di emorragia da fisiopatologia della contrazione, si deve ricorrere, oltre alle manovre prima illustrate, a presidi medicali come  la somministrazione di:
  • Metilergometrina fl im/ev: Methergyn fiale 0.2 mg/ml
  • ossitocina in flebo: Syntocinon® fl 5 UI
  • sulprostone: Nalador® 0.5 mg fl in flebo o intramurale. Controindicato in pazienti sofferenti di asma, cardiopatie, epatopatie; può indurre ipertensione polmonare, dispnea, bradicardia; occorre non superare i 500 µg/ora e 1500 µg complessivi/die. H
  • Dinoprostone: Prostin  F2α  fiale 0.75 mg fiale 0.75 ml da iniettare in flebo endovenosa H.
  • Misoprostolo  os/rettale: Cytotec® cpr endorettale 200 mg; 800-1.000 mg  H

Per compensare le perdite ematiche si ricorre a:

  • Emotrasfusioni con sangue intero o emazie concentrate: se l’emorragia supera i 2.000 cc, HCT <21, Hb <7 con prove crociate non urgenti, prove crociate urgenti o con sangue O negativo a seconda della urgenza di trasfusione. Una unità di emazie concentrate contiene 250 cc di globuli rossi, HCT al 70-80% e determina ina paziente di 70 Kg un incremento di 1.5 gr di emoglobina e del 5% di HCT. L’infusione di emazie concentrate può determinare una coagulopatie da diminuzione relativa di fibrinogeno e piastrine oltre al rischio di alterazioni metaboliche come iperpotassiemie, ipocalcemie, alcalosi metabolica, disturbi dell’equilibrio acido-base.
  • Trattamento dell’ipovolemia  mediante infusioni di ringer lattato e plasma fresco tipo B congelato. L’infusione di 1.000 cc di Ringer lattato aumentano la volemia di 200 cc per soli 45 minuti. L’infusione di elevate quantità di fluidi può indurre una coagulopatia da emodiluizione, edemi periferici ed edema polmonare da diminuita pressione oncotica. Occorre ripristinare un equilibrio fra volemia ed ematocrito; valori adeguati di entrambi ripristinano il normale trasporto di ossigeno nell’organismo. Evitare i colloidi e i cristalloidi concentrati perché hanno la tendenza a provocare alterazioni della coagulazione. Il plasma deve essere sempre ABO compatibile.
  • Pappa piastrinica: in caso di piastrinopatie (8-12 UI per piastrine <50.000)
  • Antitrombina III 3.000 UI in caso di CID
  • Antiemorragici tipo ac. Tranexamico (Ugurol fiale)
  • Terapia CID: ripristino volemia, plasma, emazie concentrate, piastrine e AT III 3.000 UI.
  • Fattore ricombinante VII ricombinante attivato: NovoSeven® 1 mg (50 KUI), 2, 5, 8 mg polvere e solvente per soluzione iniettabile in bolo (90 mg/Kg) ripetuto anche due volte per emorragie puerperali massive e CID non complicate da trombosi (9-10).  
  • Borsa di sabbia, borsa di ghiaccio
  • Tamponamento utero-vaginale (2)
  • Isterectomia: allorché‚ tutti i sussidi terapeutici di emergenza restano senza successo, converrà ricorrere all’isterectomia. Parametri di riferimento per l’isterectomia possono essere emoglobina <3 gr/dl e frequenza cardiaca >120 bpm e pressione arteriosa differenziale <35 (1).
  • Naturalmente accanto alla terapia riferita vi è quella volta a superare le alterazioni della volemia mediante generose trasfusioni di sangue, di plasma, di succedanei del sangue, di soluzioni glucosate, fisiologiche, macromolecolari (10-13).
  • ossigeno e cardiotonici: da somministrare precocemente.

TECNICHE CHIRURGICHE ALTERNATIVE

  • Embolizzazione delle arterie uterine mediante iniezione di PVA nelle aa. uterine. L’intervento in genere è effettuato in anestesia locale.  L’intervento si svolge in sala angiografica. 
  • Embolizzazione delle aa. ipogastriche: sotto guida radiologica, in scopia continua, incannulare l’a. femorale e giungere alla ipogastrica dove verrà rilasciato il bolo trombizzante. L’efficacia è limitata a 15 giorni. Complicanze: dolore pelvico e iperpiressia  (11-12).
  • legatura delle aa. ipogastriche  mono-bilaterale, al di sotto dell’a. glutea, sec. ‘OLeary – riduce la perfusione uterina ma non la blocca perché esistono importanti circoli collaterali; percentuale di successo del 40%. Rischio di aggravamento delle condizioni cliniche e di coagulopatia. Pericolo per vena ipogastrica ed a. glutea. Tecnica: aprire il retroperitoneo per 10 cm circa con incisione parallela e laterale all’uretere. Dislocare medialmente il peritoneo inciso e l’uretere. A 3 cm dalla biforcazione dell’a. iliaca comune, separare l’arteria dalla vena iliaca interna e passare due fili di sutura sotto ed attorno all’a. ipogastrica (13-14).
  •  Legatura arteria uterina: ramo dell’a. ipogastrica da cui origina a 3  cm dalla biforcazione dell’a. iliaca comune, sotto la fossetta ovarica di Waldeyer.  In vicinanza dell’origine, l’a. uterina contrae intimi rapporti con l’uretere che incrocia passandogli sotto e poi decorrendo parallelamente ad esso. L’uretere è la prima formazione sottoperitoneale che si evidenzia per trasparenza sul fondo della fossetta ovarica dopo aver lussato l’ovaio. Quindi l’a. uterina si dirige in basso, raggiunge la base del leg. largo, lo percorre orizzontalmente, addossata alla sua lamina posteriore accompagnata dall’uretere sotto e dietro ad essa. Incidendo il lig. largo fra tuba e lig. rotondo ritroviamo l’arteria uterina ad una profondità di 1.5 cm circa. Giunta a 2 cm dal collo dell’utero, all’altezza dell’OUI e sopra il fornice laterale,  l’a. uterina si riflette in alto formando un arco (arco dell’a. uterina) e costeggia il margine laterale dell’utero con anse più o meno pronunciate. A livello dell’arco l’a. uterina e l’uretere, che finora hanno seguito un percorso parallelo, si incrociano: l’uretere si dirige in basso e medialmente mentre l’a. uterina passa sopra l’uretere e si dirige in alto lungo il margine uterino. Quindi la legatura dell’arteria (e) uterina può essere praticata a livello dell’angolo tubo-ovarico (legatura alta) o a livello dell’arco uterino oppure all’origine dell’a. uterina dall’ipogastrica (24-48).

 

  • Sutura compressiva a bretella dell’utero sec. B-Lynch:  (USA, 1997): La paziente è posta in posizione litotomica di Lloyd Davis (posizione litotomica modificata: trendelenburg a 30° e gambe leggermente divaricate, poggiate su reggicosce e piegate a 15°).  Laparatomia con incisione di Pfannestiel o Maylard; esteriorizzazione dell’utero  e compressione bimanuale dell’utero per valutare il grado di compressibiltà e quindi le possibilità di successo dell’intervento. Isterotomia sul segmento uterino inferiore, come per T. C.,  a livello della plica vescicale con l’eventuale riapertura della breccia parietale, se l’emorragia è post-cesarea. Si utilizza un filo di sutura assorbibile tipo vycril n. 2 montato su un grosso ago. Si inzia dal margine sinistro dell’utero 3 cm sotto l’incisione e 3 cm medialmente dal canto uterino omolaterale e si passa in cavità uterina. Quindi si affronta la parete uterina sopra l’isterotomia dall’interno e si esce con l’ago 3 cm sopra l’isterotomia e a distanza di 3 cm dal margine uterino sinistro. Si passa il filo esternamente  a cavallo del fondo dell’utero  a 3-4 cm dall’angolo tubarico sempre dello stesso lato e si raggiunge la parete posteriore ed in basso fino al segmento inferiore alla stessa altezza dell’isterotomia; a questa altezza si fa passare il filo attraverso la  parete a 3 cm di distanza dal margine uterino sempre di sinistra e si giunge di nuovo in cavità uterina. Si passa internamente alla cavità sul lato sinistro della cavità uterina e si trafigge la parete posteriore dall’interno all’esterno  a 3 cm dal margine laterale destro dell’utero. Si giunge così di nuovo sulla parete posteriore; si porta il filo in alto e si scavalca  esternamente il fondo dell’utero a 3 cm dall’angolo tubarico destro; si scende esternamente fino a 3 cm sopra la linea isterotomica e a 3 cm dal margine uterino sinistro. Si trapassa la parete uterina dall’esterno fino in cavità uterina. Si porta il filo in basso, sempre dentro la cavità uterina e da dentro si esce in fuori perforando la parete uterina a 3 cm sotto la rima laparotomica e a 3 cm dal margine laterale sinistro dell’utero.  Abbiamo così i due capi della sutura sulla parete uterina anteriore in prossimità della plica vescicale precedentemente scollata. Legare i due fili al disotto dell’isterotomia, regolando la compressione. Suturare l’isterotomia  (1-7).  Se l’intervento non fosse coronato da successo (3%) si possono aggiungere una o più delle soluzioni chirurgiche descritte (7-8). Le percentuali di ripresa del ciclo mestruale sono simili a quelle delle donne non operate. Non sembrano esserci difficoltà ad eventuali successive gravidanze. Durante il T.C. successivo all’intervento di B-Lynch non si evidenziano segni delle suture di Lynch (9,10). Complicazioni:  usando suture non assorbibili si possono avere erosioni della parete uterina (4)
  • suture verticali a compressione: 2-3 suture verticali a trasfissione sono applicate sulle pareti uterine a tutto spessore; la legatura dei capi è effettuata in alto.  Tale tecnica non richiede alcuna abilità particolare e per la sua semplicità consente di essere eseguita facilmente e con velocità da tutti i ginecologi, anche in formazione.

    3 suture verticali di compressione

Palloncino gonfiabile urologico di Rusch o palloncino di Bakri riempito, mediante pompa ad infusione, con 300-500 cc di soluzione salina. Tamponamento vaginale con garza iodata per impedire la fuoriuscita del palloncino

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  45. Persistent postpartum haemorrhage after failed arterial ligation: value of pelvic embolisation. Fargeaudou Y, Morel O, Soyer P, Gayat E, Sirol M, Boudiaf M, Dahan H, Barranger E, Mebazaa A, le Dref O.Eur Radiol [2010]
  46. Surgical remedies for postpartum hemorrhage. Porreco RP, Stettler RW.Clin Obstet Gynecol [2010]
  47. Use of balloon catheter tamponade for massive postpartum haemorrhage.Majumdar A, Saleh S, Davis M, Hassan I, Thompson PJ.J Obstet Gynaecol [2010]
  48. Maternal haemorrhage. Walfish M, Neuman A, Wlody D.Br J Anaesth [2009]

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8 commenti

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